Terremoto politico in Europa - Le reazioni a caldo della stampa europea il giorno dopo le elezioni - “Gli stranieri sono amici, che ancora non abbiamo avuto il piacere di conoscere”

Foto: Emilio Esbardo

Il populismo, che con le sue soluzioni semplici a problemi complessi, tirando fuori dal cilindro magico la linea politica dell’anti-immigrazione, assume un atteggiamento decisamente forte, che segnerà le agende politiche fondamentali del futuro. I radicali hanno ottenuto circa più del 20% dei voti, con risultati notevoli in numerosi Paesi (dall’articolo di Claudi Pérez “Los Radicales avanzan en Europa” del quotidiano El País di lunedì 26 maggio).

È con grande curiosità che il giorno dopo le elezioni, mi sono recato dal giornalaio per acquistare le copie dei maggiori quotidiani europei, per analizzare il risultato elettorale e le reazioni al voto.


I titoli si sono concentrati soprattutto sulla sconvolgente vittoria di Marine Le Pen, leader del Front National dal 2011, che ha come scopo principale mettere il bastone tra le ruote al progetto europeo, criticato anche da molti altri partiti politici sia di destra che di sinistra. Un grafico completo dei partiti antieuropeisti è stato pubblicato nel sito della rivista tedesca Spiegel Online: http://www.spiegel.de/politik/ausland/a-972319.html

Bernd Lucke negli studi della ZDF a Berlino il 25 maggio - Foto: Emilio Esbardo

“Nonostante tutto il guadagno complessivo dei voti a favore degli estremisti”, evidenzia El País in un altro articolo intitolato La eterogeneità dei populisti, “vi è nell’aria l’intenzione di Le Pen, la grande vincitrice di questo blocco antieuropeo, di unificare in un unico gruppo gli eurofobi nel parlamento europeo, per avere possibilità di finanziamento e una certa unità di azione, che al momento sembra mancare. Per crearlo è necessario riunire un minimo di 25 deputati provenienti da sette nazioni differenti”.

Se il successo enorme degli euroscettici è stato argomento comune dei media di distinti Paesi, ognuno di essi ha però evidenziato tematiche distinte tra di loro.

Ad esempio, in Spagna la grande preoccupazione dei politici e dei giornali era quella di persuadere i cittadini a recarsi a votare. El País ha sottolineato, con grande sollievo, che la partecipazione alle urne è cresciuta (anche se di poco) ribaltando i pronostici. A tal proposito è da citare la frase di George Jean Nathan riportata dal quotidiano spagnolo a rafforzare l’importanza del voto: “I cattivi governanti sono eletti da buoni cittadini che non votano”.

Martin Schulz il 3 luglio 2013, a Berlino, in Cancelleria, durante una riunioni di numerosi Capi di Stato, per discutere sull’eccessiva disoccupazione giovanile in Europa - Foto: Emilio Esbardo

I media britannici, a differenza di tutti gli altri, hanno dato scarsa importanza alle votazioni europee. Nell’edizione del lunedì di The Guardian, a parte il titolo in prima pagina con la foto di Nigel Farage, il leader dell’Ukip, sono state dedicate due pagine scarse all’argomento. L’Ukip, euroscettico, è il Partito per l’Indipedenza del Regno Unito, fondato nel 1993.

La Repubblica, che ha dedicato ben 19 pagine alle elezioni europee, ha forse descritto meglio il fenomeno Farage e le sue conseguenze, rispetto ai media britannici:

Nel giorno del suo trionfo, scoppia l’ennesima polemica nel partito di Farage, un cui membro, appena eletto consigliere comunale, definisce i gay come «dei pervertiti». Ma per il momento Farage si gode la vittoria, la repentina trasformazione da “pagliaccio”, come lo chiamava Cameron, a nuovo re della politica britannica (dall’articolo di Enrico Franceschini Farage il “clown” ora fa il re: “Via dalla Ue” dell’edizione di lunedì 26 maggio di La Repubblica).

Matteo Renzi e Angela Merkel a Berlino il 17 marzo 2014 - Foto: Emilio Esbardo

La stampa italiana ha evidenziato invece la voglia di ripresa e di fiducia che ha toccato soprattutto due Paesi in crisi: la Grecia e l’Italia.

Sempre citando La Repubblica, in prima pagina, si legge:

Dunque non tutto è perduto, in questa Italia stremata e fino a ieri sospesa tra il sogno autarchico della “decrescita felice” di Grillo e l’incubo tecnocratico dei commissari della Troika europea. C’è ancora una grande speranza, per smitizzare il primo e scongiurare il secondo. E quella speranza si chiama Pd. Il Pd di Matteo Renzi che, se i risultati della notte saranno confermati, ha conquistato le europee con un plebiscito senza precedenti nella storia repubblicana – se non quello della Dc di De Gasperi negli Anni ’50 – (dall’articolo di Massimo Giannini Stavolta lo tsunami si chiama PD dell’edizione di lunedì 26 maggio di La Repubblica).

Non molto dissimile è la descrizione che La Repubblica fa della Grecia nell’Articolo di Daniele Mastrogiacomo Nel paese della crisi che si affida alla sinistra “Torniamo a sperare”:

La Grecia tramortita dalla crisi, falcidiata dalla disoccupazione, svuotata di illusione e di progetti, si aggrappa ad un risultato che ha la forza di un faro nel buio della disperazione. Il cambiamento è possibile. Esiste un’alternativa. L’Europa può cambiare. Nuove urla, ancora applausi, ancora trombe che soffiano gioia e trionfo.

Inoltre in La Repubblica vi è un titolo che, con la schiacciante vittoria del PD in Italia, invoca ciò che Italia e Grecia richiedono con disperazione da moltissimo tempo, ossia: Una Ferita nel cuore dell’Europa – Vacilla il rigore tedesco.


Per quanto riguarda la Germania ho preso a campione l’Handelsblatt, quotidiano di economia e finanza, che da subito, ha evidenziato le preoccupazioni con cui i mercati seguono le rapide trasformazioni politiche, che stanno travolgendo il continente europeo. Nell’articolo in prima pagina “La scelta del tormento”, si marca l’affermazione del presidente della Confindustria tedesca Ulrich Grillo:

Solo se tutti i Paesi continuano i loro processi di riforme, la politica può riconquistare, ovunque in Europa, la fiducia perduta.

Inoltre in questo articolo, l’Handelsblatt accentua il malessere dell’egemonia tedesca in Europa, che avrebbe portato al successo i partiti nazionalisti ed estremisti:

Sul continente europeo vi è una diffusa lamentela “sull’egemonia tedesca”, la rabbia di più di 20 milioni di disoccupati in Europa e non per ultimo l’insistenza di capi di governo come Angela Merkel, che non vogliono cedere ulteriori competenze al Parlamento europeo e alla Commissione europea.

David McAllister (CDU) negli studi della ZDF a Berlino il 25 maggio - Foto: Emilio Esbardo

Secondo i media tedeschi, anche se la CDU di Angela Merkel, ha ottenuto quasi lo stesso risultato elettorale delle elezioni nazionali dello scorso anno, ha in realtà accusato una sconfitta.

Infatti il suo partito gemello Bavaro, la CSU ha perso una montagna di voti. I veri vincitori di queste elezioni, sono stati, dunque, l’SPD, grazie alla figura carismatica di Martin Schulz e il partito euroscettico AfD (Alternativa per la Germania), che ha ottenuto il 7% dei voti a circa solo un anno dalla sua fondazione. Durante la serata nella trasmissione televisiva del canale nazionale tedesco ZDF, ho incontrato Bernd Lucke, il fondatore di Alternativa per la Germania, che trasudava soddisfazione da tutti i pori della pelle.

In Francia il quotidiano Le Figaro ha intitolato a lettere cubitali: SÉISME (terremoto). In Le Monde in prima pagina risultava la scritta: Le triomphe du Front national dévaste le paysage politique français (Il trionfo del Fronte Nazionale devasta il paesaggio politico francese).

Secondo il politologo Pascal Perrineau, intervistato da Le Monde, a causare questo forte clima antieuropeista, è stata la crisi economica e sociale, il drammatico aumento della disoccupazione in Francia e la mancanza di fiducia nella classe dirigente, incapace di risolvere i problemi:

“Vi sono delle cause generali e delle ragioni più specificatamente francesi”, afferma Pascal Perrineau, “La profondità della crisi economica e sociale ha scatenato una reazione molto forte tra le classi più colpite dalla crisi. Bisogna aggiungere un intenso disagio verso i politici considerati impotenti e lontani dalle preoccupazioni della popolazione (dall’articolo “Jamais un président n’a été réduit à une base électorale aussi ténue”).

In generale, quando ho letto i giornali, sono stato pervaso da un senso di timore per l’avanzata di movimenti che cercano soluzioni nel razzismo. È molto preoccupante dover analizzare testi seguenti, come quello di La Repubblica, accentuato in tutti gli altri quotidiani:

L’estrema destra populista ha vinto in Francia, in Danimarca il primo partito è antiimmigrati, in Austria l’Fpö è terzo ma con il 20% dei suffragi. E poi c’è il risultato del M5S in Italia, l’Ukip quello di Nigel Farage in Gran Bretagna. (…) La vittoria di Tsipras in Grecia (26%) si  accompagna al 9% dei neonazisti di Alba Dorata; in Spagna socialisti e popolari ottengono solo 30 seggi (ne avevano 47) e il movimento nato dagli Indignados fa il suo ingresso a Bruxelles con cinque rappresentanti. Solo in Germania le spinte populiste sono contenute. (dall’articolo di Repubblica “Avanza l’ultradestra – tengono i moderati – Draghi: Ora risposte”).


Ancor preoccupante è quando, poi, approfondendo l’argomento, si legge in articoli come quelli di El País:

La maggior parte dei leader di Aurora Dorada è in carcere in attesa di giudizio per differenti capi d’accusa. Per il Governo e la maggioranza degli osservatori indipendenti Aurora Dorada è un’organizzazione neo-nazista a carattere mafioso, coinvolta in tutti i tipi di reato (dall’articolo di El País “Triunfo de la izquierda antiausteridad griega”).

Tragica e triste, di memoria hitleriana, invece, è stata la sparatoria al museo ebraico a Bruxelles, che ha ferito gravemente una persona.

Forse la soluzione sta nella risoluzioni dei problemi, utilizzando il buon senso, smorzando i toni, allontanandosi dai pregiudizi populisti, che parlano alla “pancia” e non alla “testa” delle persone.

In questo periodo così drammatico per il continente europeo, c’è bisogno di una politica tendente alla diplomazia, che riporti le popolazioni a riavvicinarsi tra di loro. Angela Merkel, Matteo Renzi e tutti i capi di Stato hanno la grande responsabilità di riportare fiducia nel continente europeo e di continuare a garantire quella pace duratura iniziata al termine della Seconda Guerra Mondiale. Perché se le cose peggiorano, le conseguenze potrebbero essere catastrofiche, il nostro continente potrebbe essere incendiato dall’odio dell’uno verso l’altro, dall’intolleranza e da un accecante razzismo, che potrebbe significare solo una parola: GUERRA.

I politici dovrebbero, dal mio punto di vista, riportare giustizia sociale e ricreare quella classe media, che sta scomparendo in Europa. Ricerca, Cultura e Formazione sono alla base di una società civile, che crea posti di lavoro e benessere diffuso.

Una corretta informazione è fondamentale alla lotta contro i movimenti estremisti sia di destra che di sinistra.

Una corretta informazione ed una buona politica potrebbero ricreare le fondamenta di un Europa dove trapelino solo messaggi di amore e di fratellanza tra le persone.

Perché a pensarci bene aveva ragione Nikolaus Enkelmann quando affermava che “gli stranieri sono amici, che ancora non abbiamo avuto il piacere di conoscere”.

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