“Ciò che conta è lo sguardo con cui si guarda la vita: con curiosità e stupore” - Intervista alla fotografa Margherita Lazzati

di Emilio Esbardo

Dal 15 marzo fino al 4 aprile si è tenuta, presso l’Istituto Italiano di Cultura a Berlino, la mostra cacciatrice di miraggi/Spielungen della fotografa Margherita Lazzati.

La nostra intervista è incentrata sulla sua passione per la fotografia, sugli scatti in giro per il mondo, sulle donne artiste, sulla sua collaborazione con la Casa di Reclusione di Milano-Opera, su Berlino.


Margherita, Perché hai scelto la fotografia come mezzo di espressione? Perché la decisione di una macchina tascabile e non di una professionale?

Il mio grande ispiratore è l’ineguagliabile Henri Cartier-Bresson. Genio di realismo e ironia. Sono un’autodidatta, la mia fotocamera digitale tascabile è molto semplice, usata in automatico; sono dislessica e qualsiasi manuale mi è indicibilmente difficoltoso, ma per me ciò che conta è lo sguardo con cui si guarda la vita: con curiosità e stupore. 

Sin dagli inizi, circa dal 1850, l’indipendenza della fotografia è stata associata all’indipendenza della donna. La fotografia, infatti, veniva considerata un’arte di “serie B” rispetto alla pittura. E l’arte delle donne veniva considerata un’arte di “serie B” rispetto a quella degli uomini. Secondo la tesi portata avanti nel libro “Il corpo e l’azione. Donne e fotografia tra Otto e Novecento” di Federica Muzzarelli, la scoperta di se stesse, del proprio corpo e del proprio immaginario coincide con il linguaggio della fotografia.

La fotografia diviene, dunque, grazie agli autoritratti, lo strumento ideale per le donne per conoscere meglio ed affermare la propria identità, il proprio corpo e il proprio immaginario? / Condividi tutto ciò? Ha a che vedere con il fatto tu hai sviluppato il tema dei riflessi ed hai scattato molti autoritratti? 

Sì, credo di sì. Ho conosciuto Cristina Nunez e il suo progetto: “The self-portrait experience” è una sintesi di quest’affermazione. Per quanto riguarda i miei autoritratti si tratta di tutt’altro. E’ cogliere l’attimo in cui “abito”, mi riconosco, in un luogo / La maggior parte di chi fotografa è calamitato dai riflessi. Il mio divertimento è stato crearne un archivio. Magari di una sola foto-miraggio, in una serie di un viaggio. 

Autoritratto - Foto: Margherita Lazzati

Guardando una foto è possibile riconoscere se è stata scattata da un uomo o da una donna?
Fotografare è un mezzo espressivo, e in quanto tale rivela la personalità e sensibilità di chi ha scelto il “visivo” per esprimersi.

Quando è nata la tua idea di catturare immagini riflesse in giro per il mondo? Cosa rappresenta il viaggio per te?

Il primo miraggio l’ho catturato casualmente nel 1998, a New York, e da allora sono calamitata dai riflessi: riflessi come riflessioni, un guardare “dentro”, un guardare “oltre” per chi sa vedere i regali della luce del sole. Spesso il miraggio è lo scatto di un mondo capovolto o non immediatamente comprensibile. Ho intitolato tutta la serie di immagini di riflessi fotografate negli ultimi 15 anni “cacciatrice di miraggi”: e, con una selezione di 25 fotografie, ho realizzato una mostra, vedute riflesse che rimandano al mondo dei sogni e, come un sogno, scompaiono se non vengono fermate da uno scatto fotografico. Ho trasformato i miraggi catturati strada facendo in cartoline; attimi inattesi, irripetibili, immortalati dalla mia fotocamera tascabile.

Foto Margherita Lazzati

Attimi luminosi che restituiscono lo stupore che mi ha incantato nell’individuarli. Ciò che ho poi voluto scoprire è l’emozione, la fantasia, il pensiero di chi vede/guarda un mio miraggio. In un certo senso, lo stesso processo emotivo che ogni volta ho provato nell’istante in cui ho scattato la fotografia; scatti divenuti, anche per me quando li riguardo, un invito a sollevare lo sguardo, a interrogarsi su ciò che è oltre il nostro “vedere”, un antidoto all’abitudine. Questo progetto di corrispondenza è diventato come un boomerang: parole in cambio di immagini. L’invio di cartoline-mail ha calamitato pensieri creativi, che ho accolto con sincera, grata emozione. Ho dedicato “cacciatrice di miraggi” ai miei figli, giovani adulti presi dalla frenesia e dalle preoccupazioni della contemporaneità, che non concede più di sognare. 

Di tutti i luoghi che hai visitato, quale ti ha colpito di più e perché? Hai qualche aneddoto o storiella divertente da raccontarci?

Viaggiare è uscire dalla quotidianità. Amo moltissimo sia approdare nella natura che in una città, dove sono turista curiosa in mezzo a chi vi risiede. 

“Dietro a un miraggio c’è sempre un miraggio, come del resto alla fine di un viaggio, c’è sempre un viaggio da ricominciare…” – (citazione di De Gregori, in “Spiegelungen” 20 feb. 2013). Quali altri viaggi fisici, reali e poetici, intraprenderà Margherita Lazzati in futuro?

Il commento “musicale” della bellissima canzone di De Gregori, suggerito da un ragazzo, per la fotografia “Self-portrait in Berlin”, è in sintonia con la mia passione per i viaggi; per questo ho realizzato la possibilità di essere ascoltato dai visitatori delle mie esposizioni quando si soffermavano davanti a quello scatto. Ma, come ho già avuto occasione di confidarti, il mio viaggio preferito è quello interiore, che solitamente approda in un “autoritratto”. Quando mi fermo e mi riconosco in un riflesso: “Sono qui!”, quasi un’ombra, in un luogo. Amo viaggiare e il mio procedere, in veste di foto-amatore, necessita  prevalentemente di silenzio e di non avere un bagaglio di preoccupazioni che impediscono di osservare. Inoltre per cogliere “l’attimo” in realtà ci vuole tempo, un tempo senza tempo. Tempo che raramente è compatibile con altri compagni di viaggio. Non scorderò mai quando mio figlio, lasciandomi alle sue spalle per le strade di Londra, mi ha detto: “E’ impossibile camminare con chi vede quello che gli altri non vedono”.

Corina Kolbe - foto: Margherita-Lazzati

Perché la scelta di collaborare con la Casa di Reclusione? Cosa ti ha portato a livello umano? Hai un aneddoto a tal proposito da raccontarci?

L’idea non è mia, è stata una sorpresa ricevere le cartoline del catalogo “cacciatrice di miraggi” dai “ragazzi” che frequentano il Laboratorio di Lettura e scrittura creativa della casa di Reclusione di Milano-Opera, ai quali sono state distribuite da un amico Avvocato che da anni è uno degli animatori degli incontri. Mi sono stati recapitati pensieri intensi e struggenti da persone detenute che frequentano il Laboratorio, dopo aver ricevuto i molti messaggi lasciati nella cassetta postale dai visitatori che avevano accolto il mio progetto di corrispondenza, proposto durante le mostre milanesi della scorsa primavera. I messaggi che venivano da Opera davano voce ai miei miraggi con parole folgoranti. Ho chiesto allora di conoscere la straordinaria insegnante che da 20 anni, ogni sabato mattina, anima il Laboratorio.  Tramite lei, Silvana Ceruti (che nel 2012 ha ricevuto l’Ambrogino d’oro quale riconoscimento della Città di Milano per il suo esemplare impegno), ho ottenuto l’ Articolo 17, necessario per entrare in Carcere, e così è iniziata la mia partecipazione al Laboratorio. Se, come ripeto, il miraggio è qualcosa di inatteso, che cerco di catturare ovunque strada facendo, ciò che ho vissuto durante gli incontri con le persone detenute, è un miraggio che resta impresso nella memoria del cuore, anche se non in quella fotografica (quando si varcano i cancelli del carcere non si può portare con sé nulla, se non una penna e un quaderno di appunti).

Al primo incontro ho donato un catalogo ad ogni “ragazzo”. Dono accolto come qualcosa di prezioso, con cui avremmo lavorato insieme. Cartoline in cambio di poesie e brevi racconti. Fin dal primo incontro in Laboratorio (ripreso casualmente dagli straordinari registi Carlo Concina e Cristina Maurelli, che hanno realizzato uno straordinario Documentario nel carcere di Opera: “LEVARSI LA CISPA DAGLIO OCCHI”, promo on line nel sito www.levarsilacispadagliocchi.it, Documentario che sarà presentato in anteprima in Italia l’8 maggio)  si percepisce una grata accoglienza riservata agli ospiti, che si trasforma in attesa di nuovi incontri; si vive un’atmosfera di rispetto reciproco, di autenticità nell’espressione di pensieri e sentimenti, di ascolto e di scambio di idee e pareri. Vengono accolte correzioni e suggerimenti dei compagni o degli insegnanti come una possibilità di miglioramento. Purtroppo non altrettanto avviene nelle aule delle scuole italiane.

Spesso mi è venuto in mente quanto scriveva Susan Sontag a proposito della Fotografia: <i fotografi sono promotori attivi della nostalgia> e l’invito ad esprimere ciò che un fotomiraggio provoca in persone detenute è proprio un <imparare a vedere di più, ad ascoltare di più, a sentire di più> e a far sentire alla “cacciatrice di miraggi, che <se fotografare significa appropriarsi di ciò che si fotografa> ricevere composizioni così significative, aggiunge valore agli occhi del fotografo stesso. Se per me “il visivo” è il tramite principale del mio rapporto con la realtà, “l’esprimersi” all’interno del gruppo delle persone recluse è fondamentale per la loro (e non solo loro) identità, facendoli sentire vivi.

Questo lavorare insieme ha avuto un primo riconoscimento da parte di un Editore, Gerardo Mastrullo, (www.lavitafelice.it) che da anni pubblica antologie e monografie dei poeti del Laboratorio, e che mi ha chiesto di realizzare il Calendario 2013 del Laboratorio di poesia.
Ho accettato con entusiasmo questo meritorio progetto, per sostenere chi opera e crede nel principio di una giustizia tesa al rispetto dell’articolo 27 della Costituzione: <Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato> anche se “i ragazzi” del Laboratorio mi hanno fatto notare che non si tratta di “rieducazione” bensì di un’educazione mai avuta prima.

Quale frase/pensiero ti ha colpito di più?

Quello di un poeta detenuto, Gaetano Conte, che ha trasformato la “cacciatrice di miraggi” in “cacciatrice di sogni e di messaggi”, come mi ha descritta nella sua stupenda composizione poetica che mi ha dedicato. 

Immagine: Gentile concessione di Margherita Lazzati

Della collaborazione con Claudio Abbado, cosa ci può raccontare?

Ho recapitato a mano a Claudio Abbado, dopo un concerto, una delle cartoline della “cacciatrice di miraggi”. Claudio Abbado ha accolto con un sorriso la mia richiesta di un pensiero ispirato dalla fotografia “Galleggianti” scattata in Engadina, luogo che so ama moltissimo. Dopo pochi giorni mi è arrivato per posta un autografo (che allego) con un suggerimento musicale “il Lohengrin”  e un’ironica idea scenografica. Quando ho allestito la prima mostra della “cacciatrice di miraggi” ho pensato ad una semplice modalità di ascolto della registrazione del Prelude del I° atto di Lohengrin diretto da Claudio Abbado con i Wiener Philarmoniker. Questo “commento” musicale è stato molto apprezzato dal pubblico che ha visitato le mie mostre e, con la fotografia “Galleggianti” Engadin 2009, sarà riproposto il 27 giugno, durante la serata che l’IIC berlinese dedica agli 80 anni del Maestro. E’ stato affidato alla giornalista Corina Kolbe l’onore di una conferenza in omaggio al grande direttore, ma anche all’uomo, al suo sostegno per la cultura italiana in tempi di crisi nonché al suo impegno per giovani musicisti, all’educazione musicale dei bambini a alla tutela dell’ambiente. Da parte mia, contribuirò all’incontro esponendo, solo per quella sera, una serie di fotografie scattate durante un concerto berlinese nel 2011 che ho intitolato: “Musica in movimento” e che ho dedicato e, donato, a Claudio Abbado.

 

Che impressione ti ha fatto Berlino?

Berlino, città amatissima da tutti i giovani europei, non risparmia i “diversamente giovani” da turbamento, infatti per me, lì, è impossibile non essere inseguita dalla “storia”. Ho dedicato molti scatti “al muro” e alla magnifica piazza con il Monumento in memoria dell’Olocausto. Ma la straordinaria evoluzione di questa città la ritrovo nel luogo che più mi ha colpito: l’Hauptbahnhof. La stazione Centrale, vorticoso incrocio di binari a 5 livelli, di persone in transito, luogo simbolo di incontro e auspicio di pace; quanto la meravigliosa sala dei Concerti della Philharmonie, tempio della Musica, spazio davvero unico per concezione architettonica e culturale.


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