Ogni due mesi ha luogo presso il teatro BKA nel viale Mehringdamm lo spettacolo “Club Mahoni”. Toni e il suo gruppo scelgono un tema e invitano a partecipare musicisti, ballerini, giocolieri, etc. come ospiti. L’evento è sotto forma di Talk Show: è un po’ come sedersi davanti ad un camino, chiacchierare e fare musica. Può accadere di tutto. I temi sono molteplici: da “Lezione” a “Professioni schifose” fino a “Terrorismo dolce”. Nello spettacolo “Paradiso” ha partecipato in passato il cantante italiano Peppe Voltarelli, oltre alle artiste Bella Berlin e Ria Grün. Ho incontrato Toni Mahoni nel suo studio dove abbiamo discusso della sua musica e della sua vita soprattutto nell’ex Berlino est, dove è cresciuto.
Toni, come ti senti oggi: un uomo dell’est, dell’ovest o semplicemente un berlinese?
La maggior parte del tempo mi sento berlinese. Non penso molto ad est od ovest, vi sono però delle situazioni in cui si viene coinvolti e si deve prendere posizione. Allora io ritorno ad essere immediatamente un uomo dell’est.
Come hai vissuto la scena artistica e culturale di Berlino est prima della caduta del Muro?
In realtà non posso dirlo, perché quando il Muro è caduto avevo solo 13 anni. Noi siamo la generazione, dove il Muro è realmente “caduto sulla nostra pubertà”. Io ed il mio corpo subivamo dei cambiamenti ed anche il mondo subiva cambiamenti. Li ho percepiti però come una cosa naturale: il Muro cade, a me crescono i primi peli pubici – e sì era una cosa naturale ed anche una cosa buona. Non è stato un problema, abbiamo dimenticato velocemente la parte est della Germania.
Sul palco tu canti e parli in dialetto berlinese. Perché?
Io ho iniziato ad esprimermi in berlinese a scuola, per protesta contro lo smodato uso del tedesco letterario in città. Qui a Berlino c’è un numero incredibile di immigrati tedeschi di altre città e ci si aspetta che si parli l’idioma nazionale. La gente ti guarda di sbieco se dici qualcosa in berlinese. Per questo io ho deciso di ridare dignità al mio dialetto.
Puoi raccontarci qualcosa di te e della tua musica?
Ho 33 anni. In realtà faccio musica da quando ne avevo 15 e sempre con gli stessi ragazzi con cui ho iniziato la mia carriera. Siamo una band affiatata da 20 anni. Siamo tutti cresciuti a Berlino est. Abbiamo condiviso l’immediato periodo del dopo Muro, il cosiddetto periodo della svolta: da come Berlino si è trasformata da distrutta, grigia città in una divertente, colorata metropoli per turisti. Questa esperienza confluisce nella nostra musica, nelle nostre azioni creative.
Se non sbaglio tu sei un ammiratore di Tom Waits?
Una volta, a 14 anni, quando si è alla ricerca di musica nuova, un cugino ha portato con sé a casa mia un disco di Tom Waits, che mi ha lasciato il segno. In realtà è stata per me una grossa catastrofe, perché i suoi dischi mi sono piaciuti talmente tanto, che non ho ascoltato nessun altro tipo di musica. Per quattro anni c’è stato solo lui. Durante questo periodo ho perso molto del panorama musicale. Oggi esistono per me solo i Rolling Stones, Tom Waits e i Ween. Tutto il resto sta in un gradino in basso.
Io credo che i musicisti del tuo gruppo siano tutti molto bravi. Ma ciò che mi colpisce di più è l’interazione armonica di tutti i componenti della band. Come vi siete conosciuti?
Avevamo tutti 15 anni quando ci siamo conosciuti in un divertente club di teatro nel quartiere est di Köpenick. A quell’età, di solito, si ha voglia di recitare. Lì ho conosciuto Rico, il chitarrista. Oltre a suonare sapeva anche un po’ cantare. Poi si sono aggregati gradualmente tutti gli altri. Ad esempio Pierre Robert, il pianista. All’inizio ci siamo chiamati “Tobsucht”, organizzavamo moltissimi concerti, con testi propri e musica melensa, a Berlino. In seguito abbiamo teso verso il genere di Jamiroquai. Poi siamo passati al “super trash-pop” con lo scopo di rubare i cuoricini delle ragazze, cambiando il nome in “The Marvelous”. Nonostante ci divertissimo un mondo abbiamo smesso per sei mesi a causa del troppo lavoro. Infine con il nome di Toni Mahoni ho ricostituito il gruppo e siamo ancora qui.
Quali sono secondo te i tratti caratteristici di Berlino?
Berlino è un gigantesco, colorato pentolone, che non è fatto di soli berlinesi ma anche di persone di differenti provenienze. Queste persone hanno determinato i tratti caratteristici della Berlino odierna: una città bella, colorata, creativa. Si possono conoscere un incredibile numero di persone e tutti coloro i quali si trasferiscono qui possono ritagliarsi un proprio spazio e sentirsi tollerati e rispettati. Ciò rende Berlino una grande città.
Berlino è una città in continuo mutamento. Quanto è cambiata la città, secondo te, dagli inizi degli anni ’90?
Faccio un esempio: quando io ero alla ricerca di un appartamento nella via “Boxhagener Straße”, in un ex quartiere di operai, sono entrato in un edificio che aveva prezzi esorbitanti e che quasi nessuno si sarebbe potuto permettere. Quando sono uscito, improvvisamente, ho riconosciuto il posto. Lì dove adesso c’è la casa, era in precedenza un terreno incolto senza fabbricazioni, sul quale 10 anni prima avevo partecipato ad una azione di protesta contro l’eccessiva costruzione di appartamenti in tutti i quartieri dell’ex Berlino est. Per me è stato terribile. Questo è un buon esempio di come il periodo delle contestazioni stia scivolando nel dimenticatoio. Prima dimostravano molte più persone contro la speculazione edilizia. Oggi, naturalmente, è stato quasi tutto risanato e tutto è molto più caro. I bei quartieri creativi di allora si sono imborghesiti. Gli artisti si stanno spostando in periferia, dove nascono nuove scene culturali di rilievo, che sicuramente verranno poi invase da nuovi investitori. Questo è un processo che si ripeterà nel tempo.
Che tipo di musica fa oggi Toni Mahoni? E qual è il tuo album preferito?
Il mio disco preferito è sicuramente l’ultimo, perché vi abbiamo lavorato molto. Normalmente noi registriamo velocemente una canzone, zic zac e il gioco è fatto. Nell’ultimo album ci siamo realmente dati da fare. È un misto di Jazz e Folclore, in cui convergono incredibilmente molti elementi di musica pop ed utilizziamo differenti strumenti: mandolino, banjo, pianoforte, contrabbasso.
Hai percepito la crisi economica internazionale?
Sì. Penso spesso: se le persone si aiutassero a vicenda, la situazione si risolverebbe.
Credi che ci aspetta un futuro roseo?
Il problema è che io sono ottimista. Già a priori, io penso che tutti i problemi si possano risolvere. Bisogna però agire, intraprendere qualcosa. Non si può aspettare passivamente, che succeda qualcosa. Bisogna avere fede e lottare. Lentamente si possono cambiare gli eventi.
di Emilio Esbardo
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