Generation Golf e Zonenkinder - speciale 25 anni caduta del Muro di Berlino

Copertina del libro di Florian Illies

Uno degli avvenimenti più importanti degli ultimi decenni è stato sicuramente la caduta del Muro di Berlino. Questa vicenda ha cambiato il corso della storia, non solo europea, ma anche mondiale, ha significato la fine della Guerra Fredda, la fine di due blocchi contrapposti ed è entrata nell’immaginario della gente al punto da scatenare la fantasia degli scrittori.

Quando il Muro non c’era più, il popolo si strofinò gli occhi e alla fine dovette credere, di essere stato lui stesso ad abbatterlo. Mi era chiaro, che questa leggenda Il-popolo-fa-saltare-il-Muro non poteva essere più sostenuta … Si, è vero. Sono stato io. Ho buttato giù il Muro di Berlino. Ma anche se così fosse, le recensioni degli storici e dei pubblicisti si leggono, in ogni caso, in questo modo: “Fine della divisione tedesca”, “Fine dell’ordine del dopoguerra europeo”, “fine del breve ventesimo secolo”, “Fine dell’epoca moderna”, “Fine della Guerra Fredda”, “Fine delle ideologie” e “Fine della storia” (…) La storia della caduta del Muro è la storia del mio pisello… [1]

Chi parla è Klaus Uhltzscht, il personaggio nato dalla fantasia di Thomas Brussig, che afferma di aver fatto crollare il Muro con il suo pene.

Ma ciò che importa è che, finalmente, si ha una Germania e una letteratura tedesca riunificata. In una sua intervista a Tom Kraushaar dice Jana Hensel:

… Ma a proposito della questione del ritorno all’identità nazionale: alla fine, la divisione tedesca riporta alla seconda guerra mondiale. Molti l’hanno intesa, credo, come punizione per i debiti del conflitto. Quando la divisione della Germania come evidente conseguenza della guerra fu superata, probabilmente, in molti ebbero la sensazione che la seconda guerra mondiale fosse, per davvero e definitamente, terminata. E ciò cambiò naturalmente l’identità nazionale… [2]


Quando Jana Hensel scrisse Zonenkinder (nomignolo attribuito ai bambini della Repubblica Democratica), non aveva intenzione, a differenza di Florian Illies, di parlare a nome di una intera generazione (quella degli abitanti dell’est, Ossis, che avevano all’incirca tra i dieci e i diciotto anni nel 1989). Il suo libro ebbe immediatamente un gran successo di pubblico. Venne acclamato anche nella Germania occidentale e nacque quel fenomeno conosciuto come Ostalgie (“Nostalgia dell’est” o “Estalgia”).

La parola più elogiata e criticata del libro è wir – noi – (il soggetto narrante) che porta in se stessa il significato di identificazione. Ecco come una coinvolta ed entusiasta lettrice si rivolge in una lettera a Jana Hensel:

Quando il Muro è caduto, io avevo 13 anni, e giuro, che tutto ci andava bene, anche senza le banane [3] Io mi rallegravo delle riunioni della gioventù e della mia tanto agognata camicia dei FDJ. [4] (…) Dunque, grazie molte per questo libro! Con i miei sempre pronti saluti, Sandra Yemesin… [5]

Le critiche più aperte e dure contro questo wir sono giunte dalle generazioni precedenti, che vissero la Repubblica Democratica, non come patria, bensì come uno stato autoritario e repressivo:

Rostocker o Erfurter, che nel 1989 avevano soltanto qualche anno in più dell’autrice, hanno vissuto durante la svolta un mutamento più politico e la DDR non solo come patria, bensì come un sistema restrittivo: portano dei ricordi di uno stato repressivo e autoritario… [6]

Il wir dei libri degli autori dei Zonenkinder è in antitesi all’ich – io – della Golf Generation. Il genere letterario adottato da entrambi, però, è lo stesso, i ricordi autobiografici:

I Zonenkinder subentrarono al posto dei libri autobiografici e al posto degli “Io descrittivi” dell’ovest, che avevano festeggiato enormi successi nella seconda metà degli anni novanta con opere così differenti come quelle di  Benjamin Lebert, Judith Hermann, Benjamin von Stuckrad-Barre e Florian Illies. [7]

La copertina del libro "Zonenkinder" di Jana Hensel

Negli autori occidentali è talmente forte questo egocentrismo, questo egoismo, questo ich che non poteva sfuggire ad un lettore attento e arguto come Florian Illies. Infatti, in un passo del suo testo, ci fa notare, che in tutti i racconti della Judith Hermann:

Negli stessi racconti del libro Sommerhaus, später di Judith Hermann, le cui figure della Boheme berlinese non hanno realmente niente in comune con i coetanei, che studiano giurisprudenza ad Heidelberg  e Bonn, diviene chiaro, che il ruotare attorno a se stessi è l’asse portante. Soltanto un unico personaggio del libro può dire di se stesso: “In fondo non mi interesso soltanto che di me stesso”. Per questo non viene capito da nessuno e finisce dal terapeuta. [8]

Ma chi sono precisamente i Zonenkinder e la Generation Golf?

Jana Hensel aveva lavorato come lettrice e redattrice della rivista EDIT, prima di prendere la decisione: “doch das Buch, das sie immer schon lesen wollte, gab es noch nicht. Also musste sie es selbst schreiben” (“Il libro, che lei avrebbe voluto leggere, non esisteva. Allora dovette scriverlo lei stessa”).

Quel fatidico mese di novembre del ’89 aveva tredici anni, quando, improvvisamente, la sua patria si dissolse e di colpo cessarono tutte le attività che fino ad allora avevano costellato la sua vita quotidiana. Sembrava che la DDR non fosse mai esistita. Nessuno ne parlava più.

Ci si concentrava su un nuovo tipo di realtà, il capitalismo entrò nelle loro vene socialiste. Oramai tutto ciò che aveva fatto parte della loro infanzia era scomparso definitivamente come gli ABZ Zeitungen, Rolli, Bummi, Flitzi, Schnapp, Manne Murmelauge, le uniformi dei pionieri etc., etc. Anche la lingua era un po’cambiata:

Le cose non si chiamavano più per quello che erano. Forse non erano più nemmeno le stesse. La “borsa delle vettovaglie” divenne “pacchetto per il pranzo”, la “Succursale” divenne “Filiale”, e “l’apriporta” del tram “desiderio del viaggiatore”… [9]

Questi bambini si ritrovarono senza una patria, i luoghi dove erano cresciuti cambiarono talmente che portarono Hensel a dire di essere una turista nella propria terra. Essi abitavano ora in una nuova nazione, nella quale si trovavano a disagio, venivano discriminati per il modo goffo di vestire e avevano la sensazione di essere figli di genitori perdenti e proletari. Il forte bisogno di un’identità e di riconoscimento si imponeva sempre di più. Interiormente si ponevano le domande: chi sono io, da dove vengo e soprattutto cosa sembro. Era la DDR realmente esistita? O era solo uno spettro?

Si può dunque affermare che i libri degli autori catalogati sotto il nome di Zonenkinder e lo stesso Zonenkinder nascono dal bisogno di colmare questa mancanza di identità. Di far rivivere i miti della propria adolescenza, di andare orgogliosi e di non vergognarsi più di cose o attività come il Milchdienst, AG Pop-Gymnastik, Pioniernachmittag, FRÖSI, Spartakiade, Trabant, etc., etc. Di essere fieri di parlare della propria giovinezza, senza vergognarsene, anzi di farla conoscere ed apprezzarla:

Sin dalla metà degli anni novanta i libri di autori della DDR come quello di Thomas Brussig  Helden wie wir (“Eroi come noi”) ebbero un boom di vendite, e più tardi anche film come Sonnenallee (una via berlinese) di Brussig e del regista Haußmann. E con questo film la DDR divenne pop, anche per la Generazione Golf. Lo stesso vale in un certo senso per le letture in pubblico nei locali berlinesi: si potevano ascoltare racconti divertenti di vita quotidiana della tarda DDR recitate dai giovani autori dell’est come Falko Hennig, Jakob Hein e Jochen Schmidt, davanti a un pubblico misto est-ovest… [10]

Florian Illies scrisse, invece, il suo libro esattamente con il proposito di delineare la sua generazione, ossia tutti quelli nati tra il 1965/75. I suoi coetanei sono persone che in un certo modo stanno all’antitesi dei loro genitori. Apolitici, senza valori o ideologie, tesi al guadagno, egocentrici, superficiali. I testi dei giovani scrittori dell’Ovest, Wessis, narrano con un linguaggio semplice, scarno, diretto, le loro esperienze di ragazzi, il loro divenire adulti, le loro amicizie, le loro speranze, i piccoli e grandi problemi di tutti giorni, i loro viaggi, l’importanza della musica. Al centro dei loro racconti vi è l’ich (l’io); tutto è rapportato a se stessi. Golf Generation non è un romanzo, l’autore stila un vero e proprio elenco di cose, persone, avvenimenti che hanno caratterizzato gli anni ’80 (gli anni che hanno formato culturalmente i futuri scrittori Thirty-somethings – di trent’anni e qualcosa –, i loro Bildungsjahre – i loro anni formativi –), con lo scopo sempre di metterne in evidenza la superficialità e il ridicolo:

Tra le donne vi era un gruppetto che portava con sé una borsa a tracolla, fatta di uno strano lavoro d’intreccio, alla cui bretella attaccavano una spilla azzurro-chiaro con la scritta “pace”. Il più delle volte le ragazze con simili borse andavano di pomeriggio all’Ambiente AG o curavano in qualche luogo un cavallo. [11]

La copertina del libro "Generation Golf" di Florian Illies

Oggetti caratteristici erano Commodore 64, Adidas-Allround-Turnschuhe, Nickis, Yucca Palme, i poster di Pierrot o Kim Wild, si ascoltavano gli LP di Purple Schultz e Klaus Lage, ci si soffermava davanti al televisore per guardare le trasmissioni di Thomas Gottschalk o Falcon Crest, o cartoni come gli Schlumpfe (i puffi), tra le bambine erano diffuse le bambole Monchichi e particolarmente ammirate erano “quelle ragazze, che padroneggiavano quel tipo di scrittura gonfiata, con la quale disegnavano lettere ingrossate, che si spingevano tra di loro come nuvole”.

Era anche il periodo delle riviste patinate per uomini che volevano avere un fisico prestante e che spulciavano le cosiddette “Waschbrettbauch-sofort-Zeitungen” (giornali per ottenere immediatamente uno stomaco piatto) e per donne che desideravano essere sempre belle esteriormente:

Poichè gli uomini improvvisamente ebbero Men’s Health, anche le donne vollero qualcosa per giocare. Ottennero Allegra e Amica (…) Allegra è in bianco e nero e sorprendentemente buona (…) Amica è la variante per le stronzette… [12]

Erano gli anni dei seguiti cinematografici Rambo I, La Storia Infinita II, Ritorno al Futuro III, Il Ritorno dello Jeti IV e degli esperimenti linguistici come “Stück ma’n Rück” e “Zum Bleistift” [13], erano divenute espressioni comuni. E non poteva certo non essere colpa dell’acqua di marca se i giovani venivano distratti da argomenti seri come la politica:

Poi imparammo dagli italiani non semplicemente ad ordinare acqua con il vino, ma decisamente San Pellegrino. È così che la nostra generazione ancora non ha nessuna idea su Gerhard Schröder, bensì dell’acqua… [14]

Un libro interessante, di cui parlerò brevemente perché riguarda la tematica che stiamo trattando, è quello pubblicato nel 2004, Aufgewacht. Mauer weg (“Ci siamo svegliati, il Muro non c’è più”) di Susanne Leinemann, la quale attraverso la sua storia d’amore per un ragazzo dell’est ci narra degli anni prima, durante e dopo la caduta del Muro.

L’autrice cerca di cogliere le differenze tra i Zonenkinder e la Generation Golf  e i loro punti in comune, che non sono pochi. Ci spiega di come durante la sua giovinezza trascorsa a Bonn, abbia vissuto la caduta degli ideali politici della sua generazione, che più che fare la storia, la seguono, si lasciano trascinare dagli eventi, occupandosi solo degli aspetti più pratici della vita (“L’aggressiva leggerezza dell’essere; io do gas, io voglio divertimento”):

La generazione della Wehrmacht (le forze armate tedesche nel periodo dal 1931 al 1945), i bambini della guerra, i bambini del dopo guerra, i bambini del ’68, i bambini dei funzionari degli anni ’70. Noi eravamo, invece, descritti come i mocciosi dei giocattoli, come spettatori televisivi e bevitori di Coca Cola (…) ci si sedeva nella sala d’attesa della storia… [15]

Questo è il particolare motivo per cui essi (i Wessis) non si interessarono per i loro “fratelli, che vivevano dall’altra parte”, anzi alla domanda: “E’ la RDT parte della Germania o uno stato estero?”, risultò che più del 50% degli intervistati risposero: “L’estero”. Susanne, da adolescente, l’aveva già visitata per un breve periodo assieme a sua madre e ne rimase affascinata. E restò contagiata anzitempo dall’Ostalgie. Passò più volte la frontiera e dentro di sé urlò la rabbia perché il Muro non era ancora crollato. I giovani, così materialisti, avevano perso qualsiasi interesse per un argomento che era stato reso troppo teorico, eliminandone qualsiasi questione di cuore:

La questione tedesca-tedesca (viene così nominata per le due differenti realtà tedesche) non era più una faccenda di cuore come ai tempi di Kurt Schumacher, bensì di teste – e chi si adattava meglio ad un lavoro intellettuale se non di accademici, politici, autori, giornalisti. Ci descrivevano imparzialmente e con scarso entusiasmo… [16]

E i ragazzi dell’est erano poi così differenti da quelli della Susanne Leinemann? Avevano prospettive, desideri dissimili? Secondo un’intervista pare proprio di no, indifferenza, apoliticità, mancanza di ideologie e voglia di beni materiali, li caratterizzavano:

Ecco la classifica dei primi dieci posti tra i ragazzi dell’est: un bell’appartamento, una cerchia di amici, amore e sesso, moda e lusso, viaggiare, sperimentare qualcosa di folle, spontaneità, possesso di un auto, cura della bellezza, prestigio sociale. I grandi perdenti nella lista erano: interesse all’attività politica, disponibilità, sottomettersi a decisioni collettive e credo nel Marxismo-Leninismo… [17]

Ironia della sorte fu questa assenza di interessi politici, questa indifferenza che sconfisse la resistenza della dittatura:

Ciononostante la gioventù della DDR non sembrava essere furiosa contro il suo Stato. No, era molto peggio: era sempre più indifferente (…) con una generazione, per la quale tutto è uguale, non si possono avere colloqui seri. Con loro non si poteva creativamente dare un aspetto al socialismo… [18]

Infatti i venti di cambiamento provenienti dalla Russia di Gorbaciov non “soffiarono” sul suolo della Repubblica Democratica Tedesca. Honeker e la SED continuarono a mantenere una linea dura, “Vi sentireste obbligati a tappezzare il vostro appartamento, se lo facesse il vostro vicino?”, dichiarò Kurt Hager nell’aprile del 1987 ad un’intervista allo Stern.

Furono i giovani che attraversarono le frontiere austro-ungariche, spinti dalla banale voglia di consumo, che convinsero i loro padri a creare una protesta all’interno della loro nazione:

Chi allora, nell’estate del 1989, tagliò la corda era giovane: uno su due era sotto i 25 anni, il 70 percento non aveva ancora raggiunto il 30esimo anno, il 90 percento era sotto i quaranta. Che cosa avevano da perdere? Non certamente “la mia auto, la mia casa, mia moglie”… [19]

E cosa rimase da fare ai loro genitori se non:

Solo allora si risvegliò la generazione dei genitori – e iniziò in un inaspettato ampio numero di partecipanti a mobilizzarsi per dimostrare, per pretendere (…) Era semplice: nostro figlio Tobias, che aveva appena compiuto 18 anni, ci aveva comunicato che adesso voleva lasciare questa DDR… [20]

Ed ecco che la storia si prese gioco dei tedeschi:

Ironia della storia: i nostri predecessori vollero con tutta la forza nient’altro che la rivoluzione planetaria e hanno fallito miseramente. Noi avevamo preso coscienza di non poter mai cambiare il mondo – e lo abbiamo però fatto… [21]

Dunque sia i ragazzi della Golf Generation che gli Zonenkinder sono cresciuti in due sistemi differenti, che però, in un modo o nell’altro, li hanno portati a ripudiare i loro padri, le loro ideologie, le loro convinzioni politiche, i loro valori, per adottare un tipo di vita votato agli aspetti più pratici. Avere una Golf, una casa, degli amici, degli amori, ascoltare musica, organizzare feste, qualche volta potersi permettere un viaggio.

E allora hanno impugnato una penna e ci hanno raccontato di tutto questo, con uno stile che si addice al loro tempo, semplice, asciutto, diretto senza dotte e pretenziose espressioni letterarie, che cerca di coinvolgere il cuore e i sentimenti dei lettori.

Gli autori dell’ex Repubblica Democratica Tedesca, però, hanno utilizzato come voce narrante il wir (noi), per il forte bisogno di avere un’identità, di ricostruire quella loro Heimat (patria) che li univa e ora non esiste più, dove hanno vissuto le loro esperienze da ragazzi in modo collettivistico e non individualistico ed egoistico dei loro coetanei occidentali.

Adesso parlerò brevemente di alcuni libri della Golf Generation e dei Zohnenkinder, che sono ambientati a Berlino.

Junge Talente è il felice debutto di André Kubiczec, che ci narra di Less, un ragazzo che decide di trasferirsi da un paesino di provincia nella Berlino est degli ultimi anni prima della caduta del Muro. Egli abiterà a Prenzlauer Berg, quartiere di poeti, scrittori, pittori, musicisti ma anche di Punks e Dandies. Vivrà le sue amicizie, le feste, e la perdita della verginità con la bella e gioiosa Dani. Kubiczec riesce a darci uno spaccato di quei giorni e a trasmetterci l’atmosfera confusa, eccitante, elettrizzante degli ultimi anni della Repubblica Democratica Tedesca.

Denn wir sind anders è basato su una storia vera. Jana Simon con un linguaggio asciutto e diretto porta l’attenzione del lettore ai primi anni della Berlino riunificata. E precisamente ai suoi bassifondi, dove Alex è cresciuto. Costantemente preso in giro per il colore della sua pelle (è di origini africane), imparerà sin dalla sua tenera età l’arte della Kickbox. Divenuto adulto la utilizzerà per fare il buttafuori nei locali notturni, picchiare i tifosi della squadra di calcio avversaria della BFC. Aprirà anche un bordello. Alex farà parte di quella che veniva definita come Szene (“Scena”), che era la vita violenta e degradata di tutti quei ragazzi dell’ex Berlino est degli anni ’90: ragazzi che volevano girare con macchine lussuose, donne bellissime e un mucchio di soldi in tasca senza però guadagnarseli onestamente. Egli commetterà suicidio in carcere.

Der BFC war schuld am Mauerbau è una raccolta di un “fiero figlio del proletariato intellettuale”. L’autore Andreas Gläser è nato e cresciuto a Prenzlauer Berg e ha lavorato sin da giovane come operaio, fin quando non decise di partecipare alle letture della Reformbühne Heim und Welt e dei Surfpoeten. Nelle sue narrazioni ci descrive la vita giornaliera nell’ex capitale della DDR e nella poi riunificata Berlino. La sua gioventù la trascorre da giovane pioniere e come fan della squadra di calcio FC Dynamo della sua città.

Blühende Landschaften – eine Heimatkunde è il romanzo autobiografico di Peter Richter, il quale subito dopo la caduta del Muro si trasferisce da Dresda ad Amburgo, “un peregrinare comprensibile dall’est all’ovest e di nuovo nell’est, dove oggi le città si rimpiccioliscono e le fiere medievali prosperano. Questo termina, naturalmente, a Berlino – il laboratorio della divisione”.

Mein erstes T-Shirt di Jakob Hein è un resoconto della vita quotidiana di un ragazzo nella DDR, la sua prima T-shirt, la voglia di prodotti occidentali, come la Coca Cola, la televisione etc., il primo amore che terminerà bruscamente a causa del Muro.

Falko Hennig, uno degli scrittori e organizzatori, ha edito un libro intitolato Volle Pulle Leben, un’antologia dove sono raccolti i racconti migliori di dieci anni di attività. In essa vi sono sia scrittori della Golf Generation che dei Zonenkinder.

Per concludere, vorrei brevemente accennare ad uno scrittore russo che ha influito favorevolmente sulla letteratura tedesca degli anni ’90 e inizi del 2000; Wladmir Kaminer nel suo Russendisko ci narra, con umore, la vita quotidiana di tutti quegli emigrati russi e non solo che dopo la caduta del Muro si sono recati a Berlino con la speranza di rifarsi una vita:

Io debbo dare ragione al mio vecchio redattore, siamo in tanti, soprattutto a Berlino. Ogni giorno, vedo russi per strada, nella metropolitana, nei locali notturni. Una delle cassiere del supermercato, dove io faccio la spesa, è russa. Anche nel salone da parrucchiere se ne trova una. Così come la commessa nel negozio di fiori è russa… [22]

di Emilio Esbardo

 


[1] Thomas Brussig, Helden wie wir, Fischer Taschenbuch Verlag, Frankfurt am Main, 2005, pag. 6/7

[2] Tom Kraushaar, Zonenkinder – die Geschichte eines Phänomens, Rowohlt Taschenbuch Verlag, Reinbeck bei Hamburg, 2004, pag. 108

[3] Le banane erano il simbolo del benessere dei paesi capitalistici e non erano in vendita nella DDR.

[4] Tom Kraushaar, Zonenkinder – die Geschichte eines Phänomens, Rowohlt Taschenbuch Verlag, Reinbeck bei Hamburg, 2004, pag. 77/78

[5] Ibidem, pag. 80

[6] Ibidem, pag. 9

[7] Ibidem, pag.13

[8] Florian Illies, Generation Golf, eine Inspektion, Fischer Taschenbuch Verlag, Frankfurt am Main, 2003, pag. 146

[9] Jana Hensel, Zonenkinder, Rowohlt Taschenbuch Verlag, Reinbek bei Hamburg, 2004, pag. 22

[10] Ibidem, pag. 68/69.

[11] Florian Illies, Generation Golf, eine Inspektion, Fischer Taschenbuch Verlag, Frankfurt am Main, 2003, pag. 14

[12] Ibidem, pag. 95

[13] Giochi di parola in tedesco, intraducibili. Esse sono frasi tipiche degli anni ’80, così come le abbiamo avute noi in Italia: ad esempio, nella mia regione in Italia, si utilizzava spesso l’espressione “porcheggiare” per “parcheggiare”. Oppure quando si riaccompagnava a casa la propria ragazza si diceva: “vado a conservare la mia ragazza a casa”.

[14] Florian Illies, Generation Golf, eine Inspektion, Fischer Taschenbuch Verlag, Frankfurt am Main, 2003, pag.  pag. 153

[15] Susanne Leinemann, Aufgewacht. Mauer weg, Bastei Lübbe Tascenbücher, Stuttgart München, 2004, pag. 38/39

[16] Ibidem, pag. 21

[17] Ibidem, pag. 89

[18] Ibidem, pag. 108

[19] Ibidem, pag. 122

[20] Ibidem, pag. 136

[21] Ibidem, pag. 237

[22] Wladmir Kaminer, Russendisko, Goldmann Verlag, München, 2002, pag. 18

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