di Alberto Figliolia
lacrimogeni come perle di komboloi
ogni scoppio una preghiera
ogni preghiera un vecchio disfatto e
un bambino affamato
Là dove sono le grandi maree
non arrivano gli echi
degli spari né il pianto
delle vedove: il sole
di quest’estate abbacina le coscienze
Eppure eri bella, Atene
sei bella, Atene
eterna anche in questo dolore
sfranto
nell’orgoglio non piegato
nelle membra forti delle femmine
nelle chiome corvine per le vie
come nel mio ricordo
quando giovane salivo le strade
della Plaka
e il Partenone era un’idea infinita
fra marmo pentelico, polvere e cielo
e gli odori dalle taverne
erano un gioco fra passato e futuro
col presente mai vissuto abbastanza
Eri bella, Atene
sei bella, Atene
anche nel giorno stantio
di un Parlamento avvizzito
ancora più bella, Atene
fra birra a poco prezzo e crocchi di lamenti
così bella da perdersi per sempre
nella tua luce accecante
nelle tue rose ubriacanti
nelle tue notti solcate
dalle graffianti carezze del bouzouki
da radio improvvisate
nelle tue notti stordite
come la pelle della donna amata
su un letto di fortuna
in una pensione dai muri scrostati
(era ieri? era ora?)
mentre fuori le sirene rotolano
nell’aria camuffata
e la gente piange, Atene dal passo
musicale e ieratico
Atene dalle dolci catene socratiche
Atene costellata di spugne e retsina
o Atene, nostra Atene
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