Lo sguardo intuitivo - a colloquio con lo scrittore e fotografo ungherese Péter Nádas

di Emilio Esbardo

Riproponiamo gli articoli del Festival di Letteratura Internazionale 2012. Tra un po’ inizierà la nuova edizione.

La fanciullezza di Péter Nádas è traumatica, visto che perde sua madre nel 1955 a causa di un cancro e che suo padre si è suicide nel 1958 durante un ingiusto processo nei suoi confronti.

A prenderlo in custodia è la zia Magda.

Péter Nádas fa parte della generazione dei bambini cresciuti nel dopoguerra: ha visto la luce a Budapest nel 1942.

Come molti della sua generazione intraprende precocemente il mestiere di giornalista e fotografo (periodo durante il quale molti fotografi diventano delle vere celebrità).

Viene assunto dalla rivista Nök Lapja e dal quotidiano Pest Megyei Hírlap, dove lavora dal 1965 al 1969.

L’abbandono del giornalismo è una forma di autocensura. Infatti dopo l’invasione sovietica del 1968, Péter Nádas preferisce lavorare come scrittore piuttosto che per una stampa asservita alla dittatura comunista.

Il prezzo da pagare è l’onnipresente censura dei suoi scritti.


Il suo debutto letterario avviene nel 1967 con la pubblicazione del racconto “A biblia”, dove mostra il suo talento nel mescolare le vicende private dei protagonisti con gli aspetti storici. In questo caso parla dell’Ungheria stalinista di Mátyás Rákosi, dal 1945 al 1956 segretario generale del Partito comunista ungherese (con una punta di orgoglio era solito autodefinirsi “il miglior discepolo ungherese di Stalin).

Il suo primo romanzo intitolato “Fine di un romanzo familiare”, viene pubblicato nel 1977.

Péter Nádas dopo l'evento - Foto: Emilio Esbardo

In breve tempo Péter Nádas acquista moltissima popolarità fino ad essere considerato uno dei maggior scrittori ungheresi. Viene stimato soprattutto in Germania, dove le recensioni di Susan Sontag contribuiscono alla sua popolarità: la stessa ha definito il suo “Libro di memorie” come “bester Roman unserer Zeit” (“Il più grande romanzo del nostro tempo”).

Tutt’oggi mantiene la sua aureola di grande scrittore. C’era molta aspettativa per il suo arrivo all’edificio dei Berliner Festspiele, dove l’autore ungherese doveva introdurre “Lichtgeschichte”: una collezione di sue opere anni 1999-2004, tra cui i suoi scatti con la Polaroid ed un saggio sullo sguardo intuitivo.

La carriera intrapresa da Péter Nádas di scrittore, giornalista e fotoreporter è abbastanza rara ma non un caso isolato. Alcune persone sentono il bisogno di registrare su carta e visivamente le proprie esperienze. Fotografia e scrittura si completano a vicenda e non sono in concorrenza.

Per Péter Nádas i libri e le foto hanno la funzione di raccontare ciò che avviene attorno a lui, i fatti quotidiani come vengono percepiti da lui, inseriti, però, sempre nel loro contesto storico.

In Péter Nádas oggettività e soggettività si fondono perfettamente confluendo in grandi capolavori letterari e fotografici.

Nella raccolta “Lichtgeschichte” si scopre il fotografo ma anche il critico ed il curatore ungherese. Un convintissimo estimatore della fotografia in bianco e nero come si può già percepire dal titolo: “Lichtgeschichte” significa “la luce dei racconti”.

La luce ha un ruolo fondamentale nella fotografia in bianco e nero.

I primi approcci di Nádas con la fotografia sono iniziati quando, con la macchina regalatagli da suo zio, andava in giro per i luoghi danneggiati durante la seconda guerra mondiale.


Niente di più ovvio che utilizzare il bianco e nero per accentuare il senso di drammaticità, solitudine, abbandono e disperazione di quei terribili giorni. I volti disperati, le porte e le finestre, danneggiate, non fisse, che sbattono al ritmo del vento, oggetti dimenticati, sparsi per terra, descrivono l’atmosfera spettrale di quei giorni.

Dopo aver lavorato come fotoreporter alla fine degli anni ’60 ed aver abbandonato il mestiere in polemica con il governo dittatoriale comunista, ritorna a fotografare con la polaroid negli anni novanta.

Come molti fotografi della sua generazione, di questi grandi fotografi, divenuti delle vere e proprie celebrità, che lentamente stanno irrimediabilmente scomparendo, rifiuta l’avvento del digitale. Ed ecco che regala alle stampe questa preziosa raccolta con il suo saggio sulla fotografia e sull’importanza della luce.

Peter Nádas vive con sua moglie Magda Salamon a Budapest e a Gombosszeg. Durante la sua carriera ha ricevuto numerosi, prestigiosi premi quali il Premio Kafka, il Premio Statale Austriaco per la letteratura europea e il Leipziger Buchpreis zur europäischen Verständigung. Tra l’altro è anche membro dell’Accademia delle Arti di Berlino.

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