Intervista al direttore d'orchestra Bartholomeus Henri Van de Velde

Bartholomeus Henri Van de Velde - foto privata

di Michela Buono

Maestro Van de Velde Lei ha studiato molte materie sia al conservatorio di Brussels che di Antwerp. Vuole dirci qualcosa di più?

Si, ho studiato sia al Royal Music Conservatory di Antwerp che di Brussels. Durante quel periodo è stata approvata una riforma che ha modificato, sostanzialmente, l’insegnamento della musica. Io sono rientrato in pieno nella nuova riforma nonostante avessi iniziato a studiare con il vecchio ordinamento. Per poter proseguire gli studi, nel vecchio ordinamento, era necessario avere voti alti in tutte le materie a differenza del nuovo in cui ciò non era ritenuto necessario. E’ stato introdotto quello che oggi viene chiamato “Bachelor o Master”. Personalmente credo che il paragone tra i due sia sbagliato, soprattutto nel mondo della musica. Sostanzialmente i Masters vengono paragonati a diplomi di livello “superiore”, per noi, all’epoca, significava possedere un grande talento e diventare un solista affermato partecipando, ad esempio, al concorso Tchaikovsky. Il passaggio tra il vecchio e il nuovo ordinamento non è stato facile e neanche ben organizzato. All’epoca studiavo violino ma il mio insegnante notò che avevo un certo talento per la direzione d’orchestra e cominciai, così, a studiarla. Iniziai a studiare nel conservatorio di Antwerp e, successivamente, completai i miei studi di violino al conservatorio di Brussels riuscendo, anche, ad entrare in orchestra. Per due anni presi lezioni private di direzione d’orchestra a Parigi, con il Maestro Charles Bruck e al “Pierre Monteux Conducting School for Advanced Studies” nel Maine, Stati Uniti..


Cosa ricorda delle sue esperienze con artisti famosi quali Seiji Ozawa, Lorin Maazel?

Con il Maestro Seiji Ozawa ho imparato molto, è stata una grande esperienza. Prima di conoscerlo decisi di iscrivermi al Tanglewood festival, un corso estivo negli Stati Uniti per la direzione d’orchestra ma, la mia iscrizione arrivò in ritardo e fui costretto a prendere da lui delle lezioni private. Mi insegnò ad accompagnare i solisti nei concerti, a “strutturare” le prove con l’orchestra. Nello stesso periodo conobbi Barbara Bonney, un’ottima cantante, dalla quale imparai molto sui cantanti seguendo le sue classi di canto. Il Maestro Lorin Maazel lo conobbi in Belgio, lo seguì durante le prove e i concerti. Mi diede delle lezioni private di violino, fu un’esperienza indimenticabile. Il mio insegnante principale rimase, però, il Maestro Charles Bruck ultimo allievo di Pierre Monteux. Anche il Maestro Enrique Diemecke fu per me una figura importante.

Bartholomeus Henri Van de Velde - foto privata

Lei è stato direttore di numerose orchestre anche non europee. Che differenze ci sono tra una orchestra europea e non?

Ogni orchestra è diversa dall’altra e, ovviamente, vi sono delle differenze tra quelle europee e non. La cosa più importante in un’orchestra è ciò che potremmo definire come il “vero suono dell’orchestra” che sta scomparendo con la globalizzazione. Oggi assistiamo ad un livellamento generale del “suono” e ciò comporta una mancanza di “carattere” delle singole orchestre. Spesso, quando vado ad ascoltare un concerto, sento come se ogni strumento suonasse da solo, come fosse sganciato dall’orchestra e questo è sbagliato. Dovrebbe esistere, invece, un suono “distintivo”, omogeneo, come se ci fosse un unico strumentista a suonare. Il direttore d’orchestra, attraverso il fraseggio ed altro, ha la possibilità di creare un suono ricco di sfumature e di “colori”. Mi piacerebbe che tutto questo venisse percepito dal pubblico.

Lei ha fondato, sviluppato e diretto la “Charlemagne Orchestra for Europe”. Come è stato possibile andare avanti per 17 anni senza sussidi statali?

Non solo è stato possibile ma si è trattato, anche, di dare un esempio alla società su come in futuro la cultura avrebbe potuto essere assecondata ed aiutata. La comunicazione e la collaborazione con il mondo dell’economia portano i loro benefici sia alla cultura che all’arte. Purtroppo il mondo dell’economia è sempre andato nella direzione sbagliata e, l’arte, ha risentito di ciò diventando una “vittima”. Sono del parere che la società possa crescere grazie alla musica e all’arte, non dovremmo mai dimenticare questa frase: “For the people by the people” !

La situazione economica è attualmente molto difficile, numerose orchestre stanno chiudendo. Cosa pensa di questa situazione e cosa accadrà in un futuro ai musicisti?

Sappiamo quanto l’economia sia in crisi ma, di certo, la musica non sparirà. Siamo così abituati ad ascoltare la musica attraverso i telefoni, i computer ma,  è solo rumore, non suono. Abbiamo bisogno di “rieducare” il nostro orecchio, la nostra sensibilità ad un suono puro. La globalizzazione è riuscita a privarci anche di questo. Per quanto riguarda il futuro dei musicisti è una domanda difficile a cui rispondere. Oggi è importante essere “flessibili”, accettare nuove opportunità che possono presentarsi. I nostri politici dovrebbero incentivare lo studio della musica a scuola, tutto ciò contribuirebbe a formare degli individui più attenti e sensibili verso il mondo della musica.

Bartholomeus Henri Van de Velde - foto privata

Lei è stato violinista professionista alla Philarmonic Orchestra of Liège (Belgio). Suona ancora da solista?

Si è stato un periodo molto intenso della mia carriera, ho avuto la possibilità di conoscere molti direttori d’orchestra e di lavorare con i professori d’orchestra, miei colleghi. Prima di iniziare una carriera come direttore, penso sia importante suonare in un’orchestra è un’esperienza che può insegnare molto. Non suono più da solista ma insegno privatamente.

Qual è il suo repertorio preferito? Con “The Charlemagne Orchestra for Europe” si è cimentato sia nel repertorio classico che romantico ma, anche, in quello contemporaneo. Quale preferisce?

La mia prima risposta è: “la musica” è il mio repertorio preferito. Amo molto Bach, Brahms, Beethoven (in modo particolare). Mi piace anche la musica contemporanea.

Lei ha partecipato a molte conferenze sia a Brussels che a Parigi. Di cosa si è trattato nello specifico?

La domanda che mi veniva posta più spesso era “Come si fa a diventare un direttore d’orchestra?”. Io raccontavo il mio percorso lavorativo al pubblico,   spiegando come fossi arrivato alla direzione d’orchestra.

A settembre del 2016 Lei è stato in Italia. Si è trattato di una esperienza nella quale ha diretto, insegnato e coordinato gruppi di musicisti.

Si, è stata un’esperienza unica. Tanti studenti di diverse nazionalità hanno suonato insieme dando il meglio di loro stessi. L’organizzazione, nata in Italia,  si chiama RESIDART, Masterclass Horigome. Ho cercato di insegnare a questi giovani musicisti come io stesso provo con l’orchestra, come cerco di impiegare al meglio la mia energia durante le prove. A marzo del 2017 questa masterclass avrà luogo nei Paesi Bassi all’interno dell’International Festival Schiermonnikoog. Per quanto riguarda l’aspetto relativo alla “motivazione” che i giovani musicisti devono avere, dipende sempre dalle singole persone. Bisogna avere ben chiaro cosa si sta facendo come persona, come musicista e dove si vuole arrivare. A chiusura della Masterclass abbiamo avuto tre concerti tenuti dagli studenti partecipanti al corso e, otto concerti per violino, in cui si sono esibiti i loro inseganti. Sono stati eseguite composizioni di Mozart Beethoven e Tchaikovsky

Ha inciso CD’S, DVD….

Si, con la mia orchestra abbiamo registrato dei cd’s e dei concerti dal vivo. Vi sono numerose registrazioni sulla mia pagina web e su youtube

Quali saranno i suoi programmi per il prossimo anno? Concerti, conferenze…

Purtroppo, al momento, non ho concerti per il prossimo futuro. Mi sono preso del tempo per pensare al futuro. Ho bisogno, per quanto mi riguarda, di sentirmi “ispirato”, la musica è come una religione, è importante per l’umanità stessa. Bisogna aspettare il momento opportuno, avere i giusti collaboratori e cercare di essere “d’aiuto” per umanità.

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