Lunedì19 marzo si è tenuto a Berlino, presso il locale cult SO36, il concerto del gruppo italiano Subsonica, organizzato da TIJ EVENTS. La sala era gremita ed il pubblico, entusiasta, era in prevalenza italiano, attirato da una delle Band di maggior successo del momento del Bel Paese, che ha all’attivo circa 400.000 dischi venduti. Inoltre hanno ricevuto numerosi premi quali MTV Europe Music Award o Italian Music Awards. I Subsonica hanno iniziato la loro carriera a Torino nel 1996 e sono considerati una band musicale alternativa del rock italiano. Gentilmente, prima del concerto, Davide Dileo, il tastierista, ci ha concesso un’interessante intervista.
Quanta Torino c’è nella vostra musica?
C’è n’è tantissima. Non ci fosse stata Torino, non ci sarebbero stati i Subsonica. La nostra città ha molto in comune con Berlino: entrambe sono rinate dopo un periodo difficile. Berlino, a causa del Muro, Torino per “la morte” della Fiat. Dunque una ricostruzione delle due città sulle ceneri di qualcosa di diverso per incarnare comunque uno spirito culturale, multiculturale molto vivo. Torino si è sviluppata nuovamente grazie ai locali e alla voglia di risorgere, di abbandonare il ritmo della città fabbrica, di vivere la notte, di trovare e di creare posti, di permettere la circuitazione di arti a basso costo. Noi abbiamo visto tantissimi concerti negli anni ’90 ad un prezzo bassissimo. Cosa che nelle altre città italiane non è successo e continua a non succedere. Torino in questo ha avuto lungimiranza.
Quando è perché è nata l’idea di formare il gruppo?
Il gruppo è nato 15 anni fa dallo stimolo e dalle idee di 5 musicisti che si sono messi insieme in un periodo di fermento musicale, in cui la musica elettronica iniziava a diventare meanstream. Noi abbiamo deciso di formare la nostra band per cercare di ricreare con gli strumenti la stessa attitudine di fisicità che puoi avere quando sei in un assolo con un dj, che all’epoca suonava con i dischi. Adesso la tecnologia è altra. Quella è stata allora la nostra sfida: mortificare un pochino il musicista al fronte del fatto di suonare meglio delle macchine.
Cosa vi porta a scrivere una canzone?
Scriviamo quello che vediamo. Vogliamo raccontare la realtà. Non è un caso che il nostro primo singolo s’intitola Istantanee. Noi abbiamo sempre cercato di fotografare quello che vediamo, tra suoni e parole, quello che succede intorno a noi, cerchiamo di fotografarlo su disco.
Siete stati accusati di commerciabilità? Cosa risponde?
Noi non abbiamo capito cosa sia esattamente. Non vedo quale sia il problema in una persona che fa musica, cercare di farla ascoltare a più gente possibile. Non abbiamo rimorsi, anzi, abbiamo una coscienza solida perché facciamo musica solo quando vogliamo e facciamo la musica che vogliamo, quindi siamo dei privilegiati. Ci rendiamo conto di questo e ne siamo grati, perché abbiamo trasformato la nostra passione nel nostro mestiere.
Perché il nome Subsonica?
Subsonica nasce dall’idea di mescolare l’attitudine del suono, quindi quella sonica alle frequenze basse che sono quelle dei subwoofer.
Siete stati già a Berlino, qual è la vostra impressione della città?
Alcuni componenti del gruppo ci sono già stati, altri no. La nostra impressione comunque è quella di una città perfettamente europea. Ci sentiamo a nostro agio nonostante arriviamo dall’Italia, che è molto più caotica. È una città ordinata però allo stesso tempo colorata, piena di multiculturalità, nel senso migliore del termine, perché c’è integrazione. Siamo felici di essere in una metropoli così viva culturalmente.
Qualche aneddoto su Battiato?
È una persona dolcissima e eccezionale. Oltre ad essere stato un musicista pioniere, a cui guardano ancora adesso molti cantautori e giovani che provano a fare l’elettronica. Quando gli abbiamo chiesto di cantare insieme a noi, se n’è uscito con una frase meravigliosa: che cosa posso fare per voi? Ha dimostrato di essere grande anche nell’attitudine e non solo nell’arte.
Quali sono i vostri progetti futuri?
Continuare a concentrarci sul nostro tour attuale dopodiché ci dedicheremo al disco nuovo.
di Emilio Esbardo
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