Altenheim 2.0

di Donina Zanoli

Wenn sich Familien nicht um ihre Großeltern kümmern können – oder wollen –, ist die letzte Möglichkeit oft das Altenheim. Viele Senioren empfinden das als Demütigung, gerade in Italien, wo das Familienleben traditionell eine wichtige Rolle spielt. Kann das Altenheim zum neuen Zuhause werden?

Con la casa, fino a qualche anno fa, condividevano solo il nome. Da qualche tempo però, molte case di riposo, sempre più spesso chiamate ‘residenze per anziani’, stanno adeguando spazi e orari ai ritmi della vita casalinga, per offrire ai loro ospiti la possibilità di riappropriarsi del proprio tempo.


Seguendo le linee guida proposte dalla cosiddetta cura gentile (“gentle care”), sono stati aboliti i ritmi alberghieri con orari fissi e standardizzati, offrendone di più naturali, dal momento che ogni ospite si porta dietro abitudini consolidate che, troppo spesso, rischiano di essere stravolte.

È nato così il ‘risveglio naturale’, secondo il quale ci si alza non perché ‘buttati giù dal letto’ dal suono di una comune sveglia, ma perché il corpo, riposato, lo richiede. E anche il semplice gesto di coricarsi, ora, assume la sua naturale regolarità. Molte residenze hanno infatti deciso di mettere al bando l’allettamento che generalmente in queste strutture segue di poco la cena, costringendo gli anziani ad andare a dormire anche quando vorrebbero rimanere svegli.

——

Positive Resonanz

Il progetto serale – avviato da alcuni mesi anche presso la Casa di Riposo Pia Olmo di Osio Sotto (un paese di oltre 12.000 abitanti alle porte di Bergamo), una struttura che abbiamo visitato per meglio comprendere questo mondo – sta riscuotendo un ottimo successo di partecipazione. “Sono molti gli anziani che, dopo la cena, vorrebbero rimanere alzati ancora un poco – spiega Carmelo Caruso, uno degli operatori della Pia Olmo che sta portando avanti questa proposta. Il fatto di dividere le camere con altri non permette di poter sempre guardare la tv o di scegliere un programma che piaccia.

Foto © Andreas Bohnenstengel

Così abbiamo pensato di permettere agli anziani di rimanere in piedi fino alle ore 21, le 21.30 per condividere il dopocena. Sebbene vista da fuori possa sembrare una cosa di poco conto, questa novità comporta invece uno stravolgimento del lavoro di tutta la struttura: non solo si allungano i tempi per noi operatori, ma anche per il personale ATA (ossia il personale non infermieristico), che deve aiutare gli anziani nelle operazioni quotidiane che precedono il sonno”. Già un terzo degli ospiti della casa di riposo osiense partecipa a queste serate che – in questo periodo sperimentale – sono a cadenza settimanale.

—–

Wie in alten Zeiten

“Terminata la cena – prosegue Carmelo – gli ospiti si spostano nel salone dove le poltroncine sono già sistemate attorno ai tavoli uniti, per aumentare la partecipazione e l’interazione. Una musica rilassante di sottofondo crea l’atmosfera giusta per scambiarsi ricordi, esperienze passate, emozioni e, perché no, anche sogni e desideri. È un po’ come fare un salto indietro nel tempo quando, dopo la cena, gli abitanti del cortile si riunivano nelle stalle per parlare. A volte si inizia con la lettura di storie, di racconti del passato o di brani in dialetto per sollecitare gli ospiti, per fornire uno spunto dal quale partire.

Non importa che i loro racconti siano veri oppure no, l’importante è che si esprimano e che relazionino fra loro. Il nostro compito di educatori è gestire queste relazioni, smussando i contrasti che possono esserci, spegnendo le polemiche e valorizzando il contributo di ognuno”. L’amabile chiacchierata serale accompagna così gli ospiti verso il sonno in modo dolce, naturale, regalando la rassicurante sensazione di sentirsi a casa, senza obblighi troppo restrittivi.

—-

Ein Ort zum Wohlfühlen

Tutto, alla Pia Olmo, contribuisce a creare questo clima di familiarità: dai colori delle pareti e delle divise degli operatori, dalla presenza di fiori e piante e dalla grande disponibilità di tutto il personale. Chi lavora alla residenza osiense non ha compiti, ma obiettivi, e quello principale è il bene dell’ospite. Cancellata l’idea dell’istituzione, la socializzazione e l’affetto riescono a far passare in secondo piano la pur necessaria parte sanitaria per creare un ambiente su misura per gli anziani.

Questa è la conquista maggiore: creare un ambiente il più possibile simile alla propria casa. Per l’anziano, il cambio di abitazione comporta la perdita di punti di riferimento importanti, provocando confusione, ansia, sino ai casi più gravi di deficit cognitivo. La tradizione della famiglia italiana, per lungo tempo, aveva riservato ai figli la cura dei genitori negli anni della vecchiaia e ciò ha creato attese specifiche in molte generazioni di anziani.

Il ‘ricovero’ (così per molto tempo era chiamato l’ingresso in una casa di riposo) era riservato a coloro che non avevano familiari in grado di accudirli; per coloro che invece avevano figli o nipoti, l’inserimento in una residenza per anziani era quasi un marchio d’infamia: la dimostrazione di non essere sufficientemente amati dai propri cari.


Far comprendere le necessità di un mondo che si evolve – nel quale anche le donne dovevano iniziare a lavorare, dividendo con fatica il proprio tempo fra casa e lavoro – era un’impresa difficilissima. Nei piccoli centri abitati, dove tutti si conoscono, il ‘confinamento’ nella casa di riposo rappresentava una piccola tragedia personale, al punto che molti anziani chiedevano d’essere ospitati in strutture di altri paesi.

—-

Leben der offenen Tür

Solo in anni più recenti le case di riposo sono state rivalutate: non più ‘parcheggi’ per anziani indesiderati, ma strutture nelle quali la persona possa ricevere tutte le attenzioni e le cure che a casa potrebbero essere fornite solo da personale specializzato.

Inoltre, le strutture fanno di tutto per mantenere i rapporti con l’esterno: coinvolgono sempre più spesso le famiglie – con incontri, pranzi, feste –, portano gli anziani al mare quando la bella stagione bussa alle porte, li accompagnano al mercato cittadino o alla sagra del paese. Insomma, le case di riposo hanno da tempo aperto le loro porte affinché le comunità nelle quali sono inserite possano diventare per gli ospiti il nuovo punto di riferimento per una vita forse diversa, ma sempre vera.

Questi articolo è apparso per la prima volta nel numero 38 della rivista culturale italo-tedesca onde, il cui tempa principale era la situazione dei meno giovani in Italia: i loro sogni, disagi e difficoltà. Se vuoi saperne di più, visita la Homepage: www.onde.de

Share Button