Abbiamo intervistato Max Gazzè, martedì 26 febbraio, a Berlino, alla Maschinenhaus, prima del suo bel concerto.
Hai mai pensato di trasferirti a Berlino?
Sì sono due giorni che ci penso. Mi è capitato di stare in parecchie città tedesche e posso affermare che ogni volta che sono capitato a Berlino ho avuto una bellissima sensazione. L’idea di trasferirmi qui per un periodo per comporre musica e per viverci, mi attira. È la città europea dove vivrei più volentieri al momento. Avendo vissuto a Bruxelles, a Londra, a Parigi e Roma, adesso la mia destinazione è Berlino.
Vorresti vivere a Berlino perché, al momento, è una città alla moda?
No. Vado a sensazione, non conosco Berlino, non posso dire com’è in realtà, perché non mi fido neanche di quello che si dice, se non lo sperimento prima di persona. Sono un po’ come San Tommaso. Personalmente ritengo di esser pronto a convivere con Berlino al di là, di ciò che si dice, del fatto che sia una città di tendenza o alla moda.
È difficile anche per un’artista affermato come te vivere oggigiorno in Italia?
È difficile. Ci sono delle realtà italiane, soprattutto quando si tratta di musica, che da una parte sono fantastiche, straordinarie. Dall’altra parte, la situazione politica intricata come quella italiana non favorisce quello che è l’aspetto anche culturale della musica italiana che viene un po’ soppresso. Io faccio tanti concerti, mi piace suonare dal vivo. Oggigiorno molti comuni non hanno più i fondi per finanziare i festival, per investire sulla musica. La considerazione sociale, che c’è negli altri Paesi europei della musica è senz’altro maggiore rispetto all’Italia. E questo mi dispiace, per un Paese con una profonda cultura musicale come l’Italia, che è sempre stata un punto di riferimento. Adesso forse è solo l’ultima ruota del carro. E questo mi genera uno stato di amarezza.
Tu sei cresciuto in Belgio, dove hai frequentato la Scuola Europea. Qual è il tuo concetto d’Europa. Abbiamo bisogno d’Europa?
Io sono cresciuto in Europa, ho frequentato la Scuola Europea ed il percorso da studente era proprio quello di continuare all’interno dell’establishment europeo, venendo da una famiglia di funzionari della comunità europea. Per cui conosco l’Europa molto meglio di tante persone in Italia. Nessuno studia l’establishment della comunità europea. Nessuno studia la formazione dell’Europa, il motivo per cui è stata costruita.
Tu hai partecipato ad un concerto organizzato da Beppe Grillo a Cesena nel 2010. Cosa ne pensi del fenomeno Grillo e del fatto che venga contestato, perché si esprime contro l’Europa?
In questo momento Grillo rappresenta una novità. Secondo me è giusto che vi sia un Grillo, che faccia risvegliare un po’ le coscienze di chi pensa che la gente sia ancora rincoglionita. E che possano ancora credere di andare avanti con una politica oramai vetusta, desueta, un po’ anni ottanta. Io sono d’accordo sul fatto, che questo tipo di politica deve rinnovarsi ed ho molta più fiducia nei giovani che vogliono trovare il modo per adeguarsi ad un concetto europeo, ma avendo la priorità della sovranità italiana. La sovranità italiana è stata spesso violata in questi anni e penso che l’avvento di Grillo è un segnale molto importante, che nessuno può fare a meno di ignorare, per cui sono contento. Chiaramente sono anche preoccupato, perché è una situazione molto caotica e nel caos, c’è un’instabilità che va a generare le sue conseguenze forse da qui ai prossimi mesi. Ma ritengo che sia molto meglio questo tipo di caos, che il caos generato negli ultimi 20 anni da Silvio Berlusconi. Ho un grande rispetto per Mario Monti come persona molto educata e anche nel modo in cui è rispettato in Europa. Mario Monti è ben visto. Credo che questa sua mossa di entrare in politica lo abbia un po’ screditato. In ogni modo rimane un uomo che può rappresentare l’Italia all’estero, per cui se davvero dovesse formarsi un governo, sarebbe auspicabile avere un Mario Monti come Ministro degli Esteri.
Come definiresti la tua musica?
Una musica eterogenea, senza preconcetti di stile, che segue un percorso naturale ed emotivo di colui, che la compone, che non deve per forza fare riferimento ad altre cose già esistenti, che è sempre onesta a livello intellettuale. Volendo dare una collocazione stilistica, penso che sia la musica pop, però con origini rock, progressive, sperimentali. Sono cresciuto con i King Krimson, con i Pink Floyd, con i punk degli anni ’80.
Tu hai fatto un tour con Battiato. Cosa ti ha colpito di più di questo grande artista?
È un artista che continua sempre a stupirmi. È forse l’artista che rispetto di più, di cui ho maggiore stima in Italia. Mi piace la sua onestà nel far musica, sempre con il suo grande impegno. È una persona che trasmette un grande senso quando realizza i dischi, quando fa i concerti. La cosa che mi colpisce di più è che non finisce mai di stupirmi.
Il Festival di San Remo è un grande evento mediatico in Italia ma è anche molto criticato. Tu vi hai partecipato, che esperienza è stata?
Le critiche al Festival sono sempre un escamotage per poter parlare del Festival. Qualsiasi cosa arriva va bene purché se ne parli. Quest’anno l’ho visto molto meno esposto in questi termini. C’è stato molto meno gossip e posso dirti che ne sono felice. C’è stata attenzione alle canzoni, alla gara. È stato fatto uno spettacolo ricco di cose molto interessanti, senza spendere miliardi in ospiti che magari avrebbero accontentato solo una fetta di pubblico. Fazio è stato molto intelligente e bravo a gestire l’aspetto artistico.
In questa tournee vuoi dimostrare quanto innovativo e moderno è il pop italiano, potresti spiegarmi meglio questo concetto?
In Italia sono considerato un artista in continua evoluzione, che propone sempre qualcosa d’innovativo piuttosto che ricopiare se stesso. Ogni volta che ho partecipato a San Remo, l’ho sempre fatto con qualcosa di diverso. In questi anni ho sempre cercato di seguire un istinto non legato alle mode. Casualmente le mie canzoni hanno avuto successo, pur non essendo dei brani che seguivano le tendenze del periodo. Quando ho registrato il brano “il solito sesso”, tutt’altro mi aspettavo, che diventasse il terzo pezzo più suonato in radio nel 2008 in Italia.
Dei tuoi album qual è quello che ti sta più a cuore?
Quello che mi sta più a cuore è, forse, il primo che ho fatto, perché è stato realmente registrato in una cantina, nell’arco di tempo di una settimana, con tanti errori. Le canzoni le ho cantate con un forte raffreddore. L’album che mi ha dato il successo, a cui sono molto legato, e che mi ha dato la possibilità di proseguire in questi anni, è stato “La Favola di Adamo ed Eva”.
Che cos’è più importante per te, la musica o le parole?
Sono entrambi importanti, il testo per me già deve essere musica, perché nel testo è nascosta la musicalità stessa, quindi le assonanze, le rime interne. Se fai un testo che non suona, già solo semplicemente leggendolo non funziona. Per cui credo che sia molto importante il testo, ma mi piace anche adattare delle armonie intorno ad un testo che già suona. Sono entrambi importanti, perché solamente in questo modo si può generare quella perfetta alchimia tra testo e musica. Sono anche fonico: ogni volta che faccio un disco utilizzo tutti gli strumenti.
di Emilio Esbardo
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