Intervista ad Alessandra Celletti

Alessandra Celletti - Foto: Franco Altobelli

di Michela Buono

Alessandra Celletti è una giovane compositrice romana con una intensa attività concertistica sia in Italia che all’estero. Ha inciso numerosi lavori e si è avvalsa di numerose collaborazioni con esponenti di spicco della musica moderna. La sua musica è “frizzante”, al di fuori degli schemi ma allo stesso tempo molto fluida.


Interessanti le commistioni tra pianoforte ed altri strumenti perché danno carattere e originalità alla sua musica.

Lei ha studiato pianoforte a Santa Cecilia ed ha una preparazione classica. Com’è nata l’idea di avvicinarsi al repertorio moderno, l’ha spinta la curiosità verso questo genere?

Sì, ho una formazione classica, ma sono sempre stata attratta dalla musica a 360 gradi e non mi è mai piaciuto fare gerarchie tra i vari generi. Mi è sempre piaciuto il rock, il pop, l’elettronica e anche il punk. Quando studiavo al conservatorio suonavo Mozart e Chopin e “di nascosto” ascoltavo Brian Eno e David Bowie…

In “Way Out” lavoro del 2008, oltre al suono del pianoforte e della batteria, Lei canta. Ho la sensazione che La faccia sentire “libera”, è così?

Non sono una cantante, ma cantare mi fa sentire felice e quindi lo faccio ogni volta che posso. Cantare dà la possibilità di esprimersi in modo totalmente diretto, senza mediazioni.  Penso che libertà e felicità siano strettamente legate. Forse sono addirittura la stessa cosa.

Impossibile non notare la Sua predilezione per la musica francese, in particolare per Satie. E’ una passione nata ai tempi del Conservatorio  o  successivamente?

Al primo saggio di pianoforte, quando avevo 11 anni, suonai  “Parade” di Satie. In realtà agli occhi della mia insegnante era una specie di punizione per il mio scarso impegno nei confronti degli autori  che in ambito accademico venivano considerati “seri”. Ma per me quella punizione fu al contrario un vero regalo: la scintilla di un grande amore per questo compositore  francese irriverente e provocatorio, ma anche profondo e capace di atmosfere delicatissime. Successivamente cominciai ad apprezzare anche Debussy  per la sua incredibile tavolozza di colori e soprattutto Ravel per la sua fantasia e per la capacità di trasformare i suoni in atmosfere magiche e fiabesche.

La passione per il volo l’ha portata a scrivere “Crazy Girl Blue” il Suo tredicesimo album nel 2011. Anche in questo caso torna l’idea della “libertà”. Le chiedo che significato ha per Lei questa parola

Un significato molto concreto: poter aprire una finestra e far entrare un po’ di sole, abbracciare una persona a cui si vuole bene, uscire per una passeggiata. Sembra scontato ma per qualcuno non è così e l’ho capito quando poco più di un anno fa ho suonato nel carcere di Alta Sicurezza di Padova. La Libertà è il bene più prezioso di ogni essere umano.

Alessandra Celletti - foto: gentile concessione dell'artista

Molte le collaborazioni a livello internazionale da Paulina Wallenberg Olsson al compositore Mark Tranner, con il quale ha pubblicato “The red pages”. Importante il lavoro svolto con uno dei più importanti esponenti della musica elettronica sperimentale contemporanea: Hans Joachim Roedelius, con il quale ha composto l’album “Sustanza di cose sperata” del 2009, in contemporanea con “Alessandra Celletti plays Baldassarre Galuppi”. Si possono fondere o perlomeno accostare 1700 e 1900? Com’è nata la collaborazione con questi artisti e cosa Le hanno portato da un punto di vista di “arricchimento personale”?

Forse la mia posizione potrà risultare discutibile, ma per me la musica andrebbe posta fuori dal tempo. Quando mi dedico ad un autore non mi interessa un approccio filologico ma cerco di far emergere ciò che  una particolare musica ha di “contemporaneo”, ciò che la rende attuale nonostante gli anni  o  addirittura i secoli che sono passati. Una volta in un concerto a Los Angeles ho fuso insieme un brano di Galuppi con una delle Metamorphosis  di Philip Glass: fu un esperimento davvero interessante.  Riguardo alle collaborazioni con altri artisti devo dire che è sempre molto stimolante perché dall’incontro di diverse sensibilità nasce qualcosa che non è semplicemente una somma , ma una moltiplicazione fantasiosa e imprevedibile.  Con Paulina Wallenberg Olsson ho sperimentato una sorta di “creatività distruttiva” che però ha comunque lasciato dei germogli. Con Mark Tranmer al contrario è stata una collaborazione “ordinata”  e artisticamente molto fruttuosa. Con Hans Joachim Roedelius un incontro profondo e intenso.  E poi ci sono molte altre interazioni  nate grazie al web: con il batterista Marcello Piccinini, con il sassofonista Nicola Alesini, con Maurizio Mansueti e il suo incredibile theremin, con il fisarmonicista Luca Venitucci, con lo sperimentatore surrealista Jaan Patterson….

Nei suoi video, spesso in bianco e nero, si fondono sogno, magia, favola, sembra quasi di entrare in una “realtà parallela”. Cosa rappresenta per Lei il sogno, è una evasione?

Il sogno per me non è mai evasione. Al contrario è un modo per cercare qualcosa che somigli alla “verità”.

Molto interessante l’iniziativa risalente al luglio 2013 “Piano piano on the road”, nella quale un camion trasportava il Suo pianoforte, con il quale si esibiva, partendo dall’Italia del nord e concludendosi al sud. Ha avuto modo di far conoscere le Sue composizioni ad un vasto pubblico, cosa ha riportato da questa esperienza e, soprattutto, la ripeterebbe?

“Piano piano on the road” è stata un’esperienza davvero straordinaria nella quale ho potuto sperimentare prima di tutto la grande generosità, il calore e  l’affetto delle persone. La voglia di condividere musica ed emozioni. Ho conosciuto angoli  dell’Italia davvero incredibili come il bosco di Topolò al confine tra Friuli e Slovenia, Piano Battaglia (la montagna sopra Palermo), San Pier Niceto vicino Messina dove ho suonato all’alba, la splendida Matera….Devo dire che è stato così bello che non so se ripeterei questa esperienza per paura di farne una brutta copia. Ma chissà, magari potrei immaginare un tour di questo tipo fuori dall’Italia. Non so….Comunque per chi non ha potuto assistere ad una delle 14 tappe del tour c’è la possibilità di ripercorrere con me questo viaggio musicale grazie ad un bellissimo documentario (disponibile in dvd) realizzato dal regista Marco Carlucci e dalla PrimaFilm.

25 gennaio 2016 Berlino nella Martin Luther Kirche si esibirà in musiche di Celletti, Glass, Satie, Eno, Roedelius. Parliamo di questo concerto.

Non vedo l’ora di suonare in questa città dove non sono mai stata. Tutti mi dicono che è la città perfetta per me e sono molto curiosa di capire perché. Mi sto preparando con cura, immaginando il freddo di Berlino e un programma capace di riscaldare: la musica ha anche questo potere ed io farò del mio meglio.
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Incisioni in programma per il 2016 anche video

Sto proprio in questo periodo mettendo a fuoco i nuovi progetti a cui dedicarmi nei prossimi mesi. Il 2015 si è chiuso con due concerti per il Roma Europa Festival insieme a Gianni Maroccolo (basso) Beppe Brotto (sitar) e Masbedo (videoarte). Per il 2016 c’è l’idea di un nuovo progetto nel quale fondere musica e sperimentazione  visiva.  Sto proprio in questi giorni mettendo a fuoco possibili e interessanti collaborazioni.

Tourné e concerti

Vorrei  riprendere  e sviluppare un progetto discografico dedicato a Sacagawea, eroina nativa americana della tribù degli Shoshoni che nel 1700 accompagnò la spedizione pionieristica di Lewis e Clark fino alle sponde del Pacifico…Mi piacerebbe portare questo progetto musicale in America ripercorrendo le tappe fondamentali  dell’avventurosa impresa.

Maestro Celletti La ringrazio per questa intervista, i miei migliori auguri per il nuovo anno

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