Famoso attraverso l’autopubblicazione

Recensione di Emilio Esbardo 

All’inizio t’ignorano, in seguito ridono di te, poi ti combattono e alla fine vinci tu (Mahatma Gandhi)

Con questa frase inizia il saggio “Famoso attraverso l’autopubblicazione” (titolo originale: Weltberühmt durch Self-Publishing”) di Ruprecht Frieling. Dopo aver dato alle stampe “Come si vendono con successo gli e-books. Interviste esclusive ai più importanti autori”, con lo stile semplice ed accattivante, che lo contraddistingue, Ruprecht Frieling ha scritto un libro, nel quale racconta in modo lineare la storia dell’autopubblicazione e dei grandissimi scrittori che hanno utilizzato questo metodo per affermarsi nel panorama letterario nazionale ed internazionale: ad esempio Edgar Allan Poe, Charles Dickens, Goethe, Schiller, Tolstoi, Proust, Gabriele D’Annunzio, etc. 


Il primo punto affrontato da Frieling, nel suo saggio, è la paura e la lotta contro le nuove invenzioni e scoperte del genere umano. Paura perché all’inizio non si conosce molto bene con cosa si ha a che fare e molte volte perché si cozza contro i privilegi acquisiti e consolidati nel tempo di una casta.

Nel primo paragrafo, intitolato, “lo spettro del progresso”, l’autore cita l’esempio dell’imperatore Guglielmo II, che giudicava l’automobile come un fenomeno passeggero. I precursori delle quattro ruote Carl Benz e Henry Ford gli hanno dimostrato che aveva torto.

Le affermazioni e le opinioni negative sul libro elettronico da parte delle case editrici, delle librerie, delle fabbriche della carta, dei giornali stampati, secondo i quali le pubblicazioni incontrollate, facilitate dall’invenzione degli e-books, porterebbero ad un abbassamento della qualità delle opere letterarie, non sarebbero nient’altro che lo spauracchio del progresso e della perdita dei privilegi acquisiti a partire dall’invenzione della stampa dai caratteri mobili di Gutenberg.

Il corso della storia è però inarrestabile. Essi si dovranno arrendere alla nuova era del digitale, che ha sostituito la cosiddetta era della “Galassia Gutenberg”, considerata come la terza rivoluzione mediatica della storia dell’uomo.

La conservazione e la diffusione ai posteri degli eventi storici e delle scoperte scientifiche è avvenuto attraverso la parola scritta.

Il libro è dunque il veicolo attraverso il quale si preserva la memoria storica dell’essere umano ed è lo strumento per la trasmissione del sapere alle generazioni successive, che lo utilizzeranno per portare avanti e migliorare le scoperte delle generazioni precedenti.

Quando l’invenzione della stampa a caratteri mobili di Gutenberg (1455) ha permesso la produzione industriale del libro e la sua diffusione alle masse, contribuendo così alla nascita dell’era moderna, vi è stata una forte resistenza da parte della curia e della nobiltà, che fino ad allora avevano monopolizzato l’editoria e che consideravano il diritto all’istruzione un loro esclusivo privilegio. L’odierna crisi della carta stampata è simile a quella vissuta ai tempi di Guttenberg. Ad esempio i produttori di pergamena e i riproduttori degli scritti su pergamena erano rimasti senza lavoro da un giorno all’altro.

La chiesa, più preoccupata per i propri privilegi e per la perdita di controllo e d’influenza sulla gente, soprattutto grazie all’esclusività del sapere a loro riservata, combatté con tutte le forze la nuova invenzione. Papa Innocente VII ha redatto una bolla contro la stampa e il possesso dei libri contro la chiesa. Papa Alessandro VI nel 1501 ha vietato qualsiasi tipo di libro, che vennero fatti bruciati pubblicamente.

Nel 1559 venne reso noto il cosiddetto “Index Librorum Prohibitorum” ossia la lista dei libri proibiti, aggiornata e vigente fino al 1948. Nel libricino nero erano presenti i nomi di Kant, Heinrich Heine e Voltaire.

Per comprendere la velocità dei cambiamenti odierni e della rivoluzione apportata dal digitale, basti dire che nel 2009, il 76 per cento deli libri introdotti nel mercato, erano costituiti da autopubblicazioni.

Uno dei grandi problemi nati con l’introduzione e la diffusione di Internet è la difficoltà nel far rispettare i diritti d’autore. I navigatori virtuali, infatti, tendono a scaricare musica, video e libri gratuitamente. Il mercato pirata è diffusissimo. E sembra ancora lontano il momento in cui si applicheranno leggi internazionali comuni contro chi non rispetta le regole sulla rete.

Questo problema era noto anche con l’invenzione di Guttenberg. Il diritto d’autore, allora, non esisteva, doveva essere ancora inventato. Soltanto nel 1700 con la spinta dell’editore e libraio Philipp Erasmus Reich, si è iniziato a porre delle regolamentazioni contro i pirati dei libri.

50 anni dopo l’invenzione della stampa erano già stati prodotti 8 milioni di libri. Numero che è incrementato con il tempo parallelamente con l’aumento dell’alfabetizzazione, che è accelerata con la Rivoluzione francese. Intorno al 1910 la maggioranza della popolazione tedesca era in grado di scrivere e di leggere. A trarre i maggiori profitti sono stati gli editori, soprattutto durante la fase della mancanza dei diritti d’autore o di qualsiasi regolamentazione del mercato librario.

La grandissima distribuzione per le masse è nata con l’invenzione dei tascabili. I cosiddetti Paperbacks, composti di carta scadente, sono stati introdotti nel mercato dalla Penguin nel 1935. La casa editrice londinese ha dovuto, dapprima, abbattere le diffidenze iniziali delle librerie. Affinché i volumi potessero avere un costo più basso della media, pubblicavano classici senza diritti d’autore o compravano le licenze economiche da altri editori.

Gli autori come li conosciamo noi, in senso moderno, sono nati con lo sviluppo del mercato librario: il miglioramento della tecnologia della stampa e la diffusione del libro alle masse hanno reso economicamente indipendente gli scrittori, fino ad allora legati ai loro mecenati.

Lentamente la professione è stata aperta alle donne. La prima a rendersi economicamente indipendente con la vendita dei suoi libri è stata Sophie von La Roche, editrice, tra l’altro, della rivista “Pomona”. Con il tempo sono stati introdotti nel mercato romanzi dedicati alle donne, che tutt’oggi leggono molto di più degli uomini.

Per necessità di cronaca la prima rivoluzione mediatica in assoluto è rappresentata dall’invenzione della scrittura, attribuita ai Sumeri, mentre la seconda rivoluzione è scaturita dallo sviluppo di un sistema di scrittura più complesso e completo. La prima pubblicazione  nella storia della civiltà umana è il “Disco di Festo”.

Con la diffusione del libro per le masse, è nato anche il fenomeno dell’autopubblicazione. Le prime tracce le individuiamo con Madame Pompadour (1721-1764), che ha addirittura acquistato una stamperia personale, attraverso la quale poter divulgare i propri scritti, influendo così fortemente sul gusto artistico, letterario e politico francese.

Il primo autore tedesco ad autoeditarsi è stato Johann Wolfgang von Goethe, il cui manoscritto “I complici” era stato rifiutato da tutti.

Anche Schiller non era riuscito a trovare alcun editore disposto a pubblicare le sue opere. Viveva in estrema povertà, dalla quale ne è uscito fuori grazie ai lettori, che aderendo alla campagna di abbonamento da lui lanciata, hanno fatto sì che i suoi libri venissero stampati.

La lista di scrittori, che si sono affermati attraverso l’autopubblicazione, è lunghissima, e parte da classici come Gabriele D’Annunzio e Anais Nin fino ai nostri giorni con Amanda Hocking, che prima di pubblicare i suoi ebooks, vendendo più di un milione di copie, ha lavorato, fino al 2011, presso una casa di riposo negli Stati Uniti.

Il primo autore, che Ruprecht prende ad esempio è Edgar Allan Poe, che con il carattere fittizio dell’investigatore dilettante Auguste Dupin, ha inventato un nuovo genere letterario, oggi tra i più amati dai lettori: il romanzo poliziesco. Senza Dupin molto probabilmente non ci sarebbe mai stato uno Sherlock Holmes, o un Maigret o una Miss Marple. La carriera di Poe è iniziata grazie all’autopubblicazione, nel 1827, con la raccolta di poesia “Tamerlane and Other Poems”, che lui ha fatto stampare a Boston, con i pochi soldi che gli erano rimasti, dopo la rottura con il suo facoltoso padre adottivo.

Curiosa e particolare è la storia di Stendhal, che viene tracciata da Frieling, attraverso i ritrovamenti casuali di nuovi scritti dell’autore, da lui firmati sempre con differenti pseudonimi, di cui finora se ne conoscono 129. La prima scoperta è avvenuta a novembre 1888 a Parigi, durante dei lavori, quando gli operai si sono imbattuti in una bara nascosta con l’incisione “Arrigo Beyle, Milanese”. Stendhal, nel 1814, si è trasferito in Italia, per sfuggire ai suoi creditori, quando ancora utilizzava il suo vero nome Marie-Henri Beyle. Dopo pochi mesi del suo arrivo nel Bel Paese ha iniziato a scrivere libri: il primo un saggio su Haydn, Mozart e Metastasio. A settembre 1817 ha autopubblicato 504 copie del volume “Roma, Napoli e Firenze”, dove utilizza per la prima volta il nome d’arte con il quale è divenuto celebre: M. Stendhal, officier de cavalerie. Gli esemplari sono andati a ruba in pochissimi giorni e tra i lettori vi era persino Goethe, che lo ha elogiato pubblicamente. Il 4 novembre 1838 si è letteralmente chiuso nella sua stanza nella quale ha dettato ad un suo aiutante il romanzo per il quale è tutt’oggi ricordato: “La Certosa di Parma”.

Una delle storie più accattivanti ed affascinanti, con risvolti rocamboleschi, che sembra essere tratta da un romanzo è quella di Charles Dickens. Nonostante fosse una delle maggiori personalità letterarie britanniche, Dickens, nel 1843, trentunenne, si trovava in forti difficoltà finanziare. I suoi libri “Il Circolo Pickwick”, “Oliver Twist” e “Nicholas Nickleby”, che avevano avuto un grandissimo successo commerciale, avevano arricchito, però, maggiormente l’editore. Lo scrittore aveva bisogno urgentemente di denaro per poter pagare l’ipoteca della sua casa alla banca. Inoltre sua moglie era in attesa del quinto figlio. Era una lotta contro il tempo. La casa editrice Chapman and Hill, che aveva rifiutato la pubblicazione di una sua storia di natale, aveva offerto a Dickens di stampare 6000 copie dell’opera a proprie spese, che andarono a ruba dopo solo quattro giorni. Dopo un anno, nel 1884 erano state stampate già 7 edizioni, che fecero guadagnare all’autore 100.000 sterline  di oggi. Le vendite non erano crollate, sebbene i pirati dell’editoria avessero riprodotto illegalmente il suo libro negli Stati Uniti. Oltre ad aver pagato i suoi debiti ed aver dato alle stampe uno dei suoi romanzi più celebri ed amati “Canto di Natale”, Dickens è passato alla storia per essere stato il primo autore in assoluto ad aver intrapreso un tour letterario, pubblicizzando così il suo libro ed aumentando in maniera esponenziale le sue entrate.

La vita del celeberrimo poeta Walt Whitman è stata durissima. Inizia a lavorare nel 1823, a soli dieci anni, come ragazzo delle commissioni per lo studio legale Clark & Sons, dove è nato il suo amore per i libri. Nell’ufficio, infatti, vi era una biblioteca composta da libri per ragazzi. A dodici anni intraprende un praticantato presso una tipografia. A partire dai diciotto anni insegna presso le scuole nei quartieri di Queens e Suffolk. Durante questo periodo acquista una stamperia e fonda il suo primo giornale, intitolato “Long Islander”. I suoi testi provocano i lettori americani a causa delle licenze, all’epoca, troppo scandalose  sull’amore e la sessualità. La raccolta di poesie “Leaves of Grass”, che lo consacrerà nell’olimpo dei poeti americani, l’ha autopubblicata nel 1855. Tale raccolta all’inizio era composta da 12 poesie e non riportava il suo nome. Trascorrerà moltissimo tempo a rielaborare i suoi libri, dopo un malore nel 1873, che lo costringerà a ritirarsi in campagna. La versione definitiva di Leaves of Grass, composta da quasi 400 poesie, è stata pubblicata da un editore famoso, dopo la morte di Whitman nel 1892 ed è conosciuta tutt’ora come la “Death-bed Edition”.

Un’altra grandissima icona del panorama letterario mondiale, divenuta famosa grazie all’autopubblicazione è Leo Tolstoi. Si può facilmente intuire la reazione degli editori quando gli veniva proposta la mastodontica opera “Guerra e pace” composta da sei volumi. Per scrivere questo romanzo, che contiene in sè, come descrive bene Frieling, i grandi sentimenti universali dell’essere umano come “nascita e morte, amore e odio, lealtà e tradimento, generosità ed egoismo, coraggio e paura” l’autore ha studiato più di settecento fonti storiche riguardanti il periodo storico durante le guerre napoleoniche tra il 1805 e il 1820. Tolstoi pubblicherà Guerra e Pace, pagando lui stesso i costi,  con l’editore P.I. Bartenjew. La prima edizione va a ruba in pochissimi giorni. La carriera del grande scrittore è tutta in salita. Tolstoi sforna un successo dopo l’altro. Introduce in Russia i romanzi psicologici sul destino delle donne, allora in voga in Europa. La stesura di un suo romanzo di questo filone lettarario avviene per puro caso: una donna, scoperta la relazione sessuale del suo amante con la governante tedesca, si suicida gettandosi sotto un treno merci. Questo episodio ha inspirato la stesura di “Anna Karenina”. Oggi Jasnaja Poljana, dove Tolstoi è nato nel 1928, è luogo di pellegrinaggio. L’autore viene ricordato anche per il coraggio dimostrato, rompendo con l’aristocrazia, di cui faceva parte, e per essersi schierato contro i dogmi e i riti della chiesa ortodossa.

Altra vita avventurosa e tumultuosa è stata quella di Edgar Wallace, nato il 1875 a Londra. Ha interrotto gli studi scolastici a soli 12 anni, mantenendosi come venditore di giornali e con  lavori occasionali. Dopo aver combattuto per l’esercito britannico, è stato assunto come giornalista dal “Daily Mail”. Per arrotondare l’esiguo stipendio ha iniziato a scrivere gialli, dando ai suoi lettori ciò che si aspettavano: sangue e crimine. Il titolo del suo primo libro è: “I quattro giusti” del 1905. Non avendo trovato un editore disposto a pubblicarlo, ha deciso di farlo a proprie spese: ha lasciato appendere un migliaio di manifesti giganti, promettendo di donare 500 sterline al lettore che avrebbe risolto il caso, descritto nel suo libro. Nonostante l’azione abbia avuto un grandissimo successo Wallace si è ritrovato pieno di debiti, perché aveva scordato di accennare che il premio sarebbe stato consegnato ad una sola persona. Ciò non ha arrestato l’irrefrenabile carriera internazionale dello scrittore. In Gran Bretagna un abitante su quattro comprava i suoi libri, 38 opere sue sono state portate sul grande schermo. A causa della sua vita sregolata è morto a soli 56 anni nel 1932.

Quale maggior esempio se non quello di Marcel Proust, che non bisogna mai lasciarsi scoraggiare dagli altri e che quando si crede di aver ottenuto un fallimento, in realtà è solo l’inizio di un grandissimo successo. A 41 anni suonati lo scrittore veniva definito come “snob” e “dilettante letterario”. Per vent’anni aveva cercato invano un editore disposto a pubblicare le sue opere. La sua più recente “Alla ricerca del tempo perduto” era stata rifiutata più volte, perché ritenuta troppa voluminosa. Divertente è l’episodio con Gallimard, che telefonandolo personalmente, gli disse che sarebbe passato da lui a ritirare il manoscritto. Al che Proust ha risposto: “lei non sa quanto pesa”. L’editore rifiuterà poi di pubblicarlo e lo scrittore verrà a sapere in seguito che non ne aveva letto neanche una pagina. Proust decise allora di autopubblicarlo a sue spese presso l’editore Bernard Grasset. Nel 1913 viene dato alle stampe il primo volume “Dalla parte di Swann”, che ottiene delle buone recensioni e ottime vendite. Come spesso accade, tutte le malelingue, composte da editori, iniziano a corteggiarlo e scrittori, che lo avevano offeso costantemente, diventano i suoi maggiori stimatori. A causa dello scoppio della prima guerra mondiale, Bernard Grasset è costretto ad arruolarsi, e Proust, che vi era rimasto fedele, decide di accettare la proposta di Gallimard, l’editore che in passato lo aveva preso in giro, a cui affida la pubblicazione di tutti i sette volumi della “Ricerca del tempo perduto”. Nel 1919 vince il Premio della “Académie Goncourt”, che di colpo lo rende famoso a livello internazionale. Tutti i giornalisti, che precedentemente lo avevano definito un “talentuoso dilettante” diventeranno i “suoi migliori amici”.

Grazie all’autopubblicazione di una raccolta di poesie, Hermann Hesse ha iniziato la sua incredibile carriera letteraria, che l’ha portato a divenire il simbolo del movimento dei “figli dei fiori”. Non sono stati venduti solo libri, bensì anche innumerevoli gadget, come magliette con riproduzioni di sue frasi. Caffè, Boutique e gruppi rock hanno adottato il nome “Siddharta” in suo onore. Al centro del suo culto vi è il romanzo “Il lupo della steppa”, una vera bibbia della gioventù degli anni ’60. Leggendo questo breve sunto, è difficile pensare che da giovane Hesse, classe 1877, nativo di Calw, una cittadina del sud della Germania, fosse stato osteggiato fortemente sia dai suoi genitori che dalla società puritana di allora. Addirittura lo hanno fatto rinchiudere nel manicomio di Bad Boll per farlo esorcizzare. Si credeva che fosse posseduto dal demonio a causa di un tentato suicidio, dovuto in realtà all’amore non corrisposto di Eugenie Kolb. La citata autopubblicazione di raccolte di poesie, datata 1898, è appunto dedicata al suo amore Eugenie Kolb. Il successo arriverà, però, soltanto 29 anni dopo, nel 1927, con la pubblicazione del romanzo “Il lupo della steppa”, dove introdurrà, nella trama letteraria, un elemento innovativo per quel periodo storico: l’elogio dell’individuo.

Il medico William Carlos Williams era abituato a scrivere nel suo ambulatorio mentre non vi erano pazienti. Nel 1909, ventiseienne, autopubblica, per la prima volta, 100 copie di una raccolta di poesie, che distribuisce ai suoi amici. Nel 1950 gli viene consegnato il National Book Award e nel 1963 uno dei più prestigiosi riconoscimenti in assoluto – il Premio Pulitzer – per il libro di poesie “Pictures from Brueghel and Other Poems”. Niente male per un medico, editore delle proprie opere.

Con Aleksandr Solženicyn e Howard Fast abbiamo a che fare con altri due autori, le cui vite sembrano essere state estrapolate da pagine di un romanzo avvincente.

Essendo figlio di poveri proletari, Howard Fast è stato costretto a guadagnare i propri soldi sin da bambino, svolgendo differenti mansioni: venditore di giornali, ladro, mendicante, lavoretti saltuari etc. In questa maniera si è pagato la retta alla scuola superiore. Ha iniziato a scrivere spinto dalle letture dei romanzi di Jack London. A diciannove anni ha pubblicato il suo primo libro “Two Valleys” e nel 1939 la sua opera “Conceived in Liberty: A Novel of Valley Forge” ha venduto milioni di copie. Tra il 1942 e il 1944 è stato corrispondente di guerra per Magazine Esquire e Coronet. Essendo iscritto al partito comunista, al ritorno in patria, viene preso di mira dall’FBI e incarcerato per tre mesi. Si è rifiutato di fare i nomi degli altri membri del partito. Per questo motivo i suoi libri sono stati vietati in tutte le biblioteche pubbliche e, inseriti nella “lista nera”, non poterono essere più venduti. Per ritornare a guadagnarsi da vivere con la scrittura è ricorso all’autopubblicazione. Durante la detenzione, si è occupato della storia dello schiavo Spartaco, grazie ai volumi disponibili nella libreria del carcere. Tutti i più grandi editori come Viking Press, Harper e Simon & Schuster si sono rifiutati di accettare il manoscritto, essendo Howard Fast nella lista nera dell’FBI. Soltanto George Hecht, direttore di Doubleday, non è lasciato intimorire e ha escogitato un metodo per aggirare l’ostacolo. In una lettera propone a Fast, di autopubblicare 600 copie, senza mettere così in pericolo la casa editrice. Howard prende la palla al balzo. Essendo rimasto al verde, scrive ai suoi amici, pregandoli di sottoscrivere le copie del suo libro. Il successo è talmente grande che in tre mesi vengono vendute 48.000 copie. Con i soldi guadagnati, non trovando agenzie pubblicitarie timorose dell’FBI, decide di pagare un  annuncio sul “Sunday Times Book Review”, grazie al quale si sono susseguite numerose ristampe. Il libro diviene anche un best-seller in Gran Bretagna. Con il metodo dell’autopubblicazione Howard Fast è riuscito ad uscire vincente nel periodo delle streghe contro i comunisti, passato alla storia come era McCarthy o maccartismo.

Nell’Unione Sovietica, l’autopubblicazione veniva utilizzata dagli scrittori che facevano parte della lista nera del regime e le cui opere erano, dunque, vietate. Autopubblicazione, infatti, in russo si dice “Samisdat”, che significa “senza l’approvazione delle autorità competenti”. Dopo essere caduto in disgrazia, come autore, per aver dato alle stampe “Una giornata di Ivan Denisovič” nel 1962, Aleksandr Solženicyn di nascosto riesce a far pervenire il manoscritto del suo nuovo libro “Arcipelago Gulag” in occidente, che fu pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1973. “Arcipelago Gulag” è un saggio autobiografico, in tre volumi, che racconta principalmente la prigionia di Solženicyn durata dal 1945 al 1957, trascorsa dapprima in un lager sovietico e poi in esilio. La raccolta di 227 testimoni denuncia la disumana condizione dei detenuti nei campi di concentramento stalinisti meglio noti come abitanti delle “isole” dei Gulag.

Un episodio divertente, raccontato da Ruprecht Frieling, riguardante l’autopubblicazione, è quello di Wolf Wondratschek, quando da giovane sconosciuto si è aggirato tra i padiglioni della Fiera di Francoforte, offrendo agli addetti ai lavori la sua raccolta di poesie, fatta stampare a proprie spese. Le persone hanno acquistato con un sentimento di carità le sue copie per 5 marchi l’una. L’anno successivo quella stessa raccolta di poesia era già divenuta un libro di grande successo commerciale in Germania.

La carrellata di scrittori famosi, autopubblicatosi, Ruprecht Frieling la termina con una delle maggiori scrittrici degli ultimi tempi: Nika Lubitsch, il cui successo eclatante nel mondo dell’editoria elettronica inizia con il suo thriller “Der 7. Tag”. Basti solo dire che la sconosciuta Lubitsch ha superato nella classifica delle vendite addirittura “Cinquanta sfumature di grigio” di E L James, autore che ha alle spalle una grandissima casa editrice.

Al giorno d’oggi, gli autori possono con molta più facilità e a costo quasi zero autopubblicare e diffondere a livello planetario le proprie opere grazie a internet e alle varie piatteforme, in primis il negozio virtuale Kindle di Amazon. Per il libro cartaceo il colosso Amazon offre “CreateSpace”, anche questo un servizio gratuito, che permette di venderli in tutto il mondo. Con tali strumenti alla mano, tocca agli scrittori stessi darsi da fare per farsi conoscere. Sono i lettori in prima linea a decretare il successo di un libro, senza più l’intermediazione delle case editrici, che hanno a lungo monopolizzato il gusto della gente, fino all’avvento di Internet.

“Solo chi osa, vince” e “Segui la tua stella” sono gli ultimi paragrafi del saggio “Famoso attraverso l’autopubblicazione”, con i quali Ruprecht Frieling incita i suoi lettori a seguire i propri sogni, osando il successo.

D’altro canto basta credere al destino per citare la frase del noto grammatico Terenziano Mauro, “pro captu lectoris habent sua fata libelli” (“secondo le capacità del lettore i libri hanno il loro destino”).

Famoso attraverso l’autopubblicazione
Weltberühmt durch Self-Publishing

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