La storia sconosciuta: i rom nella Resistenza

Campo di raccolta profughi. Vienna 1938

di Silvio Mengotto

La lotta partigiana di liberazione non fu solo un fatto militare ma anche popolare. Il partigiano armato, col trascorrere del tempo, ha penalizzato altre figure importanti che, anche con la propria vita, contribuirono alla riconquista della libertà: le donne, le staffette, sacerdoti e suore impegnati in opere di maternage, soldati internati nel lager nazisti (600 mila), giovani renitenti alla leva di Salò, famiglie e reti di solidarietà che salvarono la vita ad ebrei, prigionieri in fuga, partigiani, a volte anche ai fascisti.


Il tarlo del pregiudizio verso il popolo Rom è così profondo che anche nella storia di Liberazione, come nel Porrjamos – il genocidio dei rom nei lager nazisti e nei campi di concentramento italiani – c’è stata una rimozione che «ha oscurato – dice Aldo Cazzullo – personaggi e movimenti di una Resistenza diversa da quella fissata nella memoria nazionale»[1].  Anche i Rom parteciparono alla Liberazione.

«Certificato al Patriota. Nel nome dei governi e dei popoli delle Nazioni Unite ringraziamo Catter Giuseppe di Pasquale del 1913 di avere combattuto il nemico sui campi di battaglia militando nei ranghi dei patrioti tra quegli uomini che hanno portato le armi per il trionfo della libertà svolgendo operazioni offensive, compiendo atti di sabotaggio, fornendo informazioni militari. Col loro coraggio e la loro dedizione i patrioti italiani hanno contribuito validamente alla liberazione dell’Italia e alla grande causa di tutti gli uomini liberi. Nell’Italia rinata i possessori di questo attestato saranno acclamati come patrioti che hanno combattuto per l’onore e la libertà. H.R. Alexander Comandante supremo alleato delle forze nel Mediterraneo centrale »[2]

Giuseppe Catter faceva l’orologiaio e partecipò alla Resistenza nelle formazioni partigiane in Liguria con il nome di battaglia di Tarzan. Durante il rastrellamento nella Valle Arroscia le brigate nere lo catturarono portandolo ad Aurigo, un paese vicino ad Imperia, dove fu interrogato e ucciso con colpi di moschetto alla testa. «Morto all’età di ventuno anni il partigiano Tarzan, era uno zingaro»[3]

Emilio Levak detto Mirko, rom kalderash sopravvissuto al campo di sterminio di Auschwitz. Durante un trasferimento da Auschwitz è autore di una fuga rocambolesca, in Italia l’incontro con i partigiani, poi la liberazione. Nato a Postumia il 25 marzo 1927 e morto a Venezia dove viveva da molti anni. Mirko viene catturato dai soldati tedeschi nel 1943, mentre con la famiglia fuggiva dalla furia degli ustascia di Pavelic che dal 1941 governavano la Croazia. Il regime di Pavlevic si è contraddistinto per la ferocia contro i Rom e i Sinti. Dopo la guerra ha girato tutto il Nord e il Centro Italia esercitando l’attività dei calderai. A ragazzi ed adulti ha raccontato cosa è stato il Porrajmos per i Rom e i Sinti italiani ed europei. La sua ultima testimonianza, su ciò che è stato il Porrajmos, è stata registrata nel giardino della sua casa a Venezia[4].

Rom e Sinti che suonano; Polonia, settembre 1939

Vittorio Luigi Reinhart e Francesca Satori, due Sinti, ricordano che nascosero un partigiano braccato dai nazifascisti poi, scambiati per tedeschi dai partigiani, furono salvati proprio dal partigiano che avevano salvato e protetto. «Eravamo sotto un porticato in una casa colonica – dice Vittorio Luigi Reinhart – dove la gente ci conosceva. Questo uomo (partigiano) è venuto da noi a cercare rifugio, aveva paura e lo cercavano per ammazzarlo. Ci chiese di salvarlo e lo abbiamo nascosto sotto la paglia del porticato. Mio padre parlava il tedesco e quando arrivarono i soldati tedeschi convinse il comandante a dirigersi in altra direzione, mentre il partigiano era nascosto sotto la paglia. Così lo abbiamo salvato, poi se ne andò. Un giorno in un blocco ci fermarono i partigiani. Per il nostro cognome (Reinhart) ci scambiarono per tedeschi e ci hanno messo davanti a una buca quadrata  dove c’erano già dei morti. Una cosa brutta e terribile. Tutti in fila pronti per essere ammazzati. Non ci cercavano perché zingari ma perché allertati dal nostro cognome tedesco e pensarono che fossimo delle spie. Poi arrivò un uomo gridando “fermi, fermi”, era il partigiano che salvammo e lui ci salvò  a sua volta la vita. Il partigiano spiegò la vicenda poi furono tutti contenti. Ci hanno dato da mangiare del formaggio. Avevo 11-12 anni. Eravamo in Italia e ci siamo salvati per grazia di Dio. Ricordo che mi fratello Thulo era con i partigiani in Piemonte, zona Alba».

«Il Sinto Giacomo Sacco partecipò alla liberazione di Genova. Il Sinto emiliano Fioravanti Lucchesi, cugino di Giacomo Debar detto Gnugo, fu partigiano e militò nella Divisione Modena Armando. Il Sinto Vittorio Mayer detto Spatzo, la cui famiglia fu deportata e internata, operò in Val di Non nel Trentino Alto Adige»[5]

Dopo le leggi razziali in Italia sorgono 25 campi di internamento e concentramento per Rom e Sinti. I campi vengono allestiti in tutto il territorio italiano: Novi Ligure, Bolzano, Gonars (Udine), Prignano sulla Secchia (Modena), Berra (Ferrara), Colfiorito, Tossicia Torino di Sangro, Agnone (Isernia), Boiano (Campobasso), Isole Tremiti, Ferramonti di Tarsia. In Sardegna: Lula, Urzulei, Bertigali, Ovadda, Talana, Loceri, Nerri, Posada, Laccru, Padria, Martis, Chiaramonti, Illorais, Perdasdefogu. Una  banda di Sinti emiliani, i Leoni di Brenta Solini, fuggono dal campo di internamento di Prignano sul Secchia e incominciano ad operare «nel mantovano, proprio fra Brenta Solini e Rivarolo del Re (oggi Rivarolo Mantovano) e molti membri appartenevano alla famiglia di Gnugo, come padre Armando e suo zio Rus»[6].

25 aprile 2016

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Onore ai partigiani Rom e Sinti eroi dimenticati

di Santino Spinelli 

I nazi-fascisti vi han trucidato fratelli cari!
Rom e Sinti han combattuto eroicamente
per un mondo nuovo e migliore…
Hanno immolato le loro giovani vite
senza paura e senza tentennamenti
per una società nuova e più giusta…
Giovani eroi giovani impavidi
con grandi ideali nel cuore…
Ma cosa han trovato per i loro discendenti?
Razzismo, discriminazione e segregazione
e gli stessi disvalori per cui han combattuto…
Non è questa la Democrazia che sognavate!
Ai padroni si son succeduti altri padroni
per i vostri figli…
Cos’è cambiato? Nulla…
I vostri ideali nel cuore son stati traditi…
Voi splendidi eroi siete stati dimenticati, siete morti invano!
Voi inghiottiti dall’oscuro oblio…
Oh genti non vanificate il coraggio e il sacrificio
dei vostri fratelli Rom e Sinti!
Onorate la loro memoria
teneteli caldi nei vostri cuori,
scolpite nella vostra memoria i loro splendidi nomi
e combattete i disvalori che attanagliano
i loro discendenti ora, come allora i padri fecero!
E voi assertori della Democrazia
e dello stato di diritto
perché accettate i Campi Nomadi
che sono i moderni lager?
Come i lager nazisti
dividono e annichiliscono
le anime e le menti,
come potete Voi che della giustizia fate un vessillo
accettare codesta situazione?
Le leggi razziali son forse rimaste scolpite nei vostri cuori?
Orsù gente onorate la memoria dei partigiani Rom e Sinti
che han combattuto eroicamente per liberare tutti,
anche per Voi han versato il loro sangue…
e dagli errori del passato si tragga utile insegnamento!

 


[1] A. Cazzullo, Possa il mio sangue servire. Uomini e donne della Resistenza, Edit. Rizzoli, 2015, p. 136

[2] P. Petruzzelli, Non chiamarmi zingaro, Edit. Chiarelettere, 2008, p. 221 

[3] P. Petruzzelli, Ivi, p. 222 

[4] La testimonianza è in un doppio Dvd edito da Casa editrice A

[5] S. Spinelli, Rom, questi sconosciuti, Edit. Mimesis, 2016, p. 194

[6] S. Spinelli, Ivi, p. 194

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