In passato moltissimi registi hanno subito il fascino di Berlino ed essa ha funto da scenario nelle loro pellicole. Un vero e proprio mito di questa città è nato negli anni ’20 quando divenne il luogo di sperimentazione delle avanguardie artistiche e ne fu oggetto d’arte. Tutte quelle caratteristiche tipiche di una metropoli, il traffico, le strade affollate, le luci, i ritrovi notturni, la metropolitana entrarono nell’immaginario collettivo. Da allora essa non è sfuggita agli occhi indiscreti delle telecamere sia nella Repubblica di Weimar sia come capitale durante il nazismo o nella ricostruzione del dopoguerra o da città divisa in due, simbolo di due sistemi politici differenti.
Dopo la caduta del Muro si è accresciuto ancora di più l’interesse verso Berlino, che è il punto centrale dei nuovi film in Germania e assicura sempre una folta presenza di pubblico:
Berlino, la ristrutturata e ammodernata metropoli tedesca, è finita sotto le luci dei riflettori. Nel 1999 vennero proiettati nei cinema tedeschi 60-80 lungometraggi, un quarto in più dei due anni precedenti messi assieme. Circa un decimo di essi, che aveva come scenario Berlino, ha avuto, più o meno, grandi incassi al botteghino. [1]
Visivamente – e lì sta la fondamentale differenza con la letteratura… [2]
E i numerosissimi film girati a Berlino, nel corso di un secolo, ci offrono preziosissime immagini del suo passato. Ad esempio nella pellicola del 1912 Die arme Jenny (La povera Jenny) si possono cogliere le prime trasformazioni moderne della città:
A paragone con oggi, si vede poco traffico, per questo attraggono le singole auto e un autobus con il piano superiore scoperto rispetto al resto della trama. [3]
Attraverso la visione di Berlin. Die Sinfonie der Großstadt (Berlino. Sinfonia di una metropoli), Der Himmel über Berlin (Il cielo sopra Berlino) e Berlin Babylon (Berlino Babilonia), si ha la possibilità di notare i cambiamenti architettonici di Potsdamer Platz intorno al 1930, dopo la sua distruzione nel 1946 e durante la sua ricostruzione nel 1999.
Nel libro di Guntram Vogt, viene citato un dialogo di Der Himmel über Berlin :
Io non posso trovare più Potsdamer Platz!… Non è possibile… Non può essere vero! Potsdamer Platz, qui c’era il Café Josti (…) Questa non può essere Potsdamer Platz, no! (…) Era la mia piazza favorita! [4]
Noi invece, grazie alla preziosissima presenza di uno dei media più importanti dei nostri tempi abbiamo la capacità di rivedere la Potsdamer Platz con il suo Café Josti.
La cinematografia degli anni ’90 e i primi del 2000, ci aiuta a costruire i tratti fondamentali della ritrovata capitale, dove vi sono alcuni aspetti che si rinnovano, si ripetono con il passare del tempo, come ad esempio, la folta presenza di stranieri, che danno alla metropoli un volto specifico (alcuni l’hanno paragonata ad una America in miniatura):
In uno dei film tratti dalla serie TV-SPERLING, un agente di polizia, con uno sguardo sopra i tetti di Berlino, richiama l’attenzione su determinate delimitazioni ed emarginazioni nella città – lì l’area degli albanesi, lì quella dei croati, lì quella dei curdi… [5]
Questo passaggio non differisce di molto dai ricordi dello scrittore danese Martin Andersen Nexö (del 1914):
Attorno a Savignyplatz, nel 1914, abitavano migliaia di giapponesi (la maggior parte studenti); a Rixdorf e nella parte nord un altro migliaia di scandinavi, per lo più operai. Politici, speculatori, musicisti, giornalisti e avventurieri di tutto il mondo, formavano la fiumana di gente lungo la Friedrichstraße e riempivano ristoranti e caffè (…) Il berlinese era difficile da scovare; esisteva realmente? [6]
E già allora, questi stranieri avevano percepito quella particolare caratteristica di Berlino, che la contraddistinguerà da tutte le altre capitali mondiali:
Per gli stranieri, che nei due decenni prima della guerra venivano a Berlino regolarmente, ogni visita era una sorpresa. Di anno in anno si doveva rivedere l’immagine della città, così follemente rapida era la velocità con cui si sviluppava sia internamente che esternamente… [7]
In questo paragrafo vorrei concentrarmi sulla cinematografia berlinese degli anni ’90 in poi. Questo è un breve elenco dei film più famosi:
- Das Leben ist eine Baustelle, Regia: Wolfgang Becker, 1997 (“La vita è un cantiere“)
- Lola rennt, Regia: Tom Tykwer, 1998 (“Lola corre”)
- Sonnenallee, Regia: Leander Haußmann, 1999 (“Sonnenallee” – una di quelle vie a Berlino che veniva divisa in due dal Muro.)
- Die Unberührbare, Regia: Oskar Roehler, 2000 (“L’intoccabile“)
- Berlin is in Germany, Regia: Hannes Stöhr, 2001 (“Berlino è in Germania”)
- Der Zimmerspringbrunnen, Regia: Peter Timm, 2001 (“La fontana a zampillo da camera)
- Good Bye Lenin!, Regia: Wolfgang Becker, 2003 (“Addio Lenin!”)
- Herr Lehmann, Regia: Leander Haußmann, 2003 (“Il signor Lehmann”)
- Liegen lernen, Regia: Hendrik Handloegten, 2003 (“Imparare a distendersi”)
Farò un piccolo resoconto di alcuni di essi. Gli avvenimenti più importanti di Berlino (ad esempio la caduta del Muro) non vengono trattati direttamente, ma fungono da sfondo a storie quotidiane di privati cittadini.
In Liegen lernen (adattazione dall’omonimo bestseller di Frank Goosen) dietro la domanda: “Dov’eri il 9 novembre del 1989?”, e la risposta spontanea, anche quando non vera: “Ero lì a Berlino sul Muro presso la Porta di Brandenburgo”, c’è la storia tipica di trentenne di allora. La voce del protagonista (che si autodefinisce “Penner” – “Balordo” – e “Feiger” – “Vigliacco” –) ci narra come un ragazzetto di provincia sia arrivato ai suoi trent’anni attraverso le sue esperienze di letto (per questo il titolo “Liegen lernen” – “Imparare a distendersi”), che non vuole accettare di non essere più un adolescente incapace di accollarsi qualsiasi responsabilità. È un uomo che si lascia trasportare dagli eventi, con nessun tipo d’interesse politico. Messo però alle strette dalla sua attuale ragazza decisa a sposarsi e ad avere un figlio, alla fine cederà. La musica è sempre presente nel film e ci accompagna nei momenti più importanti.
Herr Lehmann (dall’omonimo bestseller di Sven Regener) è la storia di un genio dei discorsi senza senso, del consumo di birra e delle serate tra i vari pub di Berlino. Lavora dietro il bancone di un locale notturno e si adira perché tutti i suoi amici e conoscenti si ostinano con questa stupida combinazione tra “Herr” (Signore) e “Lehmann” (è un cognome): per questo il titolo “Herr Lehmann” (“Signor Lehmann”). La sua vita appare costellata di avvenimenti superficiali come l’infatuazione per la bella cuoca Katrin, le avventure con il suo amico Karl, l’imprevisto di un cane minaccioso che gli va incontro (a cui farà bere dell’alcool per renderlo inoffensivo) e la visita dei suoi genitori (a cui racconterà di essere un gestore di successo di un ristorante). Il film si chiude con Herr Lehmann, che passa attraverso il Muro il 9 Novembre del 1989, giorno in cui egli compie trent’anni.
Sonnenallee è basato sul libro Am kürzeren Ende der Sonnenallee (“Nella parte più corta di Sonnenallee) di Brussig, uno degli scrittori di maggior successo degli ultimi anni. Esso racconta la giovinezza di un gruppo di ragazzi nella RDT degli anni ’70. Il narratore è Micha, che vive nella Sonnenallee, “deren längeres Ende im Westen und deren kürzeres Ende im Osten liegt“ (“la cui parte più lunga si trova nell’ovest e la più corta nell’est”). Lui ha lo scopo di divenire pop star. I suoi giorni trascorrono fra i tentativi di conquista della sua ragazza dei sogni, “die unbeschreibliche, sagenhafte, unerreichbare Miriam” (“l’indescrivibile, favolosa, irraggiungibile Miriam”) e la caccia, assieme ai suoi amici, ai dischi di contrabbando di gruppi come i Beatles o i Rolling Stones, alla ricerca delle prime sbornie, droghe, esperienze sessuali. Ad una festa lui e il suo miglior compagno, Mario, urineranno sul suolo antifascista della Repubblica Democratica Tedesca e saranno espulsi dalla scuola, perché un anonimo aveva scattato una foto dell’atto indecente e l’aveva spedita ad un giornale. Personaggi interessanti sono suo zio Heinz, un “Besserwisser” (“Saccente”) e “Schmuggler” (“Contrabbandiere”), che di nascosto porta caffé e calze di Nylon dal dorato Ovest, e il poliziotto che tenta di fare carriera. Ciò che non sfugge è che lo sguardo di tutti i protagonisti volge “jenseits der Mauer” (“Al di là del Muro”). Il finale un po’ fantasioso fa riferimento a quell’avvenimento storico futuro della caduta del Muro. Guidati dalla musica, gli abitanti della Sonnenallee si dirigeranno verso il posto di confine senza subire la reazione dei poliziotti. Brussig ci ha regalato uno spaccato della vita quotidiana della DDR, a volte giudicato troppo inverosimile dalla critica. Le ultime parole di Micha sono: „Es war einmal ein Land und ich habe dort gelebt und wenn jemand mich fragt wie es war, es war die schönste Zeit meines Lebens, denn ich war jung und verliebt“(C’era una volta una nazione e io vi ho vissuto e se qualcuno mi chiedesse come fosse, è stato il periodo più bello della mia vita, perché ero giovane e innamorato).
“Ich liebe meine Heimat, die Deutsche Demokratische Republik“ (“Io amo la mia patria, la Repubblica Democratica Tedesca”), così si esprime il nuovo rappresentante di Berlino est di Zimmerspringbrunnen (Titolo del film, tratto dall’omonimo romanzo di successo di Jens Sparschuh) di fronte ad una incredula cameriera in un bar dopo una conferenza tenutasi a Colonia. Il protagonista è uno di quei tanti berlinesi dell’est che si ritrova tradito, ferito e confuso per la scomparsa della sua nazione. Vive in un tipico appartamento della DDR (i cosiddetti Plattenbauten – “Edifici Piatti”) con sua moglie, architetto impegnata nella costruzione della nuova Potsdamer Platz. Lei lo abbandonerà a causa di mancanza di adattamento del marito alla nuova situazione. Lui, dal canto suo, l’accuserà di essere divenuta una di quelle donne arriviste tipiche del mondo capitalistico occidentale. Sullo sfondo abbiamo quasi sempre la torre della televisione che diventerà protagonista e simbolo del film.
Good Bye Lenin! è forse il film dove si può percepire maggiormente il cosidetto fenomeno della Ostalgie (Nostalgia dell’est). La madre di Alex (il protagonista), donna ben inserita nel sistema socialista, scrive lettere di lamentele, per conto di altre persone, al Partito, per esporre il loro caso e cercare di trovare una soluzione. Sverrà e cadrà in coma dopo aver sorpreso il figlio ad una dimostrazione contro la dittatura della SED (le persone scandivano per le strade di Berlino la frase: più libertà). Quando, dopo alcuni mesi, recupererà i sensi, i medici consiglieranno di non farle vivere emozioni molto forti, che potrebbero causarne la morte, ma nel frattempo il Muro era crollato!!! Il Marco era la moneta unica, la Germania aveva vinto il mondiale di calcio.
Ecco come la voce fuori campo di Alex descrive quei giorni a Berlino:
Il vento del cambiamento soffiò fin nelle rovine della nostra Repubblica. L’estate giunse e Berlino era il più bel posto della terra. Avevamo la sensazione di stare al centro del modo. Lì dove finalmente qualcosa si muoveva. E noi ci muovevamo con essa. Il futuro, incerto, era nelle nostre mani. Incerto e pieno di speranze… [8]
Alex isolerà sua madre nella sua stanza, tentando di evitarle qualsiasi contatto con il mondo esterno, per non farle sapere della caduta del Muro. È così che in questa camera ricostruirà il mondo passato della DDR. Riuscirà con un po’ di fortuna a trovare quei prodotti socialisti non più in vendita, sostituiti oramai da quelli capitalistici: sottaceti Spreewald, Moca Fix, pane Fillnichen, Kadarka Rosenthal, piselli Globus. Sembrava che tutte le persone avessero rimosso completamente qualsiasi ricordo del loro passato. Come se Honeker e la Stasi non fossero mai esistiti. Ci penseranno Max e sua madre in Good Bye, Lenin!, Micha in Sonnenallee, il protagonista di Zimmerspringbrunnen e tutti gli altri protagonisti di pellicole di questo genere a farli rivivere.
di Emilio Esbardo
[1] Jahn Schulz-Ojala: Deutsche Filme 1999. Neues Spiel, neues Pech. In: Der Tagesspiel (Berlin) vom 27. 12. 1999
[2] Guntram Vogt, Die Stadt im Film. Deutsche Spielfilme 1900-2000, Schüren Pressverlag, Marburg, 2001, pag. 31
[3] Ibidem, pag. 19
[4] Ibidem, pag. 13
[5] Ibidem, pag 757
[6] Martin Adersen Nexö: Berlin. Brano inserito in: Berlin Begegnungen – Ausländische Künstler in Berlin 1918 bis 1933, Dietz Verlag, Berlin, 1987, pag. 23/24
[7] Ibidem, pag. 12
[8] Da: Good Bye Lenin!, Regie: Wolfgang Becker, 2003
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