di Emilio Esbardo
Il 13 agosto 1961 è iniziata la costruzione del Muro di Berlino, che avrebbe diviso la città in due per 28 anni.
Il Muro di Berlino non è stato certamente il primo nella storia, né sarà l’ultimo.
Altri Muri sono stati costruiti, ad esempio, a Gerusalemme, a Nicosia, a Mitrovica o a Belfast.
La singolarità del Muro di Berlino consiste nel fatto che agli abitanti della DDR (a eccezione dei pensionati) fosse assolutamente vietato attraversarlo. Ai punti di controllo potevano accedere solo i cittadini del mondo occidentale.
Le persone nella Repubblica Democratica si sono ritrovati quasi come rinchiusi in una gabbia.
Sarà pur vero che potevano viaggiare senza restrizioni nei Paesi socialisti, ma gli è stato proibito di visitare ed incontrare i loro parenti, i loro amori, i loro amici più stretti.
A partire dal 1961 sono stati divisi tra di loro fratelli e sorelle, mariti e mogli, madri e figli. Chi ha ideato il Muro, ha ideato un Mostro: un esempio lampante del livello di cattiveria, di cinismo e disumanità di cui le persone possono essere capaci.
Tra le persone rinchiuse nella DDR c’era anche Peter, un amico di Gigi e Domenico, due studenti italiani a Berlino, i quali hanno giurato a se stessi di far scappare Peter dall’altra parte del Muro. Hanno ideato il tunnel più conosciuto, passato alla storia con il nome di “Tunnel 29”.
Ellen Sesta, la moglie di Domenico, deceduto, ha immortalato quest’avventura in un libro avvincente dal titolo: “Il Tunnel della Libertà – 123 metri sotto il Muro di Berlino”.
Questa storia sembra essere un racconto fittizio, surreale di un romanzo tipico della Guerra Fredda, composto di episodi che fanno trattenere il fiato e che portano il lettore a chiedersi: è accaduto realmente?
Nel 1962, Ellen Sesta era appena giunta a Berlino per festeggiare il compleanno con il suo fidanzato, che, immediatamente, le ha rivelato il suo progetto e le ha chiesto di fungere da staffetta.
Il 14 settembre di quell’anno, 29 persone sono “strisciate” per 123 METRI lungo IL TUNNEL DELLA LIBERTÀ. A riprendere l’impresa ci sono state le telecamere del canale televisivo americano NBC, le cui immagini hanno fatto il giro del mondo.
Ho incontrato personalmente Ellen Sesta per un’intervista di estremo interesse, che precede l’incontro che il Nuovo Berlinese ha organizzato con la scrittrice presso la libreria Mondolibro.
Perché ha iniziato a scrivere questo libro?
Per me era importante che venisse pubblicato un libro su questo periodo storico.
Potrebbe descriverci com’era Berlino ovest all’epoca?
Era bella, aperta, interessante e c’era tantissimo da fare.
Si ricorda come e perché Mimmo si è trasferito a Berlino?
Mimmo aveva studiato matematica e fisica a Padova. La madre era nel frattempo morta e la famiglia non poteva più mantenerlo finanziariamente. Era praticamente solo. Doveva assolutamente trovare una maniera di sostentamento. È stato Gigi che l’ha invitato a venire a Berlino. Prima, però, ha fatto tappa a Düsseldorf, dove un signore tedesco, gli aveva trovato lavoro presso Henkel. Lì Mimmo, mentre lavorava, ha appreso, contemporaneamente il tedesco e poi si è trasferito a Berlino, dove si è iscritto all’Università della TU.
All’incirca due mesi prima della costruzione del Muro, secondo quello che ha scritto nel suo libro, Mimmo aveva notato, che i titoli delle prime pagine dei giornali riportavano il sempre maggiore numero crescente delle persone che abbandonavano la DDR. Si percepiva, dunque, tra la popolazione, che da lì a poco, sarebbe successo qualcosa di grave quale la costruzione di un Muro, che avrebbe diviso la città in due?
Naturalmente in città c’era una situazione di disagio, che io non ho conosciuto, perché sono giunta a Berlino nel 1962, ma di cui sono venuta al corrente attraverso gli articoli dei giornali. Dopo la costruzione del Muro, le persone nella DDR hanno cercato di scappare via. Per loro non contava nient’altro, pur sapendo che avrebbero rischiato la vita e che c’era il pericolo costante che i loro propositi potessero essere scoperti dalla Stasi, che era onnipresente ed aveva occhi ed orecchie dappertutto.
Nella propaganda del regime della DDR, coloro i quali aiutavano a fuggire le persone, scavando tunnel, venivano descritti come dei banditi armati. Ha qualcosa da dichiarare a tal proposito?
Pura fantasia. L’unico, ad esempio, che sapeva destreggiarsi un po’ con le armi era Gigi, perché aveva compiuto il servizio militare. Si erano procurati un’arma, che teneva in custodia lo stesso Gigi.
Crede che avevate il diritto di aiutare a fuggire le persone dalla DDR? Ciò facendo andavate contro le leggi di un altro Stato.
Certo che ne avevamo il diritto. Ciò di cui non avevamo diritto era di sparare contro le guardie di confine. La pistola l’avremmo dovuta utilizzare solo in casi realmente estremi. Per fortuna tutto è filato liscio.
In tanti affermano che le persone volevano scappare dalla DDR per motivi futili. Qual è il suo parere?
Si è anche affermato che la gente voleva andare via solo per fare shopping. Non sono d’accordo. È assurdo pensare ciò. Se volevano fuggire era, soprattutto, perché a Berlino ovest, avrebbero potuto avere una vita migliore ed essere liberi. Le persone che tentavano la fuga erano consapevoli che mettevano in gioco la propria vita. E non era non soltanto per avere più divertimenti o beni di consumo. Molti avevano qui amici, parenti con i quali volevano riunirsi e vivere in una situazione di assoluta normalità.
Mimmo, Gigi e gli altri studenti, mentre stavano scavando il tunnel, hanno appreso l’incresciosa notizia dell’uccisione di Peter Fechter. Se non sbaglio tutti voi eravate molto arrabbiati?
Non eravamo arrabbiati, eravamo disgustati e tristi allo stesso tempo. Tutti gli studenti che collaboravano al tunnel hanno ripetuto la frase: dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo fare qualcosa!
Mimmo e Gigi sono stati accusati di aver scavato il tunnel per poterci guadagnare soldi. Pensa che sia vero?
Ne ho sentito parlare ed anche loro. La NBC gli ha dato dei soldi, con i quali hanno finanziato il progetto. Senza quel denaro non avrebbero mai potuto portare a termine il tunnel.
Era realmente così pericoloso aiutare le persone a fuggire dalla DDR?
Gli agenti della Stasi erano dappertutto. Hanno perseguito tutti. È stata molto più che fortuna che a noi non è accaduto nulla. Non ne sono sicura, ma credo, quasi sicuramente, che la CIA si sia messa in contatto con la NBC. Credo che sia molto plausibile che la NBC abbia ricevuto una linea di condotta da seguire.
Perché si è decisa a fare da staffetta? C’era un’alta percentuale di finire in galera.
Perché non avevano nessun altro e la fuga doveva avvenire precisamente il 14 settembre, che era anche il giorno che festeggiavo il mio compleanno! Non conoscevo assolutamente Berlino est! Non vi ero mai stata. Ho imparato a memoria l’intera geografia del luogo, dove doveva avvenire la fuga.
Qual è stata la sua prima impressione quando ha messo piede a Berlino est?
Povertà. Le persone hanno percepito subito che non ero del luogo. Guardavano in una maniera molto strana.
Qual è stata la sua prima sensazione appena è ritornata con successo a Berlino ovest?
La mia prima sensazione l’ho avuta quando sono salita sul treno. Appena arrivata alla stazione Friedrichstraße ho trovato una lunga fila di turisti, che volevano ritornare nella parte ovest della città. Improvvisamente, verso di me, sono venuti un paio di poliziotti, di cui uno era donna, la quale mi ha detto: “mi segua per un controllo”. Mi sono dovuta spogliare completamente. Io però con me non avevo più niente di compromettente. Avevo già eliminato tutte le tracce e così ho potuto attraversare indisturbata la frontiera. Mentre ero seduta nel treno ho pensato: “Dio mio!” – Non potevo credere ciò che avevo appena fatto. Tutto è successo così velocemente. Alla stazione Zoo ho detto tra me e me: adesso sei di nuovo a Berlino ovest. Ed ho avuto la sensazione di aver fatto del bene. Debbo ammettere che è stato tutto scioccante. L’intera vicenda e i singoli dettagli mi sono venuti in mente solo in seguito e molto gradualmente. Ai miei genitori naturalmente non avevo raccontato nulla. Poi la notizia è uscita dappertutto, nei giornali, in televisione, alla radio. Mia madre ha avuto quasi un attacco di cuore.
Anche oggi crede che sia giusto ciò che ha fatto?
Naturalmente e credo che lo rifarei di nuovo. Sempre a condizione che al mio fianco ci sia Mimmo, perché per fare una cosa del genere c’è bisogno di gente, di cui si ha cieca fiducia. Ed io l’avevo naturalmente sia con Mimmo che con Gigi. Altrimenti non l’avrei mai fatto.
Chi tra gli studenti che ha partecipato al progetto aveva un’idea di come si scavasse un tunnel?
Nessuno. Durante il lavoro giungevano sempre più idee: “Qui si potrebbe fare così”, oppure “scaviamo ancora più in profondità”, etc. Tutti, poi, bisogna dargli atto, hanno preso in considerazione il fatto che stavano correndo un pericolo molto grande e non si sono tirati indietro. Nessuno di loro era, di certo un traditore. Il pericolo però veniva da fuori. Gli occhi e le orecchie della Stasi erano dappertutto.
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