Un freddo e soleggiato giorno di ottobre - Intervista a Giovanni Allevi

Il 18 ottobre, di fronte ad una platea entusiasta, è terminata l’avventura berlinese di Giovanni Allevi, che si è esibito presso lo storico edificio dell’Admiralspalast, un famoso luogo d’intrattenimento degli inizi del novecento della città. Il giorno precedente è stato presentato il suo ultimo libro Classico Ribelle nella libreria Mondolibro. Gli eventi sono stati organizzati da Tij Events. Giovanni Allevi è uno dei pianisti italiani più conosciuti al momento. Nel 2007, ad esempio, il suo quarto album Joy è stato insignito del disco d’oro, per aver raggiunto la vendita di 50.000 copie. 

Allevi si è diplomato nel 1990 al conservatorio di musica F. Morlacchi di Perugia con il massimo dei voti e nel 1998 ha conseguito la laurea in Filosofia con la tesi “Il vuoto nella Fisica Contemporanea”. Dopo il concerto ci ha cortesemente concesso un’interessante intervista sulla sua musica e sulla sua vita.


Giovanni Allevi in concerto a Berlino - Foto: Emilio Esbardo

Maestro, nella sua musica, che è molto autobiografica, si percepisce molta positività ma anche un po’ di sofferenza, di conflittualità e un velo di malinconia come in un freddo e soleggiato giorno di ottobre.

Ottobre è il mio mese preferito. Quando esce il sole è stupendo. Mi hai fatto venire i brividi sulla pelle perché è proprio così. Una musica solare ma sempre con una punta di malinconia, perché vive in un’anima scombinata. Io soffro di panico, di ansia e sarà anche per questo motivo che compongo questo tipo di musica.

La sua musica è molto evocativa, si percepisce un flusso d’immagini e di emozioni. Quali sono le immagini che vede e cosa sente mentre suona?

La cosa migliore da fare sarebbe quello di non pensare a niente e di abbandonarsi completamente al suono. Stasera però c’erano delle immagini che non posso assolutamente dimenticare e il suono dell’applauso, questo affetto da parte del pubblico. I sorrisi e le emozioni delle persone, che ho incontrato anche dopo il concerto. Vorrei aggiungere che il pianoforte era bellissimo. Avrei voluto portarlo via con me.

Giovanni Allevi in concerto a Berlino - Foto: Emilio Esbardo

La sua musica riflette, a parer mio, persino la sua filosofia, i suoi studi filosofici. Ad esempio nel brano, che ha suonato stasera, l’Orologio degli Dei, che descrive il passaggio dall’eternità all’esistenza con l’inizio del primo battito cardiaco. Questo battito lo trasmette nella sua musica?

Sì. Suonandolo c’è proprio questo incedere ritmico che ricorda il battito cardiaco. L’idea è proprio quella di prendere coscienza del proprio cuore, del proprio vivere e del proprio essere. Siamo come delle schegge di paradiso. Noi veniamo da lassù e là dobbiamo ritornare.

Potrebbe raccontare qualcosa della sua vita e descrivere nei dettagli il suo tipo di musica?


La mia è una vita molto banale: vivo in un piccolo bilocale al centro di Milano, non mi interessa fare vita mondana, non ho nemmeno l’automobile. Vesto sempre allo stesso modo e mangio le stesse cose. Passo tutto il tempo a scrivere la mia musica, e per questo quasi non ci dormo la notte. Se devo darne una definizione, è “Musica classica contemporanea”, cioè un linguaggio che usa le forme classiche della tradizione, e che ingloba in esse contenuti presi “a prestito” dal mondo che mi circonda.

Giovanni Allevi ringrazia il pubblico a fine concerto - Foto: Emilio Esbardo

È stato per caso che lei è divenuto musicista o da sempre è stato il suo desiderio predominante?


Tutto è iniziato a cinque anni. A casa c’era un pianoforte chiuso a chiave: mi era vietato suonarlo. Ma io avevo scoperto dove era nascosta la chiave e il divieto aveva scatenato in me un desiderio che non mi ha mai più abbandonato.

Quando ha capito che si sarebbe potuto affermare come pianista?


Il giorno del mio ventunesimo compleanno ho fatto il mio primo concerto in una importante sala a Napoli. Vennero a sentirmi solo cinque persone! Eppure mi regalarono dei bellissimi applausi e tanto entusiasmo. Quella notte capii che la musica era la mia vita. Oggi, quando scrivo musica, cerco di farmi influenzare il meno possibile da altri musicisti.

Cosa la porta a comporre un pezzo musicale?

Il pezzo stesso! E’ la musica che improvvisamente viene a trovarmi e mi chiede di essere seguita e sviluppata secondo la sua volontà. Per questo l’ho definita la “strega capricciosa” che ha monopolizzato la mia vita. Guai a piegarla a logiche di mercato, alle aspettative della critica o renderla secondaria a immagini di film: si offenderebbe!

Giovanni Allevi dopo la presentazione del suo libro presso la libreria Mondolibri - Foto: Emilio Esbardo

Che emozioni prova quando è sul palco?

Una gioia infinita, pura, profonda. Muoio di paura all’idea di salire sul palco. Però quando la paura mi abbandona, c’è l’affetto del pubblico e una voce dentro di me, che mi dice che sono nel posto giusto, a fare la cosa giusta.

Che cos’ha la musica in più delle altre forme d’arte?


Purtroppo è impalpabile e una volta eseguita svanisce. Si ricomincia sempre da capo. Non credo che abbia qualcosa in più; ogni forma d’arte esprime l’infinito che è dentro l’essere umano.

Quando è sul palco, molte volte, la sua continua gestualità potrebbe far credere che lei stia facendo del teatro. Io credo, invece, che sia dovuto alla sua timidezza. Cosa ne pensa?

Quella gestualità è una ritualità, una liturgia. Io ho bisogno di fare quelle presentazioni per trovare ancora di più la concentrazione. Ho deciso di essere sempre me stesso con tutta la mia timidezza e con tutti i miei difetti.

Di solito le persone vedono negli uomini di successo una vita fatta solo di soddisfazioni. Io credo che non sia così, dietro ogni successo si cela anche una vita fatta di gavetta, di privazioni, dove molto spesso si tocca il fondo. Ha qualcosa da raccontare a proposito?


Non sono un uomo di successo, ma una persona che ha avuto il coraggio di inseguire un sogno, senza sapere ancora dove mi porterà. Certo, i rischi e i sacrifici sono stati tanti, come i numerosi concerti con pochissimo pubblico, i tanti anni passati a studiare pianoforte, composizione e filosofia, le critiche che ricevo dal mondo accademico… Ma sono sempre stato animato da un grande entusiasmo! Anche quando ho vissuto per anni in un monolocale facendo il cameriere per pagarmi l’affitto e nessuno voleva saperne di me e della mia musica, mi sentivo un privilegiato, perché avevo scelto il sogno!

Se si ascolta un pezzo musicale, senza sapere chi è a suonarlo, si può affermare se è una donna o un uomo?


Sinceramente no. Ma si può capire se quella persona ha sofferto i graffi della vita o se ha vissuto in un ambiente protetto. Solo nel primo caso la sua musica è in grado di raggiungere il cuore.

Di Woody Allen come musicista cosa ne pensa?

Woody Allen l’ho apprezzato alla follia per i suoi libri come Saperla lunga e Citarsi addosso. Sono dei capolavori. Lì è il suo genio. I film li ho capiti più tardi. E la musica ancora più tardi.

Suonerebbe con lui?

Perché no? Lo amo talmente tanto che se ci fosse una possibilità, non mi tirerei certamente indietro.

Secondo lei, la musica può cambiare il mondo?

L’uomo può cambiare il mondo, purché accetti il rischio di inseguire i propri sogni e raggiunga la consapevolezza che anche “una sola goccia può cambiare l’oceano”.

Conosce bene Berlino? Se sì, quali sono le sue impressioni sulla città?

Ho un ricordo indelebile di Berlino. Nel 2007 ho avuto l’onore di fare un tour con la Philarmonische Camerata Berlin: suonavamo la mia musica per orchestra. Fui invitato a Berlino a fare la prima prova con loro, in una sala della Philharmonie. Per un piccolo ritardo del mio volo aereo arrivai all’appuntamento venti minuti dopo. La porta era chiusa e loro avevano già iniziato a suonare il mio brano “Angelo Ribelle”, che fino ad allora non avevo mai sentito, se non nella mia testa. Rimasi con l’orecchio appoggiato a quella porta in preda ad una forte emozione, senza trovare il coraggio di entrare, per non interromperli. Sentirli suonare la mia musica, con quella passione, è stata una delle gioie più grandi della mia vita.

Quali sono i suoi progetti futuri?

Ora c’è il tour europeo col pianoforte solo, che terminerà a primavera in Giappone. Poi, se troverò le forze, inizierò un nuovo progetto con l’orchestra sinfonica. A dir la verità, tra i miei progetti futuri c’è l’intenzione di mangiare una bella pizza, magari proprio questa sera. Credo proprio che lo farò!

testo e foto di Emilio Esbardo

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