Drum - Una redazione contro l’Apartheid in Africa

di Giulia Bianchi

Nel 2004 è stato girato il film Drum, la cui trama si basa prevalentemente su Jürgen Schadeberg e sul suo amico Henry Nxumalo. La pellicola è una produzione tedesco-sudafricana-americana. L’azione si svolge a Sophiatown un quartiere di Johannesburg, ai tempi dell’Apartheid, negli anni ’50. Al centro della storia ruota la redazione della rivista Drum, i cui giornalisti erano composti sia da bianchi che da uomini di colore. A recitare la parte del redattore Henry Nxumalo è Taye Diggs; nella parte del redattore per la fotografia Jürgen Schadeberg c’è Gabriel Mann. Altri personaggi importanti sono i giornalisti Todd Matshikiza e Can Themba. Naturalmente nel film appare, anche se solo in qualche parte, la figura di Nelson Mandela, che apre però, la prima scena della pellicola durante una lotta di box.

Il film ci mostra da subito la florida scena jazz, espressione di libertà e di comunicazione tra la popolazione di colore, nei vari club di Sophiatown. All’inizio essa era abitata dai bianchi. In seguito divenne un luogo di rifugio dei “neri” che dopo la prima guerra mondiale, vennero allontanati dal centro della città. Dopo la seconda guerra mondiale divenne l’unica zona di svago per gli abitanti di colore: era il nucleo della cultura, della musica e dell’arte nera. In uno dei due cinema del posto si esibivano i Jazz Epistles, che divennero conosciuti insieme al loro leader Hugh Masekela.

Nel 1953 si votò il decreto Group Areas Act, il quale vietava che gruppi di diversa etnia potessero abitare in una stessa area e che comportò dunque all’allontanamento forzato, nel 1955, dei neri da Sophiatown, una cui parte della popolazione era composta da bianchi. Nel 1963 furono abbattuti gli edifici per dare alla luce un nuovo sobborgo con il nome Triomf, parola afrikaans, che significa trionfo. Soltanto dopo la fine dell’Apartheid, nel 2006, Mandela ridiede il nome originario al sobborgo.

Lo sgombro di Sophiatown è una delle ultime e centrali scene del film. Prima però, vengono mostrati altri episodi simbolo di quel periodo. Così incontriamo figure tipiche del luogo come il killer Slim, intervistato da Nuxmalo per volere dell’editore Jim Bailey. Schadeberg fotograferà Slim proprio mentre uccide un’altra persona.

Sempre attraverso i reportage di Nuxmalo, che si era fatto assumere sotto finte spoglie, veniamo a conoscere le tristi condizioni dei lavoratori in una fattoria di patate, privati dei loro documenti e frustati da un uomo a cavallo durante le loro mansioni. Schadeberg riesce a scattare una foto delle frustate, che farà parte della copertina della rivista insieme al resoconto di Nuxmalo.
In seguito Nuxmalo si farà addirittura imprigionare, per poter raccontare le condizioni disumane e umilianti dei detenuti. Anche in questa occasione Jürgen riuscirà a fare degli scatti. La maggioranza dei prigionieri non erano dei criminali; avevano commesso azioni, che sarebbero state legali in qualsiasi altro paese democratico, come quello di uscire di casa dopo le ore 22.00 o rivolgere la parola ad una donna bianca. Alla fine Nuxmalo, sarà vittima di un attentato. Nel 2004, durante le riprese in Sudafrica, il produttore della pellicola è stato ucciso con un colpo di pistola alla testa.

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