Intervista al Maestro Emanuele Cintura Torrente

Emanuele Cintura Torrente – foto privata

di Michela Buono

Maestro Torrente Lei ha tenuto un corso di composizione musicale per bambini al Centro Studi Musica e Arte di Firenze. La riforma dell’insegnamento è un tema che, mi sembra, Le stia molto a cuore. Che via bisognerebbe percorrere per arrivare ad un cambiamento reale nell’ambito dell’insegnamento?

Sia i bambini, ma anche gli adolescenti e gli adulti, dovrebbero generalmente porsi nei confronti della musica in modo centrale e non marginale e periferico per come si è soliti istruirsi oggi.

Gli amici berlinesi sanno che la cultura tedesca tradizionalmente ha svolto una grandiosa opera didattica musicale. Tuttavia le grandi opere dei didatti del passato mi sembrano attualmente se non proprio buttate al vento, quasi; da parte mia da anni tento di far recuperare quello che posso, ma l’impresa a volte mi pare titanica se non donchisciottesca. Oltretutto bisogna anche assecondare i tempi moderni, coglierne gli aspetti migliori e buttare al vento, questa volta a buon diritto, le cose peggiori.


Considerando la quantità enorme di musica che è stata incisa, non mi riferisco solo alla musica classica ma anche ad altri generi, crede che si sia inciso “troppo”?

Se tutta questa grande mole di incisioni mostrasse una propria personalità e spunti individuali originali, sarebbe l’ideale, ben venga una tale, sempre maggiore, distinta quantità! Ma il guaio è che si producono tante cose uguali senza un quid veramente valido e che almeno alle mie orecchie appaiono mostruosamente noiose. Celibidache sosteneva che tutta la musica incisa fosse spazzatura perché non riproduceva fedelmente il suono fisico reale, il che è vero. Per rinforzare questa idea citava Toscanini che sembrava essere della stessa opinione volendo, se avesse potuto, disfarsi di tutte le sue incisioni pubblicate. I due direttori d’orchestra si sbagliavano a covare queste acrimonie. La possibilità di registrare Musica è apparsa nella storia e continua ad essere una rivoluzione benigna, utile e feconda. Tuttavia l’industrializzazione scalmanata del feticcio registrato senz’anima rimane un problema per la salvaguardia della vera arte musicale.

Se non ricordo male Lei ha composto anche per la danza, si è trattato di un evento in particolare?

Lei si riferisce alla mia “Suite jazz” che in effetti è musica ballabile anche se classificabile come musica da camera d’ascolto. Giorgio Gaslini, che mi riempì di complimenti commoventi, sosteneva che era jazz, alla programmazione del Lincoln Center di New York dicono che è classica. Ad ogni modo è stata parzialmente coreografata, ma una prima assoluta connessa con la danza attualmente non c’è mai stata.

“Invenzione Continua” tratta dall’album “Musical Mind” è stata pensata come ad una “contrapposizione” tra due parti, è così?

Sì, è così. Un dialogo continuo tra due strumenti. È stata incisa magistralmente da due violinisti esponenti del Maggio Musicale Fiorentino. Sono veramente soddisfatto di quel lavoro.

Ha senso parlare di un vero e proprio “genere” musicale quando una musica funziona? Non Le sembra un voler “etichettare”, a tutti i costi, qualcosa che non può essere ridotto a schemi così rigidi?

No, non ha senso, per quanto riguarda la prima domanda. Per quanto riguarda la seconda, sì, sono d’accordo con lei. Del resto lo scrivo esplicitamente nel punto 8 del mio Manifesto Teoretico Musicale, consultabile sulla rete.

In “Archiemia” l’idea è stata quella di unire generi musicali del passato al presente, una sorta di continuum tra due mondi. Com’è nata questa idea?

Mi frullavano in mente: il tema del Bolero di Ravel dell’900, un tema di uno dei Lieder ohne Worte di Mendelhssohn dell’800 e un tema di una invenzione a tre voci di Bach del ‘700. Ho shakerato bene il tutto ed è uscito fuori Archiemìa.

Nel brano “Dowland’s Farewell” Lei suona la chitarra, quando ha eseguito questa composizione?

John Dowland fu un compositore veramente straordinario. La sua “Farewell” L’ho incisa durante gli anni di studio al conservatorio di Firenze. A mio parere è uno dei brani polifonici più belli e complessi del repertorio chitarristico (mutuato dal liuto).

Cosa sono le “English Songs”?

Sono delle mie canzoni scritte su testi di Shakespeare, Poe, Pound, Thomas, Blake e Bukowski.

I poeti Ezra Pound e Charles Bukowski sono stati fonte di ispirazione per Lei. La musica che ha composto sui loro versi ha seguito delle “regole” compositive particolari?

Sì, ma non pretenderà che gliele riveli qui ed ora, spero, anche perché è un discorso molto lungo e annoierei i vostri lettori.

Tra i suoi progetti futuri c’è anche la stesura di un libro, di cosa si tratta?

Sto valutando l’ipotesi di collaborare con la Osaka Mozart Association, per la pubblicazione di un saggio teoretico sulla musica. Ma il progetto è in fieri e al momento non posso dirle di più.

Lo scorso autunno, settembre 2015, si è tenuta una conferenza-inaugurazione nel castello del principe Gesualdo da Venosa, evento al quale Lei è stato invitato. Di cosa si è trattato e quali sono stati i suoi interventi?

La mia musica è sempre stata ispirata dal pensiero contrappuntistico e polifonico. Esser stato dunque invitato in questa conferenza d’apertura, insieme ai più grandi esperti polifonisti d’Europa era come essere a casa. In realtà non ero a casa, ma nel castello di uno dei più grandi geni musicali della storia, riaperto al pubblico dopo quattrocento anni. Sul “principe dei musici” Carlo Gesualdo c’è una letteratura sterminata alla quale rimando i lettori. In sintesi ho composto un madrigale a cinque voci su un testo di Hermann Hesse per l’occasione; il mio intervento è stato volto ad incoraggiare il comune di Gesualdo a dar vita a nuove iniziative tra cui la fondazione di una nuova accademia musicale. Ricordo con piacere che in quell’occasione conobbi anche la pronipote di Igor Stravinsky, Marie. Impegnata a Ginevra con la sua fondazione dedicata al suo parente, celebre compositore russo del ‘900.

Maestro Torrente La ringrazio molto per aver risposto alle mie domande, Le auguro un anno ricco di successi e, la invito a concedermi un’altra fruttuosa intervista. A presto.

Grazie a lei e ai suoi lettori

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