Intervista ad Antonio Marazita

L'Ambsciatore d'Italia Elio Menzione e Antonio Marazita - Foto: Emilio Esbardo

Il 27 febbraio si è tenuta la festa di commiato del sign. Antonio Marazita, italiano di prima generazione a Berlino. Alla festa erano presenti i suoi colleghi e l’Ambasciatore d’Italia Elio Menzione, che lo ha ringraziato per il suo lavoro. Antonio Marazita, che ha vissuto le vicende tormentate della Germania divisa, ha lavorato come autista dapprima nell’Ambasciata d’Italia a Berlino est, poi a Bonn ed infine nella riunificata e ritrovata capitale tedesca. Al termine della festa abbiamo scambiato due chiacchiere. 

Quando e perché hai deciso di venire in Germania?

Ho deciso di venire in Germania quando facevo il corso di addestramento professionale a Calabrone, tra Pisa e Livorno. Avevo 18 anni ed anche per non prestare il servizio militare mi sono trasferito a Berlino.

Il tuo primo impatto con la Germania?

Il primo impatto è stata la lingua, che capivo poco o niente. Con i tedeschi mi sono trovato sempre bene. Oramai sono 46 anni che vivo qui e ne posso parlare solo positivamente. Il primo periodo ho lavorato in fabbrica come fresatore meccanico per 17 anni. Ero operaio specializzato. Nel 1985 ho iniziato a lavorare per l’Ambasciata Italiana a Berlino est fino al 1990. Dal 1991 al 1999 io e i miei colleghi ci siamo trasferiti a Bonn perché l’Ambasciata nella DDR ha chiuso. Dal 1999, quando la sede berlinese dell’Ambasciata è stata riaperta, siamo ritornati nuovamente nella metropoli tedesca.


Quali erano i divertimenti dei ragazzi italiani all’epoca?

C’erano tantissime discoteche come ad esempio il Big Eden, dove andavo con il mio amico Salvatore Madeo. È stato un periodo spensierato. Essendo Berlino ovest una grande città, non ci si accorgeva che era circondata dal Muro, tranne quando ritornavamo in Italia in macchina, a causa delle lunghissime attese per il controllo del passaporto dalla parte ovest alla parte est. Poi si doveva attraversare tutto il territorio della DDR con il limite di velocità di 100 Km orari con la perdita di un’enorme quantità di tempo. Infine al confine tra la Germania est e ovest vi erano, nuovamente, altre interminabili code per il controllo del passaporto.

Erano sgradevoli i controlli?

Sì molto. Sono stato privilegiato quando sono stato assunto dall’Ambasciata, perché con il tesserino diplomatico potevo entrare ed uscire quando volevo io senza subire nessun tipo di controllo.

Hai assistito a episodi spiacevoli alla frontiera?

Ero a Checkpoint Charlie con l’auto diplomatica quando ho visto due ragazzi che tentavano la fuga a piedi; i poliziotti, i famosi Vopos, li inseguivano con i mitra. Sono cose queste che uno cerca di dimenticare al più presto.

Durante la festa di commiato presso l'Ambasciata d'Italia a Berlino - Foto: Emilio Esbardo

Anche a Berlino est vi erano italiani?

Io ne ho conosciuto solo un paio. Erano già in pensione: avevano lavorato come camerieri o come operai. Si erano trasferiti lì prima dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Mi ricordo ancora del signor Pocetta, un anziano cameriere che abitava a Frankfurter Allee. Era sposato da anni con una tedesca del luogo. A lui non pesava vivere a Berlino est, perché con il passaporto italiano poteva andare e ritornare a suo piacimento.

Com’erano le abitazioni di Berlino est? Dove hai abitato?

Io ho abitato a Pankow. Gli appartamenti a noi dell’Ambasciata ci venivano assegnati direttamente dal Governo della DDR ed, anche se fatiscenti, erano messi un po’ meglio di quelli dei cittadini dell’est. Certamente non erano all’altezza delle abitazioni di Berlino ovest.

La DDR aveva un odore differente?

Sì e si sentiva subito, a causa delle Trabant che andavano ad olio a due tempi e provocavano uno smog terribile.

Che impressione ti hanno fatto gli abitanti di Berlino est?

La maggior parte erano tristi, perché sapevano che dall’altra parte c’era un mondo migliore e non potevano andarci.


Hai conosciuto a Erich Honecker?

Conosciuti no, ma visto sì, quando accompagnavo l’Ambasciatore alle feste nazionali. C’era anche Walter Ulbricht. Davano l’apparenza di comportarsi in maniera molto gentile con gli ospiti.

Hai scattato foto nella DDR? Si poteva?

Sì, si poteva fotografare dappertutto, tranne, naturalmente, i posti strategici come la zona militare e le caserme russe.

Dopo tanti anni trascorsi in Germania, qual è il tuo ricordo più bello?

Quando ho conosciuto mia moglie, con la quale sono sposato da 39 anni, e quando ho avuto i miei figli. Ho anche un nipotino di 7 anni. Sono stato fortunato ad avere una famiglia serena.

I tuoi progetti futuri?

Tornare in Italia a godermi la casa e il giardino, costruiti con il mio lavoro in Germania. E anche viaggiare, visto che finora non ho potuto.

Quanti Ambasciatori hai portato in giro con la macchina?

Ho lavorato per otto ambasciatori: Albertario, Indelicato, Vattani, Fagiolo, Perlot, Puri Purini, Valensise, calabrese come me ed infine l’attuale Elio Menzione.

di Emilio Esbardo

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