Massimo Esposito e i colori del Mondo - l’intervista al pittore

Massimo Esposito, figlio di un pittore professionale di origini partenopee, è nato a Ferrara nel 1957. Dopo essersi diplomato al liceo artistico, aver frequentato l’Accademia delle Belle Arti a Ravenna ed aver lavorato come disegnatore pubblicitario, inizia i suoi avventurosi viaggi in giro per il mondo per “soddisfare la sua curiosità di conoscere i colori del mondo”. È stato nel Sud-est asiatico, Africa, Europa del nord, Stati Uniti, mantenendosi con lavori come quello di mozzo e affinando le sue tecniche di pittura. Massimo, oggi pittore affermato, vive dal 1986 in Portogallo, dove è membro tra l’altro della “Sociedade Nacional de Belas Artes”.

Nella sua vita ha partecipato a numerose mostre e ricevuto premi e riconoscimenti. Finora non è mai stato a Berlino, una città che come ci ha confessato è un punto di riferimento della cultura europea e dove gli piacerebbe esporre. Noi del Nuovo Berlinese saremmo felicissimi se questo suo desiderio si realizzasse.

Massimo Esposito in India

 Massimo, tu sei nipote di un restauratore e figlio di un professore di pittura e pittore professionale. Hai iniziato la tua carriera artistica per emulare i tuoi familiari o per vocazione?

Per nessuna delle due ragioni. Alle elementari m’interessava scrivere racconti e poesie ma alle medie ho conosciuto un gruppo di alunni che disegnavano e uscivano da scuola per dipingere all’aria aperta. L’idea mi piacque talmente tanto che ho cominciato a disegnare anch’io. All’inizio è stata dura perché non ero molto pratico. Così se gli altri facevano un disegno io ne facevo tre.

Essere figlio d’arte è stato una sofferenza o un privilegio?


Tutte e due. Una sofferenza perché quando ho cominciato a dipingere vivevo sotto le pressioni di mio padre, “dovevo fare sempre di più e meglio”… e questo é stato anche un privilegio perché così mi sono esercitato con maggior accanimento. Inoltre avevo già uno studio a disposizione, dove non mancava nulla: cavalletti, tele, colori e libri. A parte le pressioni debbo aggiungere che mio padre mi ha lasciato anche molta libertà nelle decisioni personali: potevo disegnare di notte, o all’alba, fare incisioni o modellare la creta e così via.


Tu hai studiato anche fotografia. Ti ha influenzato in qualche modo nel tuo lavoro di pittore?

Senz’altro. La foto ti aiuta a comprendere la composizione, a calibrarla e a “sentire” i toni. Senza contare che mi piace la macro e questo aiuta a veder i particolari.

Un'opera di Massimo Esposito

Il nome del tuo sito web è www.pittoreitaliano.com – Ma dal 1986 tu hai fissa dimora in Portogallo. Ti senti ancora, nonostante tutto, un pittore italiano? Quanta italianità c’è nelle tue opere?


Sono Italianissimo e sono conosciuto piú come “pintor Italiano” che come Massimo Esposito. Non posso essere di nessun altra nazione (anche se ho vissuto in India, Marocco, Svizzera, Malesia, Brasile e naturalmente in Portogallo). Mangio spaghetti, ascolto Pino Daniele e Zucchero, mi piace il rinascimento Italiano. Ho tutti i vizi e le virtù di un partenopeo nato a Ferrara e che ha studiato a Urbino. Nelle mie opere c’è sempre un po’ d’Italia: la cura nel disegno (dal liceo artistico di Ravenna), nei colori (anche se ultimamente il Brasile mi ha portato ad utilizzare colori più vivi) e da un po’ di tempo sto applicando tessere di vetro di murano nei miei quadri a olio (reminiscenza dei mosaici di Ravenna). Mi piace molto provare nuove tecniche, sono l’unico che dipinge a olio su sughero, dipingo con olio di oliva su tela e cartoncino e faccio acquerelli con “Vino rosso”.

Tra il 1989 e il 1991 hai avuto successo con inaugurazioni di sfilate, musiche e azioni teatrali. Credi che esista un’arte che comprenda tutte le altre arti o come direbbe Wagner un’arte totale?

Certamente. Proprio nelle ultime mostre sui miei 25 anni in Portogallo, ho incluso un video realizzato su una mia idea: applicazioni informatiche, interventi teatrali, musica, conferenze di storia e naturalmente gastronomia Italiana. Per me l’arte è un tutt’uno. Non ci può essere divisione sull’espressione artistica, non esiste un’arte migliore di un altra. Ci sono solo “operatori” diversi, io sono pittore, c’è il musicista, il poeta, l’attore ma tutto si integra e così tutto si sviluppa.

Tu hai lavorato per varie ditte a Ravenna come disegnatore pubblicitario. Nel tuo curriculum si legge: “Stanco del lavoro pubblicitario e abbracciando la sua vocazione artistica” – Rimpiangi di aver lavorato come disegnatore pubblicitario? Credi che sia stato un periodo inutile della tua vita?

Assolutamente no! Tutte le esperienze hanno qualcosa di positivo. Ho imparato come avvicinarmi al “cliente”, come programmare un lavoro o una campagna, ho intensificato la cura per il particolare. Naturalmente, poi, ho “lasciato” perché non avevo la libertà di espressione che desideravo, il pecunio parlava più alto della armonia visuale.

Con l'amico Sandrino ad Ischia

Sempre nel tuo curriculum si legge “pretendendo soddisfare la sua curiosità di conoscere i “colori del mondo”, ha viaggiato nel Sud-est Asiatico, Africa, Europa del nord, Stati Uniti, affinando le sue tecniche e arricchendo così il suo “magazzino di immagini”. Potresti raccontare qualcosa di caratteristico, di rilevante che hai vissuto e visto di questi luoghi che tu hai visitato?

Ci sarebbe molto da parlare ma riassumendo l’India è stato um “punho nello stomaco” bellissimo. Mi ha aperto gli occhi e il cuore, i colori mi hanno invaso il cervello e molte cose sono cambiate dopo il primo viaggio. Mi sono staccato da quell’idea di “carriera”, di accumulare cose per il futuro. Ho iniziato ad assaporare il momento (positivo e negativo) e a staccarmi dalle cose ovvie, e poi pensa che ho letto Siddartha in quel viaggio… Il Brasile è vita e allegria, la Svizzera e la Finlandia sono pulizia e coordinazione, la Malesia è un esempio di convivenza pacifica. Sumatra mi ha fatto tornare ai tempi remoti e ai ricordi “Salgariani”, il silenzio rumoroso del Sahara é unico, ma devo dire che tutti i posti che mi hanno accolto mi hanno lasciato un odore, un colore o un’esperienza che fanno parte del mio puzzle. I viaggi che ho fatto come mozzo sui mercantili mi hanno fatto capire come siamo piccoli e fragili in un mondo così grande e così bello.

Che tipo di vita hai condotto durante questi viaggi?


Sopratutto di scoperta. Sono andato in India per starci 15 giorni e sono rimasto quasi sette mesi. Ho ridotto le spese al massimo e trovavo maniere di fare un po’ di soldi, disegnavo e commerciavo piccole cose: in Svizzera ho fatto l’autista in alta montagna, in Marocco mi ha ospitato un amico che vendeva vestiti a Milano Marittima, e poi in quel periodo si girava in autostop e l’aereo costava poco. Naturalmente non dormivo in grandi alberghi o viaggiavo in executive. Come ho detto prima ho anche fatto il mozzo e questo mi ha permesso di viaggiare e guadagnare per altri viaggi.

C’è anche qualche aneddoto divertente o storia interessante di questo periodo che vorresti raccontare?


Una di queste è quando nel ’79 con un compagno Italiano e uno Svizzero sono stato fermato alla frontiera tra l’Algeria e il Marocco. Siamo stati perquisiti. Il mio amico svizzero aveva “preso” un piccolo ricordo da un treno algerino (c’erano i Russi in quel periodo): ci hanno fatto stare nudi per 4 o 5 ore fuori dalla stazione della polizia in pieno deserto prima di decidere cosa fare di noi. Alla fine ci hanno lasciato andare, confiscandoci però i nostri soldi algerini. O quando in Kerala, in India, sono stato invitato da un amico orafo al suo matrimonio. È stato difficile trovare qualcosa di decente da indossare per l’occasione, visto che vivevo in spiaggia in quel periodo. Dopo la cerimonia lo sposo mi ha presentato alla “numerosa” famiglia, rivelando che ero ritrattista: ho passato ore a fare ritratti e a mangiare riso con le noccioline. Un altro episodio rilevante è accaduto al mio ritorno da un lungo viaggio di tre mesi. Ero a Barcellona e non avevo un soldo. Mi sono recato in una cartoleria sulla “Rambla” e ho chiesto di vendermi un blocco da disegno e alcuni carboncini. All’inizio i proprietari mi hanno guardato storto. Poi quando ho spiegato che mi servivano per disegnare davanti alla loro vetrina, si sono detti d’accordo. Con i disegni e i ritratti, in 15 giorni, ho pagato l’albergo, il ristorante e il viaggio di ritorno (e il blocco con i carboncini naturalmente…).

Quali luoghi ti hanno influenzato di più nel tuo lavoro artistico?


Il Brasile mi ha cambiato la tavolozza, colori più vivi e puri, l’India l’interiorizzazione del progetto, la luce del Portogallo ha ampliato la mia visione dei particolari.

Massimo Esposito con un gruppo di amici artisti a Ravenna

Chi, invece, a livello umano ed artistico ti ha influenzata nel tuo percorso di vita?


Ho preso un po’ da tutti gli artisti che mi hanno preceduto. Soprattutto dai rinascimentisti, dagl’impressionisti e dai surrealisti, da mio padre come pittore–artigiano e mio mentore, dal mio professore di scultura, Bucci, per la gioia di vivere la creazione dell’opera. Da Hesse, Neruda e Jorge Amado nella letteratura. Come persone dal mio amico “Sandrino” per la sua amicizia senza confini, dai Riksha-mens di Calcutta che tutti i giorni spingono la loro carrozza e mia moglie per l’appoggio incondizionato.

Potresti spiegarmi meglio la definizione sopracitata “i colori del mondo” e “magazzino di immagini”?


Ci sono luoghi dove certi colori sono predominanti: l’ocra e i gialli nel Sahara, il verde in Amazzonia, gli azzurri a Fernando di Noronha o il bianco a Santorini. Questi colori e certe immagini li vedo entrare in un magazzino, o riposti in “archivi” dove la nostra memoria li dispone catalogandoli per una futura visione: a volte in sogno o in un “flash” mi tornano in mente e li posso usare in varie maniere.

Quali temi tratti nelle tue opere e perché? Come definiresti la tua arte?


Non so più “definire” la mia arte perché é in continua evoluzione e ritraggo quello che vedo e sento: può essere un fiore che mi solletica la fantasia, come il corpo di una donna o un paesaggio ma può anche essere un concetto o una sensazione (una delle mie ultime opere si chiama “la condizione della cultura oggi”). Ogni giorno quando ci svegliamo, abbiamo qualcosa di differente da ieri o da domani, per questo oggi dipingo questo e domani un’altra cosa.

Che emozioni provi quando dipingi?

Euforia, allegria, eccitazione, voglia di gridare e di ballare… felicità pura.


Sempre nel tuo curriculum si legge che stai sviluppando progetti di turismo culturale. Di cosa si tratta esattamente?

Ho organizzato alcuni viaggi con amici e alunni in Italia dove faccio da guida artistica e gastronomica. Passiamo bei momenti, dove si imparano varie cose e aumentano lo spazio nel nostro “magazzino”.

Guardando un quadro, senza conoscerne l’autore, è possibile riconoscere se è stato realizzato da un uomo o da una donna?

Sì e no. La donna è sempre più meticolosa e attenta ai particolari (vedi le acquarelliste inglesi o americane), ci sono delle donne realiste che fanno quadri eccezionali ma che forse sono, per me, troppo perfetti. L’uomo è più espressivo, sfrutta il momento e il gesto… ma naturalmente in arte tutto quello che si dice è vero, ma è vero anche il contrario e ci sono donne che sono delle artiste esuberanti e ci sono uomini di una noia infinita. Io non sono capace di riconoscere al 100% se un’opera è di una donna o di un uomo.

Il modo di fare arte in Italia è differente da quello europeo?

Io non vivo più in Italia oramai da molti anni, ma il proprio carattere insito di una nazionalità si ripercuote sull’espressione artistica. Nessun tedesco userebbe i colori come un Brasiliano, o uno scultore giapponese non lavorerebbe il legno come un africano. Noi artisti Italiani siamo profondamente influenzati dall’arte italiana dei secoli passati, non possiamo sfuggire. Questo lo si nota dai colori, dalle forme e dalle composizioni. Naturalmente ci sono sempre delle eccezioni alla regola… fortunatamente.

Secondo te l’arte potrebbe cambiare il mondo?


Frase forte! Ma potrebbe influenzare beneficamente la storia. Io sto lottando per ottenere più spazio, più visibilità per noi artisti. Comunicando le nostre idee possiamo fare percepire all’individuo (che fa parte del popolo di una nazione, dell’umanità) come veniamo usati come burattinai, come ci si vuole imporre un determinato stile di vita. Gli artisti sono conosciuti per essere “diversi”, per avere uno stile di vita “diverso”: ma questo “diverso” vuol dire individuale, che valuta l’individuo, la sua idea, che è un po’ differente dall’altro, ma che si tollera, che si modifica senza pretese di superiorità o di orgoglio nazionale. Si credo fermamente che se ci fosse più cultura ci sarebbe più tolleranza e pace. L’ignoranza uccide!

Hai in programma di realizzare un’esposizione anche a Berlino? Sei mai stato in questa città? Se sì, cosa ne pensi?

Berlino è stata una delle poche città in Europa che non ho ancora visitato, ma che mi ha sempre solleticato. È chiaro che mi piacerebbe esporre in una città che è punto di riferimento della cultura europea. Se ci fosse una possibilità, accetterei con allegria. Il futuro è sempre imprevedibile, fortunatamente!

di Emilio Esbardo

Un'opera di Massimo Esposito

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