Libertà di stampa in Germania: il caso Nikolaus Brender - Il ruolo dei giornalisti: che cosa è eticamente lecito e cosa no

Foto: Emilio Esbardo

di Emilio Esbardo

I giornalisti possono essere attivisti? O addirittura debbono esserlo? / Dürfen Journalisten Aktivisten sein? Müssen sie gar?

Con questa frase d’introduzione inizia l’articolo “Ich habe eine Meinung” (“Ho un’opinione”) del giornalista e blogger tedesco Stefan Niggemeier, pubblicato su “journalist”, la rivista mensile dell’Associazione dei Giornalisti tedeschi.

 In Germania, subito dopo la seconda guerra mondiale, si sono create immediatamente le basi per un giornalismo indipendente, che avrebbe dovuto svolgere un fondamentale ruolo nello sviluppo della democrazia dopo la dittatura nazista.

(Vedi anche articolo: Intervista a Toby E. Rodes, cofondatore della Berlinale, responsabile stampa del Piano Marshall e della democratizzazione dei media della Germania)

Il primo passo dei dittatori quando giungono al potere è di evitare la libertà di espressione, che potrebbe ledere fatalmente al loro potere assolutistico.


La prima parte del mio articolo prende spunto da una sentenza del marzo scorso, riguardante la rete televisiva ZDF, il cui Consiglio d’amministrazione televisivo è composto da 77 membri: essi hanno il compito di eleggere il direttore, approvare il bilancio e esaminare il programma.

La Corte Costituzionale Federale, che ha sede a Karlsruhe, ha decretato che la percentuale dei politici all’interno del Consiglio d’amministrazione televisivo e dell’Organo di vigilanza deve diminuire di un terzo dell’attuale 44 per cento. Secondo i giudici, ZDF deve essere indipendente dall’influenza dello Stato.

L’Organo di vigilanza, che ha il compito di controllare l’operato del direttore, è composto da 14 persone, 6 delle quali appartengono a partiti politici.

Il Consiglio d’amministrazione è rappresentato, oltre che da politici, da sindacati, dalla chiesa e da datori di lavoro. La sentenza dei giudici ha decretato che, ora, tali gruppi, per legge, non possono più inviare, per conto loro, nelle commissioni, né parlamentari né alti esponenti di nessun partito politico.

Il vicepresidente della Corte Costituzionale Ferdinand Kirchhof è stato chiaro, il servizio pubblico di ZDF deve riflettere la pluralità di opinioni e in nessun caso deve diventare un canale televisivo statale.

ZDF è l’abbreviazione di “Zweites Deutsches Fernsehen”, che vuol dire “Seconda Televisione Tedesca”. Essa è finanziata dalla pubblicità e dal canone. ZDF iniziò a trasmettere per la prima volta ad aprile 1963 da Eschborn: la sua sede attuale è a Mangoza, nello Stato Federale Renania-Palatinato.

ZDF è da sempre concepita come un’azienda indipendente e senza scopro di lucro. Il caso è scoppiato nel 2009 quando l’allora direttore di ZDF Nikolaus Brender ha perso il suo posto, perché persona scomoda a molti politici.

Il commento di Brender, più che soddisfatto per il verdetto, è stato che la sentenza ha mostrato chiaramente ai politici che la loro sfera d’influenza deve avere un limite da non superare.

La decisione della Corte Costituzionale Federale non è stata solo una soddisfazione personale di Brender, bensì del giornalismo indipendente in generale, di cui le nostre democrazie hanno bisogno per continuare ad esistere.


La seconda parte del mio pezzo vuole essere un’analisi del sopracitato articolo “Ich habe eine Meinung” (“Ho un’opinione”) del giornalista e blogger tedesco Stefan Niggemeier.

Stefan Niggemeier s’interroga sui codici comportamentali dei giornalisti e soprattutto, se un giornalista possa redigere un articolo, partendo dalle sue convinzioni personali, influenzando così i suoi lettori, oppure descrivendo in modo neutrale il tema da lui affrontato.

Niggemeier inizia il suo excursus descrivendo il comportamento dei reporter Marc Hujer, della rivista Der Spiegel,  e di Paul Ronzheimer, del quotidiano Bild, durante la visita di Vitali Klitschko a Berlino a febbraio a causa della crisi in Ucraina.

(Vedere articolo: Vitali Klitschko e Arseniy Yatsenyuk i capi dell’opposizione ucraina a Berlino).

Entrambe le testate si sono preoccupate, secondo Niggemeier, di catturare l’attenzione dei lettori su chi fosse riuscito a trascorrere maggior tempo con Vitali Klitschko.

Mentre Spiegel ha curato in modo moderato questo dettaglio, il direttore di Bild, Kai Diekmann, ha lanciato una vera e propria offensiva utilizzando tutti i mezzi a disposizione, quali i social network. Su Twitter ha dichiarato che il suo reporter Paul Ronzheimer è divenuto l’ombra di Vitali Klitschko.

Niggemeier descrive così la situazione:

Chi seguiva Ronzheimer su Twitter, sapeva quanto lui fosse vicino a Klitschko, grazie a innumerevoli foto, che mostravano l’ucraino insieme al giornalista di Bild, all’aeroporto, al telefono, nella folla, alla stazione di servizio, all’ospedale o insieme su un autoscatto. Lui ha addirittura twittato la scatola di medicine che Klitschko ha preso per curarsi dalla tosse / Wer Ronzheimer auf Twitter folgte, wusste ohnehin, wie nah er Klitschko war, durch ungezählte Fotos, die den Ukrainer im Flugzeug, beim Telefonieren, in Menschenmengen, an der Tankstelle, im Krankenhaus oder, als “Selfie” von Ronzheimer, mit dem Bild-Reporter höchstselbst zeigten. Selbst die Schachtel mit dem Grippemedikament, das Klitschko gegen seinen Husten nahm, twitterte er.

E poi aggiunge:

D’altra parte Ronzheimer è stato così vicino a Klitschko, che nella sua gara, secondo le regole giornalistiche, sarebbe dovuto essere squalificato (…) Sembrava come se neanche la categoria di giornalista incorporato fosse adeguata, piuttosto ha agito come se fosse fan, portavoce, manager o ventricolo di Klitschko (“embedded journalist” – “giornalista incorporato”: definizione inglese dei reporter che durante le missioni di guerra vengono integrati nella compagnia militare). / Andererseits war Ronzheimer so nah an Klitschko, dass er in einem Rennen nach journalistischen Regeln eigentlich hätte disqualifiziert werden müssen (…) Es schien, als ob selbst die Kategorie des embedded journalist nicht mehr angemessen wäre, sondern er als Fan, Sprecher, Manager oder Bauchrednerpuppe Klitschkos agierte.

Questo esempio viene preso a contesto da Stefan Niggemeier per porsi la domanda se i giornalisti possano, con i loro articoli, lottare o parteggiare per qualcuno o qualcosa. Al centro del dibattito tedesco ci si pone in relazione con la frase di Hanns Joachim Friedrichs, il quale afferma che un giornalista non deve mai accomunarsi a qualcosa, anche se buona. In gioco vi è l’indipendenza del giornalista e l’autenticità e l’attendibilità dell’articolo.

Niggemeier, però, successivamente specula sul significato d’indipendenza del giornalista e fa un esempio adeguato:

Andiamo sul personale. Io sono un sostenitore dell’iniziativa contro il diritto della proprietà intellettuale (IGEL). La mia presa di posizione pubblica mi rende ai vostri occhi non più un relatore indipendente sull’argomento (…) Intendiamoci: io ero indipendente. Non sono stato in nessuna maniera remunerato né da Google né da altri avversi al diritto della proprietà intellettuale. Non ero membro di nessuna associazione e non ho mai preso parte a riunioni di gruppo o a qualcosa del genere. Ero solo del parere che la legge è sbagliata e dannosa / Machen wir es mal persönlich. Ich bin Unterstützer der Initiative gegen ein Leistungsschutzrecht (IGEL). Mein öffentliches Bekenntnis zu meiner Position machte mich in ihren Augen zu einem nicht mehr unabhängigen Berichterstatter über das Thema. Wohlgemerkt: Ich war unabhängig. Ich wurde nicht von Google oder anderen Leistungsschutzrecht-Gegnern in irgendeiner Form bezahlt. Ich war kein Mitglied eines Vereins und habe an keinen Gruppentreffen oder Ähnlichem teilgenommen. Ich war nur der Meinung, dass ein solches Gesetz falsch und schädlich ist. 

Dopo queste approfondite considerazioni Niggemeier, si chiede se ciò lo trasformi in un attivista, che influisce nel suo lavoro da giornalista. Ecco come continua:

Io credo, che la distinzione tra giornalista e attivista in questo punto sia sbagliata e inutile (…) Si tratta di due diverse forme di giornalismo, ed entrambe si lasciano stimare sulla stessa scala di valori: se servono la verità. Naturalmente un giornalista deve essere indipendente, naturalmente non deve appartenere ad un’associazione, ad una impresa, o sentirsi obbligato ad una persona (…) Ma può avere delle convinzioni e lottare con passione per esse.  Soprattutto quando la lotta è finalizzata a rivelare le macchinazioni dei potenti / Ich glaube, dass die Unterscheidung zwischen Journalisten und Aktivisten an dieser Stelle falsch und sinnlos ist (…) Es handelt sich um zwei verschiedene Formen des Journalismus, und beide lassen sich nach demselben Maßstab beurteilen: ob sie der Wahrheitsfindung dienen. Natürlich muss ein Journalist unabhängig sein, natürlich darf er sich nicht einem Verein, einem Unternehmen, einer Person verpflichtet fühlen (…) Aber er darf Überzeugungen haben und leidenschaftlich dafür kämpfen. Und das insbesondere dann, wenn dieser Kampf darauf ausgerichtet ist, Machenschaften der Mächtigen aufzudecken.

La conclusione di Stefan Niggemeier non può essere che una, dal mio punto di vista, molto saggia:

Sono convinto: fin quando lo scopo della mia attività di pubblicista è informare l’opinione pubblica, esso non danneggia il mio lavoro giornalistico (…) I giornalisti attivisti aiutano il dibattito pubblico, ma noi abbiamo anche bisogno di un giornalismo, che, nel miglior senso del termine, sia razionale e produca un’informazione obiettiva e distaccata. Qui non vi è alcuna alternativa. / Und ich bin überzeugt: Solange das Mittel und Ziel meiner publizistischen Arbeit die Information der Öffentlichkeit ist, schadet es meiner journalistischen Arbeit nicht (…) Aktivistischer Journalismus hilft der öffentlichen Debatte, aber wir brauchen auch Journalismus, der im besten Sinne leidenschaftslos ist und versucht, nüchtern und distanziert Informationen zusammenzutragen. Das ist kein Entweder-oder.

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