Silenzio e luce nel presepe di George de La Tour

Adorazione pastori - foto: Silvio Mengotto

di Silvio Mengotto

«Non ascoltate chi vuole dimostrarvi – dice don Primo Mazzolari nell’omelia di Natale 1931 – che le barriere sono necessarie e che senza una guerra non si rimette a posto nulla. Guardate il Presepio o il Calvario e troverete la risposta all’incosciente menzogna. E con la risposta, una grande speranza, perché è dal Presepio e dal Calvario che incomincia la Redenzione».


Nel presepe don Mazzalari precisa anche i sentieri che ravvivano la memoria della Redenzione: il silenzio, la solidarietà, l’essenzialità, la sobrietà, la ricerca, il mistero e l’accoglienza. Anche la tradizione del presepe, senza memoria, rischia di dimenticare questi irrinunciabili sentieri che rendono il presepe ne’ antico, ne’ moderno, bensì eterno.

Alcuni di questi sentieri li troviamo nella stupenda tela di l’Adorazione dei pastori di George de La Tour conservata al Louvre di Parigi. Nel quadro dipinto nel 1644, come nella totalità delle sue opere, George de La Tour eredita il tema rivoluzionario del contrasto tra luce e buio introdotto dal Caravaggio, che rimanda alla lotta tra la verità e le tenebre della menzogna. Nelle sue tele, come in altri pittori, George de La Tour ricrea il silenzio che si colora nella luce della candela avvolgendo l’intera scena priva di panorama. Luce e silenzio che sfumano nelle zone d’ombra ritmando una fissità creativa agli occhi dello spettatore come un sogno fatto ad occhi aperti.

Gesù bambino - foto: Silvio Mengotto

L’Adorazione dei pastori è opera silenziosa. «Tutto – dice Clement – è accaduto nel silenzio. Bisogna tacere e ritornare ai pittori del silenzio come George de La Tour». Nel silenzio la Parola si incarna nella storia, nel silenzio nascono le riflessioni, i pensieri non banali non nelle chiacchiere inconcludenti anche sul Natale o sul presepe. Il dipinto punta all’essenzialità della raffigurazione liberandosi da molta zavorra barocca. Scelta che consente a George de La Tour di evidenziare la suggestione di questa incredibile natività, carica di simboli da interpretare non solo artisticamente. Il quadro è completamente privo di paesaggio decorativo o paesaggistico mettendo in primo piano le figure di Maria, Giuseppe, i pastori, la donna levatrice e il piccolo Gesù nella mangiatoia. Tutti i personaggi, magistralmente avvolti nel silenzio, ruotano attorno al bambino Gesù.

Maria - foto: Silvio Mengotto

Si inizia da Maria che prega seduta, non inginocchiata, poi un pastore pensoso che ha portato un piccolo agnello l’unico che, nel dipinto, rompe timidamente il silenzio masticando un filo d’erba. Segue un secondo pastore, leggermente in ombra, ma sognatore che sorride con un flauto tra le mani che anticipa i futuri zampognari nel presepe.

Giuseppe - foto: Silvio Mengotto

Nella Palestina di Gesù i pastori, dato il loro lavoro con armenti e pecore, erano considerati impuri e costretti a vivere ai margini dei villaggi e fuori le mura della città. Dato il loro lavoro vegliavano anche di notte e sono i primi a rispondere all’annuncio degli angeli. Il quadro si chiude con Giuseppe del quale, a differenza delle altre figure, si intravede limpidamente solo il profilo. La sua mano copre la candela concentrando la potente luce sul piccolo Gesù che dorme avvolto in fasce simbolo del nascondimento di Dio che, ricco, si fa povero per amore, percorrendo un illogico sentiero discendente che trova l’unico spazio disponibile in  una mangiatoia. Un nascondersi perché la  luce divina e  la verità (Dio ricco che si fa povero) non accechino i nostri occhi.  E’ sufficiente una candela per accendere le mille spente, cioè la speranza che brilla nei visi raffigurati nel dipinto. Il quadro ci propone la “prolessi” un procedimento artistico diffuso all’epoca, cioè il diffondersi di elementi simbolici che anticipano il futuro. Le fasce che avvolgono il piccolo Gesù saranno ritrovate intatte ai piedi del sepolcro quando Cristo avrà sconfitto la morte  con la resurrezione. Nel presepe napoletano la figura dell’addormentato, simbolo della morte, viene collocato in una piccola grotta sotto la mangiatoia dove è deposto Gesù bambino, simbolo della nuova vita. Nel quadro Gesù bambino, nella sua debolezza, sprigiona un’attrazione irresistibile che rimanda al versetto giovanneo sulla croce: “Attirerò tutti a me”.  

17 dicembre ’15

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