L’incredibile storia dei fratelli Dassler - Intervista all’attrice Alina Levshin / Interview mit Alina Levshin

L'attrice Alina Levshin - foto: Emilio Esbardo

di Emilio Esbardo

Alina Levshin, nata il 1984 a Odessa, città sul mar Nero, è un’attrice tedesca di origini ucraine. L’ho incontrata in un hotel nella zona che una volta era il centro di Berlino ovest. 


Precisamente a due passi dal noto viale Kurfürstendamm: qui negli anni ’20 sono state proiettate le anteprime dei film più importanti tedeschi nei numerosissimi cinema che vi si trovavano, dai più lussuosi ai più economici.

Il 14 e il 15 aprile 2017, alle ore 20:15, sul canale “Das Erste” andranno in onda le due puntate del film “Die Dasslers – Pioniere, Brüder und Rivalen” (“I Dassler – pionieri, fratelli e rivali”), dove l’attrice recita la parte di Käthe Dassler.

La famiglia di Alina Levshin si è trasferita dall’allora Unione Sovietica a Berlino quando lei aveva sei anni. Ha iniziato sin da bambina a calcare i palcoscenici. La madre l’ha fatta inserire presso il Friedrichstadt-Palast, teatro per varietà fondato nel 1984 e fiore all’occhiello dell’ex DDR, dove ha recitato e ha danzato dal 1991 al 2000.

Dopo aver studiato, dal 2006 al 2010, presso il College “Konrad Wolf” per cinema e televisione di Potsdam-Babelsberg, Levshin ha iniziato la sua carriera di successo ottenendo il ruolo di Irina nell’episodio “Das Mädchen aus Sumy” (2009) della serie televisiva Rosa Roth.

Nel 2010 ha ottenuto il prestigioso Premio Tedesco Della Televisione per l’interpretazione della prostituta-schiava Jelena della serie poliziesca “Im Angesicht des Verbrechens”. Finora ha ricevuto anche altri importanti riconoscimenti come il Bambi 2012 (il primo premio della storia televisiva tedesca, creato nel 1948) e il Premio della critica cinematografica tedesca 2013.

Tra il 21 settembre e il 4 dicembre 2015 è stato girato il suo film più recente, appunto “I Dassler”.

Il film racconta l’incredibile storia di due fratelli, Adi e Rudi Dassler, che, come dice il titolo, sono stati due geniali visionari, il cui temperamento però ambizioso, arrivista, individualista e ostinato, li ha portati ad inimicarsi e a morire senza più rivolgersi la parola tra di loro.

Käthe (Alina Levshin) quando conosce il suo futuro marito Adi / © ARD Degeto/Wiedemann & Berg/Martin Spelda

I fatti vengono narrati a partire dal 1922: nel comune bavaro Herzogenaurach, Adi Dassler (interpretato da Christian Friedel) lavora nell’azienda di scarpe del padre Christoph (Joachim Król). Rudi (Hanno Koffler) si unirà a loro successivamente.

I due fratelli si completano a vicenda: infatti mentre Adi è l’anima creativa e l’ingegnere dell’azienda, Rudi è l’anima commerciale, le cui doti spiccano nella parte gestionale e nella vendita dei prodotti. Adi è una persona riflessiva e introverso che sposerà Käthe (Alina Levshin) una donna forte, intelligente, moderna e indipendente che lo aiuterà negli affari. Rudi è al contrario un ragazzo estroverso ed istintivo, con la passione per le belle donne, a causa della quale avrà dei guai, e che sposerà infine una donna tipica dell’epoca: Friedl (Hannah Herzsprung), più legata alla cura della casa e della famiglia che all’azienda.

Adi e Rudi Dassler fonderanno nel 1924 la società Gebrüder Dassler Schuhfabrik.

L’obiettivo in comune dei due fratelli è quello di avere successo creando la perfetta scarpa da tennis. Durante le olimpiadi berlinesi del 1936 avrà una eco internazionale il fatto che i due siano riusciti a fare indossare le loro scarpe al celeberrimo atleta statunitense di colore Jesse Owens, che, trionfante, porterà a casa quattro medaglie d’oro. Un’azione azzardata e rischiosissima nella Germania razzista di Adolf Hitler.

I dissapori tra i fratelli iniziano a nascere nel momento in cui Rudi è costretto ad arruolarsi durante la seconda guerra mondiale, mentre Adi rimane a gestire la fabbrica di scarpe, convertita nel frattempo dai nazisti in uno stabilimento di armi.

Rudi, alla fine della guerra, viene incarcerato per un anno dagli alleati, accusato di far parte delle SS, mentre Adi rimane libero. Così nel 1948 si giunge alla rottura definitiva: i due si spartiranno a metà beni e dipendenti e fonderanno due aziende differenti, che diverranno entrambe leader a livello internazionale: Adidas e Puma.

Adidas è il gioco di parole, formato dal suo nome “Adi” e dalle iniziali del suo cognome “Das”. Puma all’inizio era anch’esso un gioco di parole: all’inizio si chiamava Ruda, formato dall’iniziali del suo nome “Ru” e del suo cognome “Da”.

Rudi Dassler morirà il 1974, mentre Adi il 1978. Non si sono mai riappacificati.

Dal mio punto di vista le atmosfere e gli ambienti dell’epoca sono stati resi eccellentemente. I registi Cyrill Boss e Philipp Stennert hanno costruito in modo impeccabile la storia di una famiglia tedesca, rivelandone gli aspetti storici ed umani.

Alina Levshin ha recitato in modo convincente la parte di Käthe Dassler, donna forte, determinata ed emancipata, che dopo la morte del marito ha continuato ad occuparsi dell’azienda di famiglia insieme a suo figlio.

Nell’intervistarla ho spaziato su diversi argomenti, tra cui il sentito tema sull’indipendenza delle donne.

– INTERVISTA AD ALINA LEVSHIN / INTERVIEW MIT ALINA LEVSHIN

Perché ha accettato di interpretare il ruolo di Käthe Dassler? / Warum haben Sie die Rolle von Käthe Dassler angenommen?

Quando ho ricevuto le sceneggiature, non avevo idea che Adidas e Puma erano state fondate da due fratelli, che hanno iniziato a lavorare insieme prima di litigare tra di loro. L’ho trovata una storia davvero emozionante ed entrambe le sceneggiature erano scritte benissimo. Käthe è un soggetto davvero molto interessante. Siccome io non avevo ancora interpretato un personaggio che viene raccontato in 50 anni della sua vita, ho pensato: questo ruolo debbo proprio accettarlo. / Ich habe die beiden Drehbücher zum Lesen bekommen und damals nicht gewusst, dass Adidas und Puma von zwei Brüdern gegründet wurde, die gemeinsam anfingen und sich dann komplett zerstritten haben. Ich fand das eine wirklich sehr spannende Geschichte und die Drehbücher waren sehr gut geschrieben. Die Käthe ist eine sehr interessante Persönlichkeit und da ich noch nie zuvor eine Figur gespielt hatte, bei der eine Entwicklung von 50 Jahren erzählt wird, dachte ich mir – diese Rolle muss ich einfach annehmen.

Adi Dassler (Christian Friedel) con sua moglie Frau Käthe (Alina Levshin), il loro bambino e il figlio Horst (Samuel Rchichev) --- Adi Dassler (Christian Friedel) mit seiner Frau Käthe (Alina Levshin), ihrem Baby und Sohn Horst (Samuel Rchichev) / / © ARD Degeto/Wiedemann & Berg/Martin Spelda

Come si è preparata alla recitazione? Cosa ne pensa dell’immagine della donna della generazione di Käthe? / Wie haben Sie sich auf die Rolle vorbereitet? Was halten Sie von dem Frauenbild aus Käthes Generation?

Penso che Käthe Dassler sia così avvincente, perché è una donna molto moderna. Esattamente come suo marito Adi, che è stato un pioniere del suo tempo, anche lei porta in se stessa una sorta di spirito pioneristico. Ha preso la decisione di non occuparsi solo della casa e dei bambini, ma di incidere nell’azienda del marito e di sostenerlo con passione. Era inusuale per l’epoca che una donna si avventurasse nel mondo degli affari. Ciò mi ha realmente colpito. Naturalmente oggigiorno noi donne occupiamo molte più posizioni importanti ed interessanti, ma ancora in numero nettamente inferiore rispetto agli uomini. Credo che possiamo recuperare. Ovviamente vi sono delle differenze tra uomo e donna – ma dal mio punto di vista le donne sono, a loro modo, esattamente capaci come gli uomini a gestire bene le situazioni e i problemi. Per tale motivo è stato un puro piacere interpretare questa donna dal forte carattere. / Ich finde Käthe Dassler deshalb so spannend, weil sie auch schon damals sehr modern war. So wie ihr Mann Adi Dassler ein Pionier dieser Zeit gewesen ist, trägt auch sie eine Art Pioniergeist in sich. Sie hat sich eben nicht entschlossen, nur zu Hause zu sein und die Kinder zu versorgen, sondern in der Firma ihres Mannes mitgewirkt und ihn leidenschaftlich unterstützt. Das war schon sehr ungewöhnlich in dieser Zeit, da sich Frauen nicht in die Geschäftswelt vorgewagt haben. Das hat mich sehr beeindruckt. Natürlich sind wir Frauen heute mittlerweile weitaus häufiger in interessanten, höheren Positionen vertreten, aber immer noch nicht zum gleichen Teil wie Männer. Ich glaube, da könnten wir noch aufholen. Natürlich gibt es Unterschiede zwischen Mann und Frau – aber ich denke, dass Frauen Situationen oder Probleme auf Ihre Weise genauso gut lösen können. Daher hat es mir viel Freude bereitet, diese starke Frau zu spielen.

Secondo lei, cosa porta due persone come i due fratelli Dassler a rimanere per tutta la vita così ostinati e morire senza mai più rivolgersi la parola? / Was bringt, Ihrer Meinung nach, zwei Menschen wie die zwei Dassler Brüder dazu, ihr Leben lang so stur zu bleiben und zu sterben, ohne sich zu versöhnen?

Trovo che i due personaggi vengano raccontati in modo autentico in quanto nessuno dei due viene discreditato. Non si ha l’impressione, che la colpa ricada solo su Adi o solo su Rudi. Erano due fratelli che ad un certo punto hanno preso le distanze e non hanno più avuto fiducia l’uno nell’altro. Sono state varie piccole situazioni che hanno portato alla diffidenza reciproca. Al centro vi era una lotta concorrenziale, che li ha condotti a separarsi gradualmente. Io credo però che questo sia molto umano. Anche per questo motivo mi piace questa storia, perché ti fa commuovere e al contempo ti fa comprendere la situazione. Ad un certo punto si soffre insieme a loro, poiché certe situazioni analoghe le sperimentiamo in un certo qual modo tutti quanti: si perde l’occasione di chiedersi scusa a vicenda. Allora bisogna guardare avanti ed è triste qualche volta. / Ich finde die beiden Figuren eigentlich sehr authentisch erzählt, weil keine der beiden Figuren diskreditiert wird. Man bekommt also nicht den Eindruck, dass nur Adi oder nur Rudi die Schuld trägt. Es waren zwei Brüder, die sich irgendwann auseinandergelebt und nicht mehr vertraut haben. Es haben sehr viele kleine Situationen dazu geführt, dass sie einander nicht mehr vertrauen konnten. Es herrschte ein Konkurrenzkampf, in denen sich die beiden mehr und mehr auseinanderlebten. Das ist aber, glaube ich, auch sehr menschlich. Deswegen mag ich die Geschichte auch so, da man von den beiden berührt wird und sie versteht. Irgendwie leidet man mit ihnen, weil man ähnliche Situationen von sich selber auch kennt, in denen einfach irgendwann der Moment vergeht, in dem man vielleicht hätte Entschuldigung sagen können. Wenn dieser Moment vorbei ist, muss man einfach weitergehen und das ist manchmal traurig.

Che ruolo hanno le origini ucraine nella sua vita privata e professionale? / Was für eine Rolle spielen Ihre ukrainischen Wurzeln in Ihrem privaten und beruflichen Leben?

Sono nata a Odessa, ma sono giunta in Germania già all’età di sei anni. Avendo trascorso la maggior parte della mia vita qui, mi sento “molto tedesca”. D’altro canto, vi è anche una parte di me che appartiene all’allora Unione Sovietica: è naturalmente connaturata nella mia personalità. Sono le mie radici. A livello lavorativo fanno differenza perché ricevo ruoli versatili. È molto bello, perché ho una varietà di opzioni che facilitano la mia professione. / Ich bin in Odessa geboren, aber schon in meinem sechsten Lebensjahr nach Deutschland gekommen. Von daher habe ich jetzt den größten Teil meines Lebens  in Deutschland verbracht, also bin ich schon „sehr deutsch“. Anderseits gibt es auch einen Teil von mir, der zur damaligen Zeit noch die Sowjetunion war. Diesen Teil trage ich natürlich in mir. Das sind meine Wurzeln. Beruflich macht das deshalb einen Unterschied, weil ich viele Rollen angeboten bekomme, die vielseitig sind. Es ist natürlich schön, weil man da eine größere Brandbreite hat, von daher ist es mir beruflich entgegengekommen.

Si ricorda esattamente quando e perché ha deciso di divenire un’attrice? / Erinnern sie sich genau daran, warum Sie sich dazu entschieden haben Schauspielerin zu werden?

Abbastanza presto. Mia madre mi ha fatto fare un provino per il gruppo teatrale dei bambini del Friedrichstadt-Palast, che ho superato. Così ho iniziato a calcare i palcoscenici a partire dai sei anni. Già allora avevo capito di voler lavorare come attrice. / Das war schon ziemlich früh. Meine Mutter ließ mich vorsprechen für das Kinderensemble des Friedrichstadt Palast. Sie haben mich anschließend ins Ensemble aufgenommen. Und so habe ich ab dem sechsten Lebensjahr auf der Bühne gestanden. Schon damals habe ich mir gedacht: Wenn ich groß bin, möchte ich auf jeden Fall was auf der Bühne machen.

Il suo più bel ricordo professionale? / Ihre schönste Erinnerung in Ihrem beruflichen Leben?

Ve ne sono molti. Mi ricordo naturalmente del mio primo ingaggio. Il regista Carlo Rola mi ha preso per un episodio della serie poliziesca “Rosa Roth”. È stato eccitante. E poi il ruolo in “Im Angesicht des Verbrechens” – La regia semplicemente fantastica: Dominik Graf, che mi ha influenzato. Inoltre altri bei progetti ed incontri. Finora dal mio lavoro ho ricevuto tantissimi, fantastici regali. La parte nel film “Die Dasslers” è stato anche un regalo, perché è una storia interessantissima con personaggi complessi. Entrambi i registi Cyrill Boss e Philipp Stennert sono molto professionali e simpatici. / Es gab sehr viele, schöne Erinnerungen.  Ich erinnere mich natürlich an mein erstes Engagement. Regisseur Carlo Rola holte mich für einen Folge der Krimireihe  „Rosa Roth“ vor die Kamera. Das war natürlich aufregend.  Und dann die Arbeit an „Im Angesicht des Verbrechens“ – Die Regie  war klasse: Dominik Graf. Er hat mich geprägt. Darüber hinaus kommen auch andere schöne Projekte und Begegnungen dazu. Ich hatte bislang einfach ganz viele tolle Geschenke in meinem Beruf. Die Arbeit an  „Die Dasslers“ war ebenso ein Geschenk, weil es ist so eine sehr interessante Geschichte mit vielschichtigen Charakteren erzählt. Und die beiden Regisseure Cyrill Boss und Philipp Stennert sind  sehr professionell und sympathisch.

Secondo lei, le donne in Germania sono discriminate come attrici e registe? Si ha bisogno di una quota obbligatoria anche nell’industria cinematografica? / Sind Frauen, Ihrer Meinung nach, als Schauspielerinnen und Regisseurinnen in Deutschland benachteiligt? Braucht man auch eine Frauenquote in der Filmbranche?

Non so se solo ciò possa aiutare a risolvere il problema. Credo però che manchi molto la creatività femminile: posso parlare solo riguardo al mio ambiente, il cinema. Secondo le mie conoscenze nel campo della regia solo il 20% è rappresentato da donne… Possiamo recuperare… E non sarebbe una cosa negativa, se qualche volta le cose venissero raccontate da una perspettiva femminile sia a livello della sceneggiatura sia a livello della regia e della produzione. / Ich weiß nicht, ob das allein über das Geschlecht funktionieren würde. Ich glaube aber schon, dass es gerade in der Kreativwirtschaft noch an Frauen fehlt. Ich kann da nur von der Filmbranche sprechen. Meines Wissens sind dort aktuell nur etwas 20% durch Regisseurinnen vertreten… Da können wir aufholen! Und es würde auch nicht schaden, wenn ab und zu mehr aus Frauenperspektiven erzählt werden würde. In Bezug auf die Bücher oder auf die Regie oder Produktion.

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