Intervista a Massimo Mannozzi: proprietario del locale italiano più famoso a Berlino, fondatore del Premio Bacco e amico di personalità internazionali

Massimo Mannozzi è sicuramente una delle personalità italiane di rilievo più importanti a Berlino. Con l’apertura del suo ristorante Bacco nel 1968 è considerato il pioniere della cucina toscana in Germania. Il suo locale è divenuto immediatamente un punto di ritrovo di personalità del mondo dello spettacolo e della politica. Qui sono venuti a mangiare personaggi come Helmut Kohl, Roberto Benigni, Romy Schneider, Lino Banfi, Rita Levi-Montalcini, Pelé, Gorbaciov, Cossiga, Sophia Loren, solo per citarne alcuni. Come “Ambasciatore di cultura”, è stato insignito della decorazione al merito della Repubblica Federale Tedesca nel 2002.

In precedenza, nel 1995, era già stato nominato Cavaliere della Repubblica. Tra gli eventi culturali più rilevanti, da lui realizzati, bisogna ricordare gli Incontri Berlinesi e la Notte delle stelle. Nella manifestazione Incontri Berlinesi vengono regolarmente invitati importanti personaggi che parlano di sé e del loro operato e rispondono alle domande dei giornalisti presenti. La Notte delle stelle è una serata di gala, inserita nell’ambito della Berlinale, Festival internazionale del cinema, durante la quale viene assegnato il Premio Bacco dai critici e dagli inviati italiani.

Danny DeVito - Foto: gentile concessione del signor Massimo Mannozzi

Il riconoscimento è destinato agli artisti che hanno interpretato l’intensità dei valori del cinema come specchio della vita. Massimo Mannozzi mi ha accolto gentilmente per un’interessante intervista nell’ufficio del suo ristorante Bacco in Marburger Straße. Il locale è accogliente e molto caratteristico. Le pareti sono tappezzate dalle foto delle persone famose che hanno mangiato nel ristorante. Anche suo figlio è divenuto famoso, seguendo le orme del padre, aprendo il proprio locale Bocca di Bacco.

Signor Mannozzi, è per amore che si è trasferito a Berlino?

Sì, mi sono trasferito in questa città il ’61, non ricordo bene se immediatamente prima o dopo la costruzione del Muro, perché avevo conosciuto in Svizzera una ragazza berlinese e l’amore mi ha portato a mettere radici qui.

Michail Gorbaciov - Foto: gentile concessione del signor Massimo Mannozzi

In precedenza che lavori ha svolto?

Da ragazzo iniziai a lavorare come mozzo e ho avuto la possibilità di conoscere luoghi molto belli come Barcellona, le Isole Canarie, Rio De Janeiro, Montevideo, Buenos Aires. Nella capitale argentina prendevamo il fiume Río de la Plata fino a Rosario, dove caricavamo il gran turco che portavamo in Italia. Trasportavamo anche prodotti come mais o carne congelata. Dall’Italia invece esportavamo macchine della FIAT. Buenos Aires mi è rimasta impressa per i suoi immensi vialoni. Io avevo solo 16 anni, provenivo da Viareggio, una cittadina, e giungere in queste metropoli era una grande emozione. È stata un’esperienza durata quasi un anno e mezzo che mi ha reso un uomo. Per caso, in uno di questi viaggi mi misero a lavorare in cucina perché l’aiuto cuoco si era ammalato ed è così che iniziò la mia passione per la ristorazione. Ritornato in Italia decisi di iscrivermi alla scuola alberghiera. Essendo molto bravo mi proposero di lavorare in Svizzera: sei mesi di scuola e sei mesi di lavoro. Lì m’innamorai della ragazza in portineria. Ho seguito questa ragazza a Berlino, con la quale sono poi convolato a nozze.

Si è dunque trasferito direttamente a Berlino?

No, prima ho vissuto a Düsseldorf, dove ho lavorato come cuoco in una mensa per militari inglesi in un albergo, il cui direttore era mio fratello. Poi ho stazionato sette-otto mesi a Kassel prima di trasferirmi definitivamente a Berlino.

Rita Levi Montalcini - Foto: gentile concessione del signor Massimo Mannozzi

Quando ha aperto il ristorante Bacco?

Nel ’68 ho aperto il ristorante Bacco, che ha avuto immediatamente successo: si era sparsa la voce che la cucina era molto buona. Qui venivano a mangiare personalità del mondo dello spettacolo e della politica. L’attrice Romy Schneider era di casa. Il locale è rimasto immutato, è sempre lo stesso sin dalla sua inaugurazione. Non ho mai apportato nessun tipo di cambiamento.

Perché ha chiamato il suo locale Bacco?

Perché è un nome corto. Rimane immediatamente impresso nella memoria e poi perché Bacco, Dio del vino, secondo me, rappresenta un po’ tutto il bello della vita.

Pierce Brosnan - Foto: gentile concessione del signor Massimo Mannozzi

Che cosa ordinavano maggiormente da mangiare i suoi clienti?

A quei tempi andava molto forte il coniglio alla cacciatora (come lo faceva mia mamma), i ravioli fatti in casa, i tagliolini paglia e fieno. Poi sono venuti i tagliolini al tartufo. Fui tra i primi ad importare il tartufo dall’Italia. Allora non si conoscevano la rucola, le melanzane, i carciofi. Andavo a fare la spesa al mercato della frutta e verdura, e chiedevo: “perché non mi portate dall’Italia questo, questo e questo?”. Fu così che, ogni tanto, iniziai a ricevere due-tre cassette di prodotti introvabili come melanzane o il radicchio di Treviso. Adesso a Berlino si trova di tutto.

Lino Banfi - Foto: gentile concessione del signor Massimo Mannozzi

Personaggi dello spettacolo?

Sophia Loren è eccezionale. Mi ricordo che quando le abbiamo comunicato che l’avremmo premiata con il Premio Bacco, ci chiese se la statuetta fosse d’oro. Noi soldi per una cosa del genere non ne avevamo. Quando le abbiamo mostrato, però, la scultura ha esclamato: “È veramente bella, la metterò in mezzo ai miei due Oscar”. Romy Schneider veniva molto spesso e molto spesso la riaccompagnavo a casa con la mia macchina o a bere qualcosa in discoteca. È accaduto di frequente che mi chiamasse all’una di notte per telefono insieme al famoso attore svizzero Bruno Ganz, dicendomi: “Massimo, abbiamo voglia di mangiare spaghetti”. Io mi alzavo dal letto ad aprire il locale per loro. Un giorno Romy si è presentata con sua figlia, che aveva uno sguardo molto triste. Io per tirarla su, le ho fatto il gioco di prestigio di far apparire e scomparire sulle sue mani delle palline. Alla fine quando le ho fatto apparire delle caramelle si è messa a ridere. La Schneider mi ha detto: “complimenti era da tanto tempo che non la vedevo allegra”, e poi ha aggiunto: “Massimo questa estate voglio venire nel tuo albergo in Toscana. Voglio riservare per me l’intero ultimo piano. Non voglio vedere nessuno. Ho bisogno di riposare per due-tre mesi”. È stata l’ultima volta che l’ho vista perché un po’ dopo è morta.

Com’è nata Notte delle Stelle?

Ad un tavolino nel mio locale. Da dieci-quindici anni, tutti i critici italiani s’incontravano nel mio ristorante, durante il festival internazionale del cinema: c’era il corrispondente del Corriere della Sera, quello del Mattino etc. Poi io proposi: “perché non creiamo noi un premio, in concomitanza con il festival del cinema, assegnato dai critici italiani?”. Il primo anno la scultura, creata da Fulvio Pinna, fu assegnata a Jerry Calà. Il secondo anno a Monicelli e a Sophia Loren. Poi alla Cardinale, a Gina Lollobrigida e via dicendo.


Helmut Kohl - Foto: gentile concessione del signor Massimo Mannozzi

Chi si ricorda più volentieri?

Ce ne sono stati tantissimi. È difficile dirlo. Monicelli era un personaggio fenomenale e poi era viareggino come me. Paolo Villaggio è un uomo pieno d’umore e scherzoso, anche privatamente, come Benigni. Mi ricordo che Roberto, incontrando i suoi amici giornalisti durante la Berlinale, si sedeva a tavola con loro e raccontava barzellette. Difficilmente scorderò Alberto Sordi, che è stato nella giuria del festival di cinematografia. Prima di lasciare la città mi ha chiesto di accompagnarlo al KaDeWe (il cui sesto piano, fornito di oltre 34.000 prodotti alimentari, è il più grande nel suo genere al mondo), dove voleva fare un po’ di spesa per organizzare una festa con tipica cucina tedesca al suo ritorno a Roma. Si appoggiava a me perché già non stava bene di salute, però quando incrociavamo qualcuno che lo riconosceva, mi mollava e iniziava a camminare dritto. Nel grande magazzino c’erano chilometri di wurstel e di affettati tedeschi. Sordi si è avvicinato al bancone e ha detto: “mi dia due di queste, altre due di queste, e un po’ anche di quest’altro”. Alla fine ha speso in tutto 17 marchi e 50 centesimi di salsiccia. Mi è venuto spontaneo chiedergli: “ma Alberto, che quantità compri?”. E lui hai risposto: “ho ancora qualcosa nel congelatore di casa mia”. Era veramente tirchio. Forse era una festa dov’era invitata solo sua sorella.

Francesco Cossiga - Foto: gentile concessione del signor Massimo Mannozzi

Come ha percepito il Muro?

Quando sono giunto a Berlino avevo 19 anni e non capivo molto bene la situazione. Era una cosa inaudita. Mia moglie aveva dei parenti che abitavano nella parte est. Ogni tanto andavo a trovarli.

Della comunità italiana di allora cosa mi può raccontare?


Eravamo pochissimi. C’erano 5 o 6 ristoranti italiani. Qualche pizzeria. Berlino ovest era un’isola all’interno della Repubblica Democratica. Si stava bene, si pagavano meno tasse. Noi stranieri siamo sempre stati ben accolti sin dall’inizio. Non c’è stato mai razzismo. “Berlino”, io dico sempre, “è la morte degli italiani”, perché quando si viene qui una volta, ci si rimane per sempre.

Pelè - Foto: gentile concessione del signor Massimo Mannozzi

L’ordine al merito della Repubblica tedesca e il titolo di cavaliere?

Nel 2002 sono stato insignito della decorazione al merito tedesca. Penso di essere l’unico italiano in Germania ad averla ricevuta da gastronomo: normalmente la danno a musicisti, scrittori famosi, a personalità di un certo livello. Il motivo è perché io diffondevo la cultura con il mio evento “Incontri Berlinesi” e per aver ideato il “Premio Bacco”. Per quattro anni hanno controllato anche in Italia se io pagassi le tasse, se tutto fosse in regola. Il titolo di cavaliere l’ho ricevuto nel 1995.

di Emilio Esbardo

Sylvester Stallone - Foto: gentile concessione del signor Massimo Mannozzi

Roberto Benigni - Foto: gentile concessione del signor Massimo Mannozzi

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