di Emilio Esbardo
Film.
Film di ogni genere che raccontano di sogni, speranze, sofferenze, gioie, delusioni di ognuno di noi. Storie di ieri, di oggi e di domani, riflesse su una tela gigantesca che mi hanno fatto sorridere di fronte a situazioni comiche, appassionare di fronte ad eventi emozionanti, trasalire di fronte ad episodi violenti.
Abbandonarsi alla visione di numerosi film è fare una riflessione sull’umanità, su ciò che eravamo, su ciò che siamo e in che direzione ci muoviamo: è percepire di non essere soli con i nostri sogni, speranze, sofferenze, gioie, delusioni; che ciò che ognuno individualmente vive e sente è comune a tutte le altre persone. Ciò che varia è il rapportarci agli eventi che ci accadono quotidianamente.
È con un senso di stupore e di curiosità che io, a livello personale, ho partecipato alle numerose visioni di pellicole del festival dedicato alla cinematografia di Berlino e Brandeburgo “Achtung Berlin”, giunto alla 13sima edizione.
Ho assistito ad ogni proiezione esattamente con lo sguardo di meraviglia ed incredulità dei primissimi spettatori della storia del cinema, che non si capacitavano di avere di fronte ai loro occhi delle immagini in movimento.
Joseph Conrad, autore del 1800, si è sempre chiesto quale potesse essere la massima espressione artistica; l’arte che comprendesse tutte le arti. Il grande scrittore era giunto alla conclusione che potesse essere la musica. Oggi si potrebbe affermare che sia la cinematografia.
Un film per me è una sorte di miracolo, è il risultato visibile e tangibile di una visione del mondo da parte del suo ideatore; il modo personale di reagire e di raccontare un evento, un fatto da parte dell’artista, il quale lo filtra con la sua verità.
Nella prefazione al libro Il negro del “Narciso” di Joseph Conrad, considerata il manifesto artistico dello scrittore, si legge:
(…) L’arte stessa può definirsi un tentativo sincero di rendere la massima giustizia all’universo visibile, con il porre in luce la verità molteplice e una che sta sotto a ogni sua apparenza. È il tentativo di scoprire nelle sue forme, nei suoi colori, nella sua luce, nelle sue ombre, nelle apparenze della materia e nei fatti della vita, ciò che in ciascuno di essi è fondamentale, ciò che è durevole ed essenziale –la loro qualità unica, determinante e chiarificatrice- la verità stessa del loro esistere. L’artista, quindi, al pari del pensatore o dello scienziato, cerca la verità e rivolge il suo richiamo (…)
Il negro del “Narciso” è stato pubblicato nel 1897 ossia appena due anni dopo dalla prima première cinematografica della storia. Era il 28 dicembre 1895, quando 35 persone paganti hanno preso posto nel locale “Salon indien”, che si trasformò, per un pomeriggio, nel primo cinema pubblico a livello mondiale.
La sala era stata affittata per 30 franchi dal fotografo Clément Maurice su commissione dei fratelli Lumière, che già il 22 marzo 1895 avevano mostrato il primo film della storia intitolato “L’uscita dalle officine Lumière” – un cortometraggio di 50 secondi – introducendo così la loro invenzione presso la “Société d’encouragement pour l’industrie nationale”.
Il 28 dicembre antecedente alla proiezione pubblica, era stata organizzata una prova generale con un pubblico d’invitati, composto per lo più da giornalisti, gente dello spettacolo, scienziati e fotografi.
Tra gli ospiti scelti vi era anche Georges Méliès, il direttore del Théâtre Robert-Houdin, che per niente sorpreso dal “grande telo bianco”, espresse il cattivo commento al suo vicino di posto: “Per quale motivo siamo venuti qui! Per immagini proiettate da una lanterna magica! Le mostro da 10 anni”. Méliès, aveva appena terminato di parlare, quando di fronte agli occhi delle persone a bocca aperta, iniziarono a scorrere immagini in movimento; uomini e carrozze magicamente si muovevano davanti a loro.
Ad un certo punto della proiezione, gli inesperti spettatori, vedendo avvicinarsi un treno a grandissima velocità, credendo che sarebbero stati investiti, urlarono dalla paura. Georges Méliès, considerato dai posteri come l’inventore della regia cinematografica, tentò di acquistare immediatamente e senza successo la nuova invenzione dei fratelli Lumière.
È con questo senso di stupore e di curiosità dei primi spettatori cinematografici dopo 122 anni, che io osservo una pellicola interessante. La magia del cinema e le piacevoli serate tra proiezioni, servizi fotografici, laboratori cinematografici, feste, matinée e brunch in una città come la capitale tedesca, mi hanno fatto apprezzare ancor di più il festival “Achtung Berlin”.
Uno degli eventi più interessanti è stato il tour video “Il festival su quattro ruote” (“Das rollende Festival”). In giro su un autobus i partecipanti hanno visitato i posti più singolari dove sono stati girati i film classici berlinesi, mentre su uno schermo scorrevano gli spezzoni video corrispondenti ai luoghi di ripresa. Presenti erano anche protagonisti di film in concorso, che hanno svelato molti retroscena e curiosità.
Achtung Berlin, giunto alla tredicesima stagione, è un festival dedicato al nuovo cinema berlinese e brandeburghese. Quest’anno si è tenuto tra il 19 e il 26 aprile 2017; sono stati presentati 80 nuovi produzioni, che hanno spaziato dai documentari alle commedie, dalle biografie ai drammi, dai lungometraggi ai cortometraggi, dalle pellicole commerciali alle pellicole artisticamente più pretenziose dal budget ridotto ma dalla produzione indipendente. Tutti i film avevano in comune una produzione totale o parziale locata a Berlino o nel Brandeburgo. Erano presenti attori e registi famosi ma anche moltissimi artisti emergenti.
Accanto ai film in gara, vi erano quelli inseriti in sezioni molto interessanti come BERLIN HIGHLIGHTS, che raggruppano pellicole distanti dal mainstream; BERLIN DOCUMENTS, con pellicole che raccontano storie di prima mano ambientate nella capitale tedesca; BERLIN SERIES, come dice il titolo serie attuali promosse a Berlino.
Molti film, che ho visto, trattavano una delle tematiche più sentite a livello internazionale: la crisi economica ed esistenziale. Ormai le persone hanno compreso che “c’è qualcosa che non va nel mondo”. Le popolazioni percepiscono di far parte della cosiddetta microeconomia, contrapposta alla macroeconomia, a cui appartiene una élite, l’1% delle persone della terra, che possiede quasi tutti beni del nostro pianeta; esattamente come viene detto esplicitamente da uno dei personaggi della pellicola “MANDY – DAS SOZIALDRAMA”:
Noi facciamo parte della microeconomia. La classe sociale superiore ha bisogno della povertà tra le classi inferiori. È come se si fosse all’opera, dove i ricchi osservano i poveri dai palchi superiori.
È forte il desiderio tra le gente di riconsiderare il denaro come un bisogno e non come una ricchezza da accumulare.
NEUKÖLLNER JUNGS – BIST DU BEATLES ODER STONES? (SEI BEATLES O ROLLING STONES? I RAGAZZI DI NEUKÖLLN) è un documentario sugli amici d’infanzia Atze, Henne, Henny, Lutze e Wolle, bambini del dopoguerra, cresciuti nel quartiere berlinese di Neukölln e trasferitisi in seguito nella Germania ovest. Oggi in pensione, hanno raccontato la favola dei ragazzi del periodo del miracolo economico dei Paesi europei dopo il conflitto bellico.
Si definiscono uomini di sinistra delusi dal sistema capitalistico estremo, generatosi dopo il fatidico 1989. Hanno avuto una gioventù spensierata, la loro generazione è cresciuta con i valori della solidarietà e dell’amicizia. Lavorare per il mero scopo di accumulare soldi o avere amicizie legate esclusivamente ad interessi pecuniari non era di moda.
Singolare è il fatto, che a differenza dei loro contemporanei, che si trasferivano a Berlino, città alternativa, essi si sono trasferiti nella Germania dell’Ovest:
“Siamo andati in Francia in vacanza per vedere Bridgit Bardot” hanno detto, “e quando siamo ritornati, sapevamo già cosa volevamo: via da questa metropoli circondata dal Muro, via nel mondo libero. Così siamo emigrati”. Il documentario è interessante per conoscere i mutamenti avvenuti nel quartiere di Neukölln.
La regia del documentario è stata condotta da Wolfgang Ettlich, classe 1947, originario di Berlino, che lavora anche come scrittore, redattore e produttore. Ha realizzato altri due film: “Meine Reise in die DDR – 25 Jahre später” (2016); “Die Neumann’s – So ist das Leben” (2010).
Se io non posso mutare lo stato delle cose in una società intera, almeno provo a farlo in piccolo con me stesso…
È questa l’affermazione di uno dei membri della comune RAKETE PERELMAN, che è anche il titolo del film diretto da Oliver Alaluukas e che ha come protagonisti Liv Lisa Fries, Tobias Lehmann, Gordon Kämmerer, Stefan Lampadius, Kail Müller, Anne Haug, Afrika Brau e Oliver Bröcker. Essi interpretano una collettività di ragazzi in una struttura abbandonata nello Stato Federale del Brandeburgo.
In un luogo lontano dalla civilizzazione, ispirato alle comuni sessantottine, i personaggi vivono sostenendosi reciprocamente, rifiutando il sistema capitalistico attuale. La quotidianità scorre lentamente e la convivenza è apparentemente pacifica e cordiale. I problemi nascono dalla necessità di procurarsi soldi per il mantenimento della struttura. Vivere senza il bisogno di guadagnare soldi appare con il tempo un’utopia…
STRASSENKAISER del regista Florian Peters si ricollega alla tematica degli altri due film. Nel mondo capitalistico, il grande tenta di distruggere il piccolo e di inglobarlo nella sua struttura se i suoi affari vanno bene, anche nell’ambito della criminalità organizzata. Attraverso gli occhi del dodicenne Noah, interpretato da Lennard Adabra, e di Samuel criminale di strada, interpretato da Matthias Wackrow, ci aspetta un viaggio tra le vie e i cortili berlinesi durante il Carnevale delle Culture. Un film a tratti divertente, a tratti tragico, con un finale terribile, che porta a chiederci perché siamo sulla terra, cosa ci facciamo, qual è il nostro scopo…
MANDY – DAS SOZIALDRAMA (Mandy – dramma sociale) racconta la storia di una ragazza, appunto Mandy che vuole realizzare un film, dove lei interpreta la parte della giovane protagonista; una ragazza bisognosa di soldi per sostenere la sorella handicappata, la sua amica turca e il suo amante spacciatore di droga. Il film è diretto da Aron Craemer, classe 1968, originario di Francoforte ed autore del romanzo “Gute Nacht”. Ad interpretarlo: Mandy Rudski, Nadine Dubois, Eva Bay, Volkram Zschiesche, Melanie Schmidli, Rike Schmid, Karim Cherif, Andreas Frakwoiak e Anne Haug. Ulteriori pellicole di Aron Craemer: Halbe Stunde (2014), Khodorkovsky (2011), Achterbahn (2009), Lange Nacht (2007), Sommerhundesöhne (2005), Helden (2004).
VÂNĂTOARE: altro film che racconta di personaggi che appartengono alla mondo della microeconomia. Le protagoniste sono delle ragazze, alcune madri, costrette a prostituirsi per mantenere se stesse e le proprie famiglie. Il film è stato diretto da Alexandra Balteanu, che dopo un’accurata ricerca sull’argomento, ha realizzato un lungometraggio che si potrebbe inserire nel filone neorealista italiano.
Vânătoare inizia con una delle protagoniste Lydia, intrepretata da Corina Moise, mentre uccide un piccione, con il quale prepara il pranzo per suo marito e i suoi due figli. Le immagini successivi a questa scena sono un racconto sulla durezza della vita e sulla disumanizzazione delle persone povere. Vi è addirittura una guerra tra poveri: un poliziotto confisca il denaro che Lydia ha guadagnato come prostituta su una strada anonima che collega la campagna con Bucarest per acquistare un regalo ai propri figli.
Denisa, interpretata da Iulia Lumânare, vende il proprio corpo perché il suo ragazzo ha bisogno di un nuovo paio di scarpe da tennis. Vanessa, interpretata da Iulia Ciochină, nonostante il suo lavoro, non ha ancora rinunciato ai suoi sogni: spera di incontrare un principe azzurro con gli occhi verdi.
Il realismo del film lo si percepisce grazie a molte scene improvvisate in luoghi realmente esistenti come quello di un bar in una stazione di servizio, il cui proprietario ha interpretato se stesso.
TEMPEL racconta le storie terribili che si celano dietro l’apparente calma di una città. Tempel è il nome del protagonista, di professione badante, che rischia di divenire una vittima della gentrificazione a Berlino, che sta causando il trasferimento forzato delle persone più povere dal centro città in periferia e la rivalutazione in quartieri di lusso di luoghi un tempo popolari. Attraverso gli occhi del protagonista, interpretato da Ken Duken, veniamo a conoscenza di storie tristi come quella di una anziana signora, ammalata gravemente, che chiede a Tempel di procurarle la morte.
Tempel è una serie televisiva, di sei puntate, prodotta da ZDF e diretta da Philipp Leinemann. Altri attori sono: Chiara Schoras, Michelle Barthel, Thomas Thieme, Maximilian Brauer, Antje Traue, Isolda Dychauk, Hiltrud Hauschke, Arnel Taci, Aleksandar Jovanovic.
È stato un lavoro molto coraggioso quello di Christine Franz nella realizzazione del suo documentario BUNCH OF KUNST: per realizzarlo ha investito tutti i suoi risparmi senza sapere se ne avrebbe tratto qualche profitto.
“C’è gente che spende tutti i suoi soldi per comprarsi una casa di proprietà”, ha affermato dopo la visione, “io per realizzare un mio progetto artistico”.
Christine Franz, redattrice musicale e autrice della rivista pop “TRACKS” del canale televisivo Arte, ha seguito per anni il cantautore Jason Williamson, ex lavoratore in una fabbrica di polli e il polistrumentista Andrew Fearn – componenti del duo Sleaford Mods – dai loro inizi fino ai loro successi, accompagnandoli in tour in giro per l’intero continente europeo.
I Sleaford Mods, insieme al loro manager Steve Underwood, hanno rifiutato categoricamente di seguire le regole del mercato musicale attuale, dominato dalle grandi agenzie e case editrici. Jason Williamson, a differenza dei suoi coetanei, sciorina versi “proletari”, che parlano direttamente ai lavoratori dimenticati dal sistema capitalistico e costretti a lavori duri e poco remunerati. Il motto della band è “Fucking the Mainstream” e sostengono una vera e propria cultura di classe. Nelle interviste dei dopo concerti del documentario, gli spettatori rispondevano semplicemente: “A noi piacciono i versi dei Sleaford Mods, perché parlano della nostra situazione, e senza grandi giri di parole dicono direttamente che i manager cacano sui lavoratori, se ne fregano altamente di essi”.
Jason Williamson ha descritto così la sua esperienza presso la fabbrica di polli: “Credo che questo lavoro sia già stato descritto da Dante nell’Inferno”…
Nel documentario “VERDAMMT NOCHMAL BERLIN – FUCKING CITY RIVISITED”, che tratta la vita artistica del regista Lothar Lambert, vengono descritti in modo molto dettagliato e fedele i tratti caratteristici della città divisa dal Muro.
Lambert, berlinese doc, classe 1944, ha sempre vissuto e lavorato nella sua città natale. A partire dal 1972 fino ad oggi ha girato all’incirca 40 film con budget molto bassi o addirittura senza produttore. Ciò gli ha dato il vantaggio di immortalare nelle sue pellicole luoghi e persone scomparse definitivamente. I suoi film sono già materiale importante per gli storici: li ha sempre ambientati in luoghi reali, mai riprodotti in studi; i suoi attori sono gente conosciuta per strada. Non ha mai fatto richiesta per i permessi per filmare, sorta di delitto in ambito cinematografico.
Vi è una scena nel documentario dove Lambert ferma un uomo di colore. Il dialogo si svolge in questa maniera:
(…)
(Lambert): Vorresti recitare per me?
(Uomo di colore): Non sono un attore
(Lambert): Non cerchiamo attori bensì neri
(Uomo di colore): Non giro porno
(Lambert): Cerchiamo semplicemente essere umani
(…)
Lothar Lambert è considerato “König des Undergrounds” ossia il re della scena underground berlinese. I suoi film hanno descritto senza veli la vita erotica della Berlino divisa dal Muro, divenuta famosa per la scena sessuale selvaggia, senza limiti e amorale, con sadomaso e omosessualità. Il suo film “Berlin Harlem” (1974) è stato vietato ed è stato proiettato per la prima volta nel 2016 alla Berlinale.
Sono rimasto colpito dalle bellissime immagini dell’epoca in bianco e nero o a colori con dominanti di colori ad esempio in giallo e in blu. Lothar Lambert ha definito la sua città nella migliore delle maniere: “Fräulein Berlin”, “La signorina Berlino”.
SHORT TERM MEMORY LOSS è un film a tratti drammatico, a tratti comico, a tratti romantico diretto da Andreas Arnstedt.
L’attrice Veronica Ferres interpreta magistralmente la parte di Annett; una parrucchiera con un debito di 30.000 euro, costretta a lavorare saltuariamente per badare al proprio marito, Ronald, un ex pugile, che a causa di un incidente soffre di “Memoria a breve termine”: il suo cervello ha la capacità di conservare una piccola quantità di informazioni per un arco di tempo di soli 20 secondi.
Ronald, interpretato da Oliver Stokowski, deve essere accudito 24 ore su 24. La cassa mutua paga solo parzialmente per tali malattie e considera Oliver come una persona indipendente perché riesce a vestirsi e a mangiare da sola.
Annett, ormai abbandonata da tutti – anche da suo figlio Constantin (interpretato da Constantin von Jascheroff), il quale vorrebbe accettare una borsa di studio all’estero -nonostante il grandissimo amore che prova per il marito, decide di staccarsi da lui, affidandolo alle cure di una struttura specializzata che affaccia sul mare in Spagna, i cui prezzi sono relativamente bassi.
Anche in questo film vengono descritti personaggi legati al mondo della micro economia; personaggi imprigionati nei loro destini di vita precaria, inconsapevoli di essere vittime di un sistema capitalistico, i cui freddi tentacoli soffoca e tiene assoggettate le masse.
Come si evince dalla descrizione dei film che ho fatto finora, in molte proiezioni vi sono, in forma maggiore o minore, come comune denominatore la crisi economica ed esistenziale del nostro tempo. Per questo credo che questo festival sia ben riuscito, perché con produzioni indipendenti, ha mostrato pellicole che riflettono le nostre società in modo sincero.
Naturalmente vi era una scelta variegata, per tutti i gusti, con tematiche del tutto differenti.
Ad ogni edizione vi è una retrospettiva dedicata ad un grande attore: quest’anno è stato omaggiato Michael Gwisdek, che ha compiuto 75 anni. Al pubblico sono state offerte quattro visioni, tra cui DER TANGOSPIELER alla presenza dell’attore, circondato da fotografi e fan.
Per il suo ruolo dello storico Dallow, un fumatore incallito, caduto in disgrazia ed incarcerato nella DDR, ha ricevuto il riconoscimento di Miglior Attore del “Deutscher Filmpreis”, il più importante premio cinematografico tedesco.
A proposito del film Gwisdek ha dichiarato: “Fumo tantissimo, perché ho la sensazione che la mia vita è a un punto morto… per questo molte sigarette… non succede niente… sono in attesa di avere una vita più eccitante”.
Der Tangospieler è stato diretto dal regista Roland Gräf. Altri attori: Corinna Harfouch, Hermann Beyer, Peter Prager, Peter Sodann, Reiner Heise, Jaecki Schwarz.
FREDDY/EDDY è il primo lungometraggio di Tini Tüllmann, regista nata il 1977 a Monaco. Esso racconta la storia del pittore famoso Freddy, interpretato da Felix Schäfer, la cui vita prende una piega negativa quando viene denunciato da sua moglie, che lo accusa di averla riempita di botte. A peggiorare la situazione è la ricomparsa del suo amico immaginario d’infanzia Eddy, interpretato sempre dallo stesso Felix Schäfer.
Le cose sembrano addirittura infine precipitare, quando Freddy inizia a frequentare la bella Paula, interpretata Jessica Schwarz.
La pellicola è un thriller che mostra come, alcune volte, la realtà è totalmente differente da come appare in un primo momento di fronte ai nostri occhi.
Altri attori sono: Greta Bohacek, Alexander Finkenwirth, Katharina Schüttler, Burghart Klaußner, Robert Stadlober, Ingrid Mülleder, Anna Unterberger.
DIE HANNAS, che ha ricevuto il premio come miglior lungometraggio, è stato diretto da Julia C. Kaiser. La trama si focalizza sul cibo, l’amore e la percezione del proprio corpo a trenta anni. I protagonisti sono Anna e Hans, chiamati semplicemente Gli Hannas dagli amici: le loro vite cambiano radicalmente quando incontrano le sorelle Nico e Kim. Attori: Anna König, Till Butter- bach, Ines Marie Westernströer, Julia Becker, Anne Ratte Polle, Christian Natter, Cynthia Micas, Anne von Keller.
Anche in MILLENNIALS si raccontano storie di trentenni. Anne, regista, è single, lavora intensamente e sente il forte bisogno di avere un figlio. Il suo migliore amico Leo, mentre tenta di farsi strada nel mondo artistico attraverso la fotografia analogica, è imprigionato in rapporti sentimentali e sessuali difficili. Il film è stato diretto da Jana Bürgelin. Attori: Anne Zohra Berrached, Leonel Dietsche, Jan Koslowski, Anna Herrmann, Claudia Lorentz.
HEY BUNNY è un film divertente e spensierato, che racconta la storia di un ex hacker, Adam – interpretato da Barnaby Metschurat – misantropo e paranoico, accusato di aver sabotato un famoso laboratorio di ricerca, dove lavora Elen (Lavinia Wilson).
Lavinia Wilson e Barnaby Metschurat, che ha anche diretto il film, sono nella vita reale una coppia dal 2001. Entrambi hanno ricevuto molti riconoscimenti durante le loro carriere.
Il film è stato girato a Berlino, precisamente a Kreuzberg, Nikolassee e presso L’Università libera. Altri attori: Harald Schrott, Edin Hasanovic, Patou Doumeyrou, Marie Gruber, Steffi Kühnert, Sabin Tambrea, Pegah Ferydoni, Kida Khodr Ramadan.
Sono trascorsi 122 anni dalla prima proiezione pubblica presso il locale “Salon indien” e Louis Lumière non avrebbe scommesso niente sul cinema, perché credeva non avesse un futuro. Le sue invenzione avrebbero dovuto essere al servizio della fotografia.
I tragici eventi a Parigi e Berlino sembravano dare ragione a Louis.
Nel 1987, durante l’evento di beneficenza “Bazar de la Charité”, organizzato dall’aristocrazia in un capannone, la cui attrazione principale erano le immagini in movimento dei fratelli Lumière, si scatenò un incendio, a causa del quale persero la vita 126 persone (118 donne) e ne rimasero ferite oltre 200, tra cui la duchessa di Alençon, sorella dell’Imperatrice austriaca Sissi. Il fuoco era stato provocato dalla nuova invenzione, che utilizzava un insieme a base di etere e di ossigeno invece di energia elettrica. Nel 1896, un anno prima, durante una esposizione berlinese vi era stato un altro incendio nato nel padiglione cinematografico di Edison, causando anche in questa circostanza delle vittime.
Oggi sappiamo che le previsioni di Louis Lumière, per fortuna, non si sono realizzate. La cinematografia è divenuta un’industria molto importante e con l’avvento del digitale è possibile osservare all’istante, con un paio di click “immagini in movimento” provenienti da tutto il pianeta. Esse ci raccontano di culture straniere e ci tengono informati su ciò che accade giornalmente.
Trovo particolarmente interessante seguire un festival dedicato alla cinematografia della capitale tedesca. Lo sviluppo e la fortuna dei film sono legati a Berlino in modo rilevante.
In quasi contemporaneità con i Lumière, anche i fratelli berlinesi Ernst e Marx Skladanowsky erano riusciti a realizzare immagini in movimento. Il loro bioscopio, però, era in grado di mostrare immagini troppo brevi, del tempo di soli 10 secondi. Il primo novembre 1895 avevano presentato la loro invenzione in un varieté. Negli annunci dell’epoca i fratelli parlavano di “Momentphotographien” (fotografie istantanee).
Già il 19 settembre 1896 Oskar Meßter aveva aperto il primo cinema tedesco nel viale Unter den Linden e in seguito il primo studio cinematografico in Germania. Dopo le crisi provocate dai due incendi e l’introduzione dell’elettricità (e dunque di maggior sicurezza) che giunse anche nelle zone periferiche nel 1909, iniziarono spuntare cinema dappertutto.
Oskar Meßter, altro berlinese doc, classe 1886, non ha solo prodotto circa 150 film, ma è anche stato l’inventore della Croce di Malta, che permise il movimento intermittente del film con i proiettori cinematografici, consentendo così visioni senza vibrazioni a scatti e sfarfallio troppo fastidioso.
Inoltre nel 1903, Meßter ha realizzato la prima proiezione di film sonori in Germania presso il teatro Apollo grazie al sistema denominato Biofono: il grammofono era collegato al proiettore.
Il prossimo appuntamento con Achtung Berlin è per il 2018.
RICONOSCIMENTI
Miglior Film:
DIE HANNAS
Regia: Julia C. Kaiser
Miglior Documentario:
SCHULTERSIEG
Regia: Anna Koch
Migliore Sceneggiatura:
DIE HANNAS
Sceneggiatura: Julia C. Kaiser; Regiea: Julia C. Kaiser
Migliore produzione:
FREDDY / EDDY
Produzione: Tini Tüllmann, Regia: Tini Tüllmann
Migliore Regia:
FREDDY / EDDY
Regia: Tini Tüllmann
Migliore Camera:
SCHULTERSIEG
Camera: Julia Lemke, Regia: Anna Koch
Migliore attrice:
Anna König
Film: DIE HANNAS
Miglior attore:
Till Butterbach
Film: DIE HANNAS
Miglior film di media durata:
KÖNIGIN VON NIENDORF
Regia: Joya Thome
Miglior cortometraggio:
PANDA III
Regia: Maximilian Villwock
Miglior film coraggioso:
MILCH KAPUTT 3 PAPIER
Regia: Tim Kochs
Miglior documentario di media-breve durata:
GARTEN DER STERNE
Regia: Stéphane Riethauser, Pasquale Plastino
Premio della giuria ecunemica:
ER SIE ICH
Regia: Calotta Kittel
Premio dell’Associazione dei critici cinematografici tedeschi (VdFK):
VANATOARE
Regia: Alexandra Balteanu
Premio della rivista in lingua inglese Exberliner:
CLUB EUROPA
Regia: Franziska M. Hoenisch
NOTA
Seguendo i vari cinema indipendenti del festival, si può fare una mappatura cinematografica di Berlino tra i quartieri di Prenzlauer Berg, Friedrichshain; Kreuzberg; Neukölln:
– Babylon
– City Kino Wedding
– Eiszeit
– Filmtheater am Friedrichshain
– Kino International
– Lichtblick-Kino
– Neue Kammerspiele
– Tilsiter Lichtspiele
– Volksbühne
– Wolf Kino
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