PEGIDA: LA GERMANIA E LE SUE SACCHE DI RESISTENZA CULTURALE

Musulmani, cristiani ed ebrei uniti contro la violenza in nome di Dio e a favore di una società pluralistica, durante la manifestazione presso la Porta di Brandeburgo il 13 gennaio 2015 a Berlino. Il Presidente della Germania Joachim Gauck mentre si rivolge ai presenti - Foto: Emilio Esbardo

di Giovanni Solazzo

Ovvero: come avere un movimento xenofobo e razzista in crescente aumento e riuscire comunque a fare tutto sommato una bella figura

Ettore Petrolini – attore, drammaturgo e scrittore romano – è conosciuto da molti, più che per le sue opere teatrali, per la celebre frase rivolta a coloro che lo fischiavano su dal loggione durante un suo spettacolo: “Io nun ce l’ho cò te, ma cò quelli che te stanno vicino e che nun t’hanno buttato de sotto”. Ecco, la Germania, quando serve, tale concetto lo segue eccome;  ovvero, quando i tedeschi pensano sia il caso di ‘buttare di sotto’ qualcuno, non si tirano di certo indietro. Nella fattispecie parliamo di Pegida (Patriotische Europäer gegen die Islamisierung des Abendlandes), ovvero ‘i patrioti europei contro la islamizzazione dell’Occidente’.

Tale movimento (extra-parlamentare) ha come proprio obiettivo il combattere la crescente deriva progressista e concessiva dell’Europa, la islamizzazione dell’Occidente ed il multiculturalismo che ne deriva. Molti suoi membri hanno più volte ripetuto di essere orgogliosi del loro essere xenofobi e non è un mistero il loro totale disprezzo verso qualsiasi politica di integrazione o di immigrazione che non sia il rimpatrio coatto, possibilmente violento.

Musulmani, cristiani ed ebrei uniti contro la violenza in nome di Dio e a favore una società pluralistica, durante la manifestazione presso la Porta di Brandeburgo il 13 gennaio 2015 a Berlino - Foto: Emilio Esbardo

Pegida, nonostante la recente fondazione, è già più che affermato, con sedi e sottogruppi disparati e diffusi in maniera capillare in ogni importante città tedesca. Le sue ultime manifestazioni in capoluoghi come Colonia, Dresda e Lipsia hanno visto un’importante adesione da parte di migliaia di cittadini, inquietati, presumibilmente, dalla ‘costante invasione’ della loro terra, dal crescente pericolo musulmano e dalla costante minaccia del terrorismo islamico; il tutto condito con slogan inneggianti alla conservazione dei valori propri della civiltà teutonica, quando non direttamente della ‘purezza della razza’.

La percezione generale, insomma, è che un certo diffuso sentimento di xenofobia e odio verso i musulmani (ma non solo, la tendenza sembra quella di diffidare di qualsiasi non-tedesco) stia prendendo sempre più piede – in Germania, ma anche nel resto d’Europa – e la cronaca quotidiana non fa che ripetercelo. La differenza sta nel fatto che, nella nazione di Berlino, una sempre più forte resistenza ad esso continua ad affermarsi e a crescere.

Musulmani, cristiani ed ebrei uniti contro la violenza in nome di Dio e a favore una società pluralistica, durante la manifestazione presso la Porta di Brandeburgo il 13 gennaio 2015 a Berlino. La scritta “Je suis Charlie” insieme ai simboli delle tre grandi religioni - Foto: Emilio Esbardo

In pratica, nelle ultime settimane, ad ogni manifestazione di Pegida è corrisposta puntualmente una contromanifestazione anti-Pegida. I numeri parlano da soli. A Lipsia, a fronte di una partecipazione di circa 4800 manifestanti Legida (Pegida di Lipsia), ci sono stati 7300 manifestanti anti-Legida; a Dusseldorf: 350 Degida, 2500 anti-Degida; a Berlino – anche se si sa che Berlino è sempre un caso a sé quando si parla di multiculturalismo e tolleranza in Germania – : 400 Begida, 4000 anti-Begida (fonte: Suddeutsche Zeitung). Solo nel caso di Dresda si è avuta una netta prevalenza dei manifestanti Pegida (25000) su quelli anti-Pegida (3000). Nel resto della Germania le cose sono andate ben diversamente, come abbiamo visto. In effetti, dopo le prime manifestazioni organizzate da Pegida, vi erano già state delle massicce mobilitazioni dell’opinione pubblica, avversa a questo crescente clima di odio e diffidenza interculturale; persino Angela Merkel aveva espresso in televisione la sua apprensione verso questo fenomeno dei nuovi “portatori di odio e freddezza nei loro cuori”.

I risultati di tale mobilitazione si sono visti. Nelle settimane successive (Pegida sta organizzando manifestazioni ogni lunedì, a rotazione nelle maggiori città) il divario tra le due opposte fazioni si è sempre più allargato. Fino alla manifestazione di ieri, 12 gennaio 2015, nella importantissima capitale bavarese di Monaco – città tendenzialmente di destra e capitale del conservatorismo teutonico. Ancora una volta, i numeri parlano da soli: 1500 Pegida, 20000 anti-Pegida, con un imponente apparato d’ordine pubblico di 800 unità, tra polizia e forze speciali. In pratica, mai vista una città completamente bloccata, ma in maniera così efficiente ed efficace. Non si è registrato nessun tafferuglio degno di nota e, in pratica, le opposte fazioni hanno semplicemente passato il pomeriggio ad insultarsi con la polizia in mezzo. È stato bellissimo.

A fine giornata si conteranno cinque, del tutto superflui, arresti dei più esagitati (leggi: ubriachi) e tre poliziotti “lievemente infortunati”. Il tweet della polizia bavarese che ‘consiglia’ ai manifestanti di scendere dalle tettoie delle fermate degli autobus, perché ‘potrebbero farsi male’, descrive bene l’atmosfera di relativa serenità con cui si è risolta una situazione tesissima e potenzialmente estremamente pericolosa come quella di ieri. Ai bei tempi del Bari in serie A, quando c’era Bari-Lecce, il bilancio finale era quasi sempre molto peggio. Visivamente la scena che ieri si presentava in quel di Monaco era pressappoco questa: in un’aiuola nella piazza di Sendlinger Tor, pieno centro, uno sparuto gruppo di xenofobi urlavano i loro slogan e la loro dabbenaggine, venendo puntualmente sommersi da fischi e insulti provenienti da ogni altro angolo della piazza, prima, e dell’intero centro città, poi.

Musulmani, cristiani ed ebrei uniti contro la violenza in nome di Dio e a favore una società pluralistica, durante la manifestazione presso la Porta di Brandeburgo il 13 gennaio 2015 a Berlino. Il presidente del Comitato dei musulmani tedeschi, Aiman Mazyek, Angela Merkel (che ha condannato apertamente Islamofobia e terrorismo), il vice Cancelliere tedesco Sigmar Gabriel - Foto: Emilio Esbardo

Quando l’ultimo manifestante Pegida, puntualmente scortato dalla polizia, ha imboccato il tunnel della metropolitana – mesto ma col trionfale dito medio diretto ai contromanifestanti – è partito un applauso di vittoria. Parentesi di confronto ci sono state, travestite da siparietti di divertente situazionismo crucco, in cui appartenenti alle diverse fazioni si sfidavano a chi ‘fosse più Charlie’, seguendo i dettami della moderna indignazione sloganistica da Facebook, mentre i Pegida più loquaci rispedivano al mittente le accuse di nazismo poiché ‘anche il nostro è un punto di vista, voi non ce lo fate dire, siete voi i nazisti’. Alla luce di tutto questo non poteva non balenare in testa la frase di Petrolini riportata nell’incipit.

Il livello di civiltà di un popolo, infatti, non  corrisponde necessariamente al livello di tolleranza e di rispetto verso le diverse minoranze etniche o religiose o politiche. O, perlomeno, non solo. Determinate frange di odio e di pressappochismo culturale sono, purtroppo, ormai endemiche e fisiologiche, nel mondo occidentale, soprattutto se aiutate sempre più dal liberismo economico, dalle crisi occupazionali e dalla mera cronaca quotidiana che sempre e costantemente spinge gli strati più socialmente, economicamente o culturalmente deboli, verso gli odi sociali.

Musulmani, cristiani ed ebrei uniti contro la violenza in nome di Dio e a favore una società pluralistica, durante la manifestazione presso la Porta di Brandeburgo il 13 gennaio 2015 a Berlino. Il sindaco di Berlino Michael Müller mentre si rivolge ai presenti - Foto: Emilio Esbardo

Il livello di civiltà di un popolo, però, può essere comunque rappresentato dalle fasce di resistenza a tali inquietanti derive. Ovvero, ciò che sembra non essere più tabù in Italia, come l’ammettere o, peggio ancora, lo sbandierare il proprio odio o la propria diffidenza verso intere categorie sociali, in Germania, in qualche modo – alla luce della loro storia e dei loro errori – non è ancora pienamente accettabile, a differenza di ciò che succede da noi. E ciò è un bene, per loro. È la dimostrazione di una coscienza di popolo che da noi manca. Ovviamente, la strada da percorrere è lunga, anzi lunghissima, anche per i tedeschi, e Pegida sta lì a dimostrarlo. Ma proviamo adesso tutti a immaginare Matteo Renzi che va in televisione a parlare di tolleranza e di multiculturalismo, alla luce della deriva culturale xenofoba e male informata che palesemente stiamo avendo anche nella nostra società. E adesso abbracciamoci tutti piangendo, mentre realizziamo che persino la Merkel è più progressista di Renzi. E quindi? E quindi niente. Appuntamento al prossimo lunedì. Come già detto, la strada è ancora lunga, e Pegida manifesterà di nuovo. Così come, ad ogni Charlie Hebdo, marceranno sempre i ‘buoni’ della terra, a braccetto con la loro ipocrisia, con a capo persone come Renzi, la Merkel, Netanyahu e tutti coloro che causano i dislivelli globali che portano a quelle stesse conseguenze sociali catastrofiche che inducono i nostri leader a marciare a favore di telecamera. Ma almeno adesso sappiamo che in una nazione, quando qualcuno urla la sua ignoranza, quello affianco gli urla perlomeno di andare a quel paese. Non è poco.


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